di Francesca Camponero
Le più importanti testate italiane dal Giornale, alla Stampa, Repubblica ecc. in questi giorni danno ampio spazio alla notizia che “A settembre a scuola 70mila alunni in meno”.
Negli ultimi tre anni le iscrizioni sono continuate a diminuire in modo crescente; in totale si sono persi 188.583 alunni e alunne. L’Italia ha il primato per la natalità più bassa tra gli stati industrializzati. Il saldo naturale, cioè la differenza tra nati e morti, ogni anno è negativo per circa 190.000 unità.
Diminuiscono i giovani e in proporzione aumentano gli anziani, viene chiamato inverno demografico. Questo problema che richiama la questione mai risolta (o mai veramente affrontata) del calo demografico nel nostro Paese, potrebbe avere degli effetti rilevanti anche sul contesto sociale ed economico; con il minor numero di iscritti, difatti, il Miur potrebbe dover ridimensionare gli organici degli insegnanti.
Eppure a queste notizie in genere si dà poco spazio, mentre sulle televisioni imperversano i respingimenti di poche centinaia di immigrati.
Ma va ricordato che i paesi europei che sono riusciti a mantenere a livelli soddisfacenti i loro trend demografici lo hanno fatto con un mix di tre leve: politiche fiscali più amichevoli nei confronti delle famiglie con figli; servizi per l’infanzia accessibili e di qualità; politiche dell’immigrazione più o meno selettive, attente ad attrarre e a coltivare le giovani generazioni istruite.
In Italia le tre leve sono bloccate: in particolare, sulle politiche migratorie si sta andando in direzione opposta, privilegiando scelte di chiusura, senza comprendere che i giovani immigrati possono essere una risorsa fondamentale per lo sviluppo del Paese.
E pensare che l’Italia ha un grande bisogno di braccia e cervelli.
Diminuiscono gli alunni nelle scuole, in quanto la crisi economica, la mancanza di prospettive, nonché le promesse di una vita più confortevole altrove, hanno spinto migliaia di giovani a lasciare il paese nella speranza di prospettive migliori all’estero.
Oltre al fatto che le giovani coppie non fanno più figli. è conseguenziale che per riempire le classi delle scuole di oggi e far sì che tra 15/ 20 anni ci sia della forza lavoro nelle nostre fabbriche, istituti tecnologici, ospedali ecc. Ecco perchè servono immigrati che vengano impigati nell’agricoltura, ma anche infermieri, badanti, saldatori, elettricisti.
A Genova senza gli immigrati il Cantiere di Sestri dovrebbe chiudere. E qui torniamo alla tematica del mio precedente intervento: al nostro Paese serve una seria politica di accoglienza e integrazione. E non solo per motivi umanitari.
Mercoledì 10 aprile 2019
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