di sr. Enrica Kidi, cp
Via crucis: è il ricordo della Passione e morte di Gesù.
Prima di morire, Gesù è stato condannato a morte ingiustamente dai Giudei.
Ha accettato la condanna di essere messo in croce.
Ha dovuto camminare portando il peso della croce messo sulle sue spalle. Lungo il percorso più di una volta Gesù è caduto sotto la croce; nella tradizione della via crucis hanno elencato tre cadute, ma potrebbe essere di più.
Era grande la sofferenza di Gesù, sia fisica che spirituale. Il dolore spirituale era il peggiore perché fu accusato ingiustamente di essere bestemmiatore ecc…
Gesù sperimentava nel suo cuore e sul suo corpo la sofferenza umana causata dai peccati. Ma accettava tutto perché l’umanità non si senta sola nella sofferenza, non si senta abbandonata da Dio. Sperimentava tutto questo perché ama l’umanità e voleva sollevarla dalla sua caduta conducendola al Padre perché essa si era allontanata, voleva vivere lontano da Dio. Ma l’uomo lontano da Dio vive male e nella miseria spirituale e con le sue sole forze non può raggiungere la vita eterna.
La sofferenza, se non si unisce con quella di Cristo, diventa un dolore ingiusto. Infatti fuori del Cristianesimo la sofferenza viene considerata come qualcosa che impoverisce l’uomo, qualcosa che impedisce all’uomo di essere libero, qualcosa che costringe l’uomo alla immobilità, a essere dipendente dagli altri.
La sofferenza più grande per l’uomo è quella spirituale, la mancanza di amore, di autostima, di pace, di giustizia e di felicità.
Per una persona che nasce portando un handicap, in realtà non è colpa sua e nemmeno dei suoi genitori.
Mi fa venire in mente il cieco nato, nel vangelo. I discepoli hanno domandato a Gesù chi abbia la colpa perché era nato cieco, lui o i suoi genitori. E Gesù ha risposto che non è lui e nemmeno i suoi genitori, ma perché si manifestasse tramite la sua malattia la gloria di Dio.
Così sarebbe da dire a chi oggi fa delle domande su un portatore di handicap.
Si potrebbe anche dire che tutto è dono e tutto è grazia, anche se non è facile per chi vive in quella situazione.
Siamo cristiani e per questo sappiamo che Gesù non abbandona nessuno, egli è sempre con ognuno di noi fino alla fine dei giorni, egli è presente e cammina con noi e sta al fianco a chi è nel dolore, nella sofferenza e nella malattia.
Ricordiamo il giudizio universale: “quando avevo fame e mi avete dato da mangiare, e quando avevo sete e mi avete dato da bere”. Gesù è presente in ogni sofferente. E chi tende la mano per sollevare qualcuno lo sta facendo per Gesù e a Gesù.
Per arrivare a questo atto di amore, prima di tutto bisogna avere la fede e la carità. Amare Dio sopra ogni cosa e amare il prossimo per amore di Dio.
Dio che si è fatto uno di noi e si è offerto liberamente di morire per la nostra salvezza. Dio che sulla croce si è donato a noi fino all’ultimo respiro spalancando le sue braccia per abbracciare l’umanità sofferente, per donare a noi la gioia senza tramonto nel giorno glorioso della pasqua.
Venerdì 3 aprile 2020
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