Tra Sociatria e Arte: sulla scia latino-americana. Ivan Cuvato ispira Giovanni Gronchi

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Mario Draghi demiurgo della polarizzazione politica e sociale?

Tra Sociatria e Arte: sulla scia latino-americana
Ivan Cuvato ispira Giovanni Gronchi

In carenza di grandi leader, possiamo fidarci delle menti eccelse prestate per tempo determinato alla malfunzionante politica? Nello sconcertante panorama attuale, si parla di Draghi come se fosse un novello Furio Camillo, il salvatore della patria

di Antonio Rossello, con immagini di Ivan Cuvato e Igor Belansky

Un’immagine provocatoria della performance «Polarizzazione politica e sociale» di Ivan Cuvato
Un’immagine provocatoria della performance «Polarizzazione politica e sociale» di Ivan Cuvato

In carenza di grandi leader, possiamo fidarci delle menti eccelse prestate per tempo determinato alla malfunzionante politica? Nello sconcertante panorama attuale, si parla e si riparla molto di Mario Draghi, quasi fosse un novello Furio Camillo, il salvatore della patria. Tuttavia, tra nobili fini o meno, siamo incerti se doverlo considerare cavalcatore o demiurgo di un clima di polarizzazione politica e sociale. Quest’ultima è il tema scottante denunciato dalla nuova performance sociatrica del maestro Ivan Cuvato, le cui orme ora intende seguire Giovanni Gronchi, un artista emergente, dalle radici latinoamericane, che ci rivela come Jose Luis Zamora concepisce la Sociatria nell’ambito della Sociologia. 

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Un poeta e drammaturgo inglese, John Dryden, in una sua frase asseriva: «Non è mai esistito, né potrà mai esistere, un governo dove opportunisti e stupidi non siano in maggioranza». Pertanto, se così stanno le cose e se gli stupidi e gli opportunisti sono eletti dal popolo, lo stesso non dovrebbe avere alcuna ragione di lamentarsi del proprio governo.

Giovanni Gronchi in un ritratto in bianco e nero dell'illustratore Igor Belansky
Giovanni Gronchi in un ritratto in bianco e nero dell'illustratore Igor Belansky

Non sarebbe difficile tracciare un quadro particolareggiato del momento politico che attraversiamo, ma preferiamo sorvolare, soffermandoci qui in primis ad analizzare il modo rudimentale, ma molto efficace, con cui la propaganda dei leader dilaga sui media e sui social network: ripetizione di frasi, uso di parole evocative per i propri elettori e ridicolizzazione dell’avversario.

Il risultato viene ottenuto attraverso la creazione di cosiddette «echo chambers» (camere dell’eco), le quali funzionano nel seguente modo: i politici e, in generale, tutti i fautori di una determinata linea politica o di pensiero ripetono e rafforzano continuamente affermazioni che rispecchiano i preconcetti dei propri followers, i quali a loro volta rafforzano in questo modo le proprie convinzioni, come se fossero persone rinchiuse in una camera virtuale nella quale rimbomba ripetutamente l’eco degli slogan.

Non sono talora mancati, da parte delle varie piattaforme, tentativi di introduzione sperimentale di nuove funzionalità ideate proprio per far sì di esporre gli utenti a opinioni politiche contrastanti e contemporaneamente evitare il fenomeno delle echo chambers; gli esiti sono stati spesso deludenti, come ad esempio si evince da una analisi del sociologo Chris Bail (Exposure to opposing views on social media can increase political polarization).

Le caratteristiche intrinseche dei social media determinano dunque meccanismi idonei ad aumentare sensibilmente la polarizzazione politica e sociale e le tendenze estremistiche.

Ma c’è un ulteriore aggravante: nel momento in cui le persone sono esposte a opinioni contrastanti, in esse tipicamente si genera un episodio di dissonanza cognitiva che, invece di far prendere in considerazione anche il punto di vista diverso, le spinge a ripensare ai propri motivi di contrarietà a tali punti di vista. In questo modo vengono rafforzati i motivi che consentono di rifiutare le opinioni diverse.

In sostanza, il summenzionato studio non afferma che individui con opinioni opposte non possano dialogare tra di loro, bensì che la relazione tra gruppi antagonisti è costruttiva solo se è orientata in una direzione positiva e, ancora di più, quando le persone cooperano per risolvere problemi condivisi. Condizioni che paiono appunto verificarsi con estrema difficoltà in ambiente virtuale.

In totale controtendenza, ha voluto sfruttare la propria posizione di influencer il maestro Ivan Cuvato, già da noi definito il primo artista sociatrico, per denunciare la viralità contenutistica dei social media innanzi a contingenze planetarie quali pandemia, clima o immigrazione, solo per citarne, fra quelle attuali, alcune che maggiormente hanno acquisito una rilevanza sostanziale e imposto metri di valutazione duttili.

Proponiamo quindi un’immagine provocatoria della sua performance «Polarizzazione politica e sociale», la quale rappresenta in tutto il suo vigore scenico le possibili conseguenze emozionali generate da un contenuto, facendone risaltare l’impatto sulla coscienza individuale - qui estremizzata fino allo sdoppiamento di personalità, al perverso e confuso conflitto del sé contro di sé, all’asimmetrica percezione del gemello, del sosia- o collettiva, al fine di ripensare su quali strategie adottare per interagire efficacemente con questi processi.

 In realtà, non si tratta di fenomeni nuovi. La ripetizione ossessiva dei proclami è sempre stata fatta, anche nel passato, seppure con altri mezzi. Mutano i tempi, ma i vizi e le virtù si assomigliano! «Dìvide et ìmpera» (dividi e comanda), è l’antica tattica usata dai tiranni o da qualsiasi autorità per governare un popolo. Tale strategia in ambito sociopolitico consiste nel provocare rivalità e nel fomentare l’odio tra i cittadini, in modo tale che non possano riunirsi e fare fronte comune contro il governante.

Non giovano pertanto i processi di polarizzazione della politica italiana, a cui stiamo assistendo da tempo, lungo una transizione che non ha mai sostanzialmente modificato situazioni incancrenite, e che possono avere ripercussioni soltanto apparenti sul governo delle città italiane, come sul governo centrale.

Da un lato, a destra, Forza Italia pare abdicare, insieme al suo leader storico, alla prevalenza della Lega di Salvini, dando luogo ad una federazione che non convince Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni; dall'altro la sinistra che, perseverando nella sua eterna storia di divisioni, non riesce in quel processo di unificazione, tante volte tentato e sempre fallito, di costruire un polo alternativo e libertario, e si perde in una contraddittoria dialettica con il M5S. Al centro e sulle estreme, il nulla o quasi, tra posizioni identitarie e nostalgiche, tra percentuali di consenso da prefisso telefonico.

Non si ha dunque contezza di quali possano essere le conseguenze di queste aggregazioni e disgregazioni convulse e reiterate, del susseguirsi vorticoso di leader ai vertici di partito che spuntano e vengono bruciati in un battibaleno, di tanti voltagabbana indegni e prezzolati. Preferiamo, per carità di patria, non addentrarci tra le motivazioni personali e gli interessi di parte che sottostanno ad una crisi di sistema da un canto conclamata da immemore tempo, dall’altro ignorata, ma in costante e grave peggioramento.

Mancano idee e programmi, oltre le buone intenzioni? Una crisi che il Belpaese vive proprio quando avrebbe più bisogno di un senso di responsabilità. Una carenza che si ripercuote in ogni ambito, ad ogni livello. Infatti, ci preoccupa che, pur essendo consapevole di non saper votare e di sbagliare ripetutamente, facendosi abbindolare dai pifferai di turno, il popolo non reciti – per come dovrebbe – il «mea culpa», ma sappia solo lagnarsi del cattivo operato dei propri eletti.

Nondimeno, secondo certe correnti di pensiero multidisciplinare (neurologica, psicologica e pedagogica) che studiano i processi mentali, ad alcuni strati popolari non dispiace farsi circonvenire e plagiare dal turpe politicante. Si riscontra infatti la presenza di un caso di masochismo popolare, che in verità ha origini molto datate nel tempo. Ne sia prova il pagano Seneca che (nella sua Phaedra), all’epoca in cui il popolo aveva messo in croce Gesù, sosteneva: «Il popolo gode nell’affidare il potere al turpe» (Populus gaudet tradere fasces turpi). Lo stimolo che induce tale comportamento sarebbe la falsa convinzione di conseguire immaginari vantaggi, che la logica opportunistica reputa il valore di scambio della piaggeria e della fedeltà del soggetto passivo all’abietto manipolatore politico – finanziario.

Mario Draghi ritratto da Igor Belansky
Mario Draghi ritratto da Igor Belansky

E così possono sorgere ulteriori dubbi, anche pensando che, se è vero che non abbiamo grandi leader politici, altrettanto abbiamo delle buone menti da imprestare per tempo determinato alla malfunzionante politica. Succede che, nello sconcertante panorama politico attuale, si parli e si riparli molto di Mario Draghi, quasi fosse un novello Furio Camillo, il salvatore della patria. Ma non è detto che sia così.

Di certo, non basterà il Premier in carica a cambiare le cose, avviando il Paese verso una nuova normalità, seppure nel poco tempo da qui a fine legislatura possa ancora fare molto. In un certo senso, siamo incerti nel doverlo considerare, tra nobili fini o meno, il cavalcatore o il demiurgo di questo clima frammentato, la guida che indica alla Nazione che forse la coesione non può essere obbligatoria, ma il senso di responsabilità, si. Inoltre, a questo giro di timone, capitano d'eccezione per prestigio internazionale e competenza economica, Draghi sarà veramente libero dai molti meccanismi di manipolazione e condizionamento su cui oggi fanno leva la Grande Finanza e le correnti politiche ad essa asservite?

Ma questa è oramai un’altra storia che andrebbe trattata a parte e sicuramente stiamo divagando. In questa sede ci possiamo limitare a discettare solo su alcuni degli elementi forse utilizzati da un esecrabile programma globalista, mirante a distruggere la nostra civiltà, a spersonalizzare le masse, impedendo di alimentare una coscienza di popolo che rigetti le logiche dell'ossessivo e paranoico individualismo dei nostri tempi.

Il Maestro Ivan Cuvato
Il Maestro Ivan Cuvato

E se l'Arte militante sa essere romantica e accendere i cuori, l’appello di Ivan Cuvato non è stato a lungo inascoltato tra i giovani artisti che a lui si rivolgono, che come lui vogliono intraprendere battaglie sociali attraverso la propria creatività. Questo è il caso del genovese Giovanni Gronchi Herrera, a cui il concittadino illustratore Igor Belansky dedica un ritratto in bianco e nero. 

Egli è un talento emergente della pittura, che annovera di già la pubblicazione di un catalogo, «La molteplicità del Sacro», inerente una serie di 18 tavole, realizzate insieme a Luca Sturolo, sul tema dell’Apocalisse, a cui hanno dato ampio spazio testate in rete.

Impegnato in attività sindacali di base, e patriottiche (in quanto nominato dal Presidente nazionale dott. Vittorio Galoppini di Carpenedolo dell’ Associazione Italiana Combattenti Interalleati, in acronimo AICI, al vertice della sezione comunale di Genova), parente da parte paterna dell’omonimo presidente della Repubblica, che fu in carica dal 1955 al 1962, come il Maestro Cuvato, anche il trentaseienne Gronchi si dimostra sensibile al tema della polarizzazione politica e sociale.

Le sue profonde motivazioni sono espresse in un suo testo, che di seguito riportiamo: «Sono Giovanni Gronchi e sono un affiliato dell'Associazione Italiana combattenti interalleati; penso che le questioni sociali dei nostri tempi vadano dalle semplici relazioni umane, alle rivoluzioni economiche, sociologiche, sino anche alla tecno-cibernetica. La Globalizzazione genera pressioni proprio per la persistenza di diversità culturali, etniche e religiose. Non si lotta più per preservare la salute della Natura che ci appartiene. Ritengo ciò molto grave, in quanto non siamo riusciti a raggiungere un grado importante di Coscienza Sociale e Cosmica. Anzi, molto peggio non c'è neanche stato un segnale di sensibilizzazione da parte della Dirigenza mondiale. Nessuno stato politico è riuscito a stabilire un Sistema sociale, al fine del Bene comune. L'Uomo ormai è cieco e sordo di fronte a queste avvertenze. Essendo legato alle mie origini, ciò mi rattrista alquanto. La Sociatria riconosce come entità di riferimento la Natura, un’entità superiore che fa da contenitore a tutto ciò che è presente, esistente e reale. L'Umanità e l'Uomo sono in pieno processo evolutivo. Analizzando bene questi fenomeni, esiste addirittura un processo culturale di transizione, e una trasformazione dall'Essere umano all’Essere sociale. La Sociatria è nata per affermarsi come scienza, cultura ed educazione di tutto il Sociale».

Giovanni Gronchi in una immagine di repertorio
Giovanni Gronchi in una immagine di repertorio

Sarà il Manifesto di una nuova Avanguardia? Pare comunque di non leggere queste parole per caso. Vi si scorge il segno di una preoccupazione verso problematiche che, se si stanno ripresentando con forza qui da noi, nel Vecchio Continente, risultano da sempre presenti nelle forme più cruente in certe realtà dei paesi latinoamericani, che Gronchi conosce assai bene per motivi legati alle sue origini. Sua madre infatti proviene dalla Bolivia, la terra in cui la parte italiana della sua famiglia era emigrata nel secondo dopoguerra.

In tal senso, egli dimostra non solo di aver recepito i temi scottanti che lo interessano, ma di averli sostituiti a una ben informata conoscenza di un variegato dibattito intorno alle scienze sociali, in atto da decenni in determinati contesti culturali del Sud America, da cui riemerge il concetto di «Sociatria», dovuto negli anni quaranta dello scorso secolo a Jacob Moreno Levy, psichiatra, psicologo, filosofo, sociologo e padre dello Psicodramma e degli Action Methods, con più enfasi inteso quale ristabilimento del sociale, ossia la cura responsabile della società.

Un campo, in cui il giovane artista ha maturato i propri interessi a partire da letture in lingua originale, tra cui l'articolo «SOCIATRIA: El enfoque sociocultural del servicio social y una nueva cosmovisión de las disciplinas sociales», pubblicato nel 2003 su «Revista de Trabajo Social» (v. link: https://www.margen.org/suscri/margen30/sociatria.html) oppure il saggio risalente al 2006: « SOCIATRIA Y LA CUESTION SOCIAL» (consultabile al link: http://dns.ts.ucr.ac.cr/binarios/pela/pl000260.pdf), il cui è autore Jose Luis Zamora, laureato in Scienze Sociali, Direttore della Cattedra di Sociatria dell'ONG «HACER», fondatore della Scuola Argentina di Sociatria.

A nostro avviso, oltre a rappresentare, in virtù delle relative date di pubblicazione, se non il primo, certamente uno dei primi casi di menzione del termine Sociatria nell’ambito della Sociologia, forse anche della Sociologia clinica, entrambi i testi succitati possono costituire un importante contributo per quanti volessero iniziare ad approfondire l'argomento.

In conclusione, l’intento di Giovanni Gronchi appare chiaramente quello di aprirsi ad un proprio originale percorso di Sociatria nell’Arte, al fine di stimolare una discussione al riguardo in seno all'Associazione Italiana Combattenti Interralleati, per poi raggiungere, a più esteso raggio d'azione, ulteriori ambiti della nostra realtà civile. La figura emergente di questo artista, nei suoi encomiabili propositi, merita dunque tutta la nostra attenzione e ne seguiremo volentieri gli sviluppi futuri.

Lunedì 23 agosto 2021

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