La Rappresentante Speciale del Segretariato delle Nazioni Unite per i bambini e i conflitti armati e l’UNICEF hanno lanciato a New York la Campagna congiunta "ChildreNotSoldiers", contro il reclutamento e l’utilizzo dei bambini soldato da parte delle forze di sicurezza governative degli stati che hanno commesso gravi violazioni nei confronti dei minorenni. Accanto a questa Campagna condotta a livello internazionale la Coalizione Italiana Stop all’uso dei bambini soldato, si legge nel sito Bambinisoldato.it, uno spazio interamente dedicato al tema in cui è possibile trovare news e approfondimenti in lingua italiana e una sezione con la documentazione internazionale sul fenomeno, ha concentrato la propria azione sulle attività di informazione e sensibilizzazione, rappresentando uno spazio di coordinamento tra le associazioni che ne fanno parte e che hanno a cuore la fine del fenomeno dei bambini soldato. La Coalizione Italiana Stop all’Uso dei Bambini Soldato ha come obiettivo la tutela specifica dell’infanzia nelle condizioni di guerra e nei conflitti armati, ed estende le sue preoccupazioni a tutti gli abusi di cui sono vittime i bambini e le bambine, attraverso il lavoro delle organizzazioni componenti la Coalizione.
La Coalizione Italiana Stop all’Uso dei Bambini Soldato nasce ufficialmente a Roma, il 19 aprile 1999 ed è attualmente composta da INTERSOS, COOPI, Save the Children Italia, Unicef Italia, Telefono Azzurro, Alisei, Cocis, Amnesty International.
Attualmente la Coalizione è coordinata da INTERSOS, che ne cura l’attività di segreteria. Fino al gennaio 2013 il ruolo di coordinamento è stato ricoperto da Save the Children Italia e, prima ancora, da Amnesty International.
La segreteria della Coalizione convoca e dirige le riunioni e coordina la strategia di campagna. È il punto di riferimento per ciascuna delle organizzazioni aderenti e per quelle che vorranno aderire.
Nell'ultimo decennio centinaia di migliaia di bambini/e ed adolescenti sono stati direttamente coinvolti nelle ostilità e utilizzati sia da parte degli eserciti governativi, sia da parte di gruppi armati di opposizione ai Governi. L’esistenza di bambini soldati è oggi lontana dall'essere un fenomeno marginale, anche se le cifre avanzate costituiscono soltanto una stima.
Quello dei bambini soldato è un fenomeno globale: durante i conflitti armati tutti i bambini subiscono gravi violazioni dei loro diritti.
Anche nella storia passata i ragazzi sono stati usati come soldati, ma negli ultimi anni questo fenomeno è in netto aumento perché è cambiata la natura della guerra. Non si assiste più alla contrapposizione armata tra Stati, ma all'esplosione di crisi interne in cui gruppi politici, fazioni, gruppi religiosi o etnici si misurano tra loro.
LE LORO TESTIMONIANZE:
Myanmar (Birmania).“Riempirono il modulo e mi chiesero l’età ma quando dissi che avevo 16 anni, lui mi diede uno schiaffo e disse: “Tu ne hai 18. Rispondi 18”. Mi fece di nuovo la domanda e io risposi “ma questa è la mia vera età”. Il sergente chiese allora: “Perché sei entrato nell’esercito?”. Io risposi: “Contro la mia volontà. Sono stato catturato”. Allora mi disse: “Ok, tieni la bocca chiusa”, e riempì il modulo. Io volevo tornare a casa e lo domandai ma loro si rifiutarono. “Per favore”, chiesi, “fatemi almeno fare una telefonata”. Ma dissero no anche a questo. Maung Zaw Oo, racconta come per la seconda volta fu costretto a entrare nelle milizie Tatmadaw Kyi nel 2005. (Testimonianza raccolta da Human Rights Watch)
Uganda. Ester, 14 anni, è stata rapita da un gruppo armato e costretta a lavorare per i ribelli. Adesso è presso il campo di Gusco, sostenuto da Save the Children. L’organizzazione internazionale dal 1994 supporta un centro per ex bambini soldato a Gulu, nel Nord Uganda. Il centro fornisce cure mediche, counseling, istruzione e li aiuta a riunirsi alle famiglie. A causa della Guerra nel Nord Uganda, il sistema scolastico e quello sanitario sono collassati: 1 milione di bambini vivono in campi sfollati. “Io sono stata rapita in un campo in pieno giorno. Dovevamo camminare tutto il tempo e procurare cibo per i ribelli. Dopo 2 mesi ho avuto la possibilità di scappare. Adesso vivo a Gusco ma torno spesso a casa. Ciò che desidero è tornare a scuola”, dice Ester. (Testimonianza raccolta da Save the Children)
Repubblica Democratica del Congo. Zachariah, ora ha 15 anni e ne aveva 12 quando soldati di un gruppo armato hanno circondato la sua scuola situata in una zona rurale del Nord-Kivu e lo hanno condotto assieme a molti altri compagni nella foresta. Per 3 anni è stato esposto a pericoli, sofferenze, percosse, malnutrizione e malattia, prima di essere finalmente rilasciato. Dei suoi compagni di scuola dice: “la maggior parte sono morti”. Nel novembre del 2005, dopo la sua smobilitazione, è tornato al suo villaggio natale per ritrovare i genitori e le sorelle che non aveva più rivisto. Sei settimane dopo, uomini fedeli a Laurent Nkunda lo hanno cercato a casa sua. “mi hanno chiesto l’ attestato di uscita [dalle forze armate], l’hanno strappato e mi hanno picchiato. Hanno accusato mio padre di ospitare un disertore e l’hanno fatto cadere a terra. Poi hanno saccheggiato la casa, mi hanno legato e mi hanno portato via. Quando sono arrivato al loro campo, ero talmente impaurito che li ho implorati di prendermi a lavorare con loro”. Zachariah è rimasto per tre settimane al servizio di un capo fedele aNkunda, ma una notte è riuscito a scappare. Quando Amnesty International lo ha incontrato si era rifugiato in un Centro di Transito ed Orientamento (CTO). (Testimonianza raccolta da Amnesty International)
Liberia. Henri. “Ci davano tonnellate di droga tutto il tempo, per farci sentire forti e coraggiosi e per obbedire ai loro ordini, non importava quali fossero. Spesso prendevo oppio e valium. Penso che siano molte le cose che non riesco a ricordare a causa della droga che ci davano. Ero come controllato da demoni. Ma io so che sono quello che ha commesso di tutto e mi sento male quando penso a tutto ciò che ho fatto. Non esiste niente peggio della guerra”. (Testimonianza raccolta dall’UNICEF)
Chad. “I bambini soldato sono ideali perché non si lamentano, non si aspettano di essere pagati e se dici loro di uccidere, loro uccidono”. Ufficiale dell’esercito nazionale del Chad. (Testimonianza raccolta da Human Rights Watch)
Sri Lanka. “Abbiamo visto i nostri bambini all’ultimo piano dell’ufficio del partito Karuna. I bambini ci hanno fatto segno di andare via o sarebbero stati colpiti. Una madre di un bambino rapito dalle milizie Karuna. (Testimonianza raccolta da Human Rights Watch)
«Ad oggi», scrive l'Unicef, «sono 153 gli Stati che hanno ratificato il Protocollo e si sono impegnati a bandire l'uso dei bambini nei conflitti armati. Tuttavia il fenomeno sembra drammaticamente in aumento: nel mondo, sono ancora più di 250.000 i bambini e gli adolescenti arruolati, di cui molte sono bambine. È impossibile fare stime esatte, ma i dati più recenti, se pur approssimativi, sono allarmanti.
L’arruolamento dei minori rappresenta una gravissima violazione dei diritti dei bambini, che vengono privati della loro infanzia. Le pagine social della Coalizione (Facebook, Twitter e Google+) sono attive e costantemente aggiornate, per continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla realtà dei bambini soldato e sollecitare l’impegno delle Istituzioni affinché si giunga alla ratifica globale del Protocollo Opzionale e all’abolizione di questo triste fenomeno.
Sul sito è presente anche la sezione Attivati, dove si possono scaricare materiali come banner e locandine da diffondere e condividere sui canali social per partecipare e sostenere concretamente la campagna.
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