di Silvia Tozzi
BOLOGNA | L'Avvocatura di Stato ha chiesto oltre un miliardo di risarcimento per la strage alla stazione di Bologna, ma Valerio Fioravanti e Francesca Mambro non sono disposti a tirare fuori neppure un euro, dato che i termini per chiedere il risarcimento sono scaduto da anni e, in ogni caso, quei soldi non li hanno e mai li avranno. I loro avvocati chiedono che il giudice dichiari prescritto ogni diritto al risarcimento e che rigetti la richiesta dello Stato perché infondata.
I SOLDI | L'avvocatura di Stato chiede circa 59 milioni come danno patrimoniale (la bomba provocò la morte di 85 persone e il ferimento di altre 200 oltre che la distruzione di numerose strutture pubbliche) e un miliardo come danno non patrimoniale. Lo Stato, però, chiede al giudice di quantificare in maniera più precisa l’entità del danno, vista «la notevole difficoltà di fornire la prova dell’effettiva misura» dello stesso. E come unico supporto, l’avvocatura allega una comunicazione della presidenza del Consiglio dei ministri in cui si legge che «si reputa equa una pretesa creditoria ammontante a un miliardo di euro».
FIORAVANTI E MAMBRO | Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati per l'attentato del 2 agosto 1980, hanno diffuso una lunga memoria difensiva a spiegare perché si oppongono alla richiesta avanzata dallo Stato nella causa civile. I due si chiedono perché l'amministrazione dello Stato «abbia aspettato 18 anni per far valere un diritto economico che si prescrive (al massimo) in dieci. E soprattutto quale sia lo scopo concreto, e prima ancora il senso, che si vuole perseguire con una richiesta risarcitoria di un miliardo e 59 milioni nei confronti di due soggetti da 25 anni nelle mani dello Stato, sia nell'essere che nell'avere». Mambro e Fioravanti hanno entrambi un reddito che non supera di molto i 16 mila euro all'anno, non posseggono immobili, non hanno depositi di denaro «che consentano una qualsivoglia solvenza». Perciò «in una vita intera, non riuscirebbero a mettere insieme neanche una millesima parte di quanto preteso». Non solo: Fioravanti e Mambro sono liberi (lui dal 2009, lei dal 2012), e dovrebbero aver chiuso il loro debito con la giustizia, la loro pena è finita.
IL RAVVEDIMENTO | Nella lettera si ricorda l'impegno dei due «con pubblicazioni, interviste, con attività socio-culturali. Senza fini di lucro in un percorso di ravvedimento, espiazione, riabilitazione al mondo e alla vita, esemplarmente ineccepibile». Mambro e Fioravanti, azzardano i legali, «dovrebbero rappresentare proprio quel fiore all'occhiello dell'articolo 27 della Carta costituzionale e del suo fine rieducativo della pena».
Sabato 26 ottobre 2013
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