di Silvia Tozzi
PECHINO (CINA) | Le autorità cinesi hanno pubblicato le nuove linee guida sul controllo delle informazioni online. Sono previste misure coercitive, con anche l’arresto per tre anni se un tweet o un messaggio ritenuto diffamatorio viene inoltrato in rete per almeno 500 volte o visto da più di 500 persone. L'accusa è, appunto, di diffamazione.
IL MEDIOEVO |«Così una persona - ha scritto un utente in un commento ripreso anche dalla stampa di Hong Kong - non viene punita per quello che fa, ma per quello che altri fanno con il suo post. Come nel medioevo».
I DIVIETI | Non si devono diffondere false informazioni che portino a proteste, anche religiose o etniche, che abbiano anche effetti internazionali. Aumentano i controlli in quei pochi canali dove si riusciva a far circolare idee diverse da quelle ufficiali.
LIBERATO SHI TAO | Le novità in campo punitivo arrivano inattese. E' stato scarcerato, con 15 mesi di anticipo sul previsto, l’attivista Shi Tao (arrestato nel 2005 grazie a Yahoo che aveva consegnato le sue mail al governo cinese), e da qui si pensava che i controlli sul web sarebbero stati allentati. Ma in questi giorni il Quotidiano del Popolo ha scritto che la Cina è nel bel mezzo di una lotta ideologica, il cui di battaglia è lo spazio caotico di internet.
MAGGIOR SCELTA PER GLI STRANIERI | E' vero che sono allentati i controlli sull'uso di Facebook, Twitter e altri social network normalmente inaccessibili, che possono essere trovati solo in alcuni posti frequentati dagli stranieri, come gli alberghi a 5 stelle.
DOPPIA MORALE | Il professore di giurisprudenza Tong Zhiwei, sul South China Morning Post, metteva però in evidenza la doppiezza del problema: il governo percepisce i rumor online come una minaccia per la stabilità sociale, ma internet sta diventando uno strumento indispensabile della campagna anticorruzione.
Mercoledì 11 settembre 2013
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