È il blog che pone l'attenzione sulle tematiche e sui diritti dei minori, che racconta quel che succede nel mondo con l'intento di dar voce a chi, ancora oggi, è invisibile. Ampliando e diffondendo la conoscenza delle problematiche legate a chi è potenzialmente esposto alla minaccia di comportamenti abusanti o inopportuni, di realtà più svantaggiate, dalla schiavitù alle violenze domestiche, dalla discriminazione ai conflitti armati, dalla povertà alla libera espressione. Perché non rimanga consegnato al silenzio e non si ripeta in futuro.
Con la convinzione che garantire i loro diritti, nel loro bisogno di crescere armonicamente come individui e come esseri sociali, non dia sollievo soltanto a chi soffre ma contribuisca anche al benessere dell'intera comunità, locale e globale.
Gabriele Paglialonga
Ho iniziato a operare nel settore umanitario nel 2004, aderendo alla missione del governo italiano nel sud-est asiatico per l'emergenza tsunami. Dal 2009 rivesto l’incarico di Coordinatore per i Diritti dei minori nella sezione italiana di Amnesty International di cui faccio parte dal 2007. Non è facile raccontare né tantomeno essere ascoltati. Essendo amante della verità, io continuerò a dar voce, da oggi, anche come blogger.
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Gen 20
di Gabriele Paglialonga
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L’Unicef, l’agenzia delle Nazioni Unite per i diritti dei bambini, ha fatto sapere in un comunicato che sono stati rilasciati 23 “bambini soldato” (6 ragazze e 17 ragazzi tra i 14 e i 17 anni). Il rilascio è avvenuto giovedì, dopo svariate trattative tra i rappresentanti delle Nazioni Unite e le autorità di transizione. “I bambini, non solo sono stati presi di mira nella lotta al potere, ma sono sempre più coinvolti nei combattimenti tra fazioni contrapposte. Abbiamo informazioni certe sul crescente coinvolgimento di minori", ha detto Marixie Mercado, portavoce Unicef in conferenza stampa a Ginevra. “La povertà e la mancanza di alternative sono state le ragioni principali del loro reclutamento” ha aggiunto.
L’Unicef esorta tutte le parti a non utilizzare, o permettere, il coinvolgimento di bambini nel conflitto, e di rilasciare immediatamente tutti coloro che sono stati reclutati. Dal maggio 2013 sono stati rilasciati 229 bambini, arruolati indistintamente tra gruppi armati di opposizione e forze governative.
Il Paese, nonostante ciò, è in fermento dopo che i ribelli hanno lanciato attacchi contro la popolazione civile e costretto il presidente François Bozizé a fuggire. Circa 950 mila persone sono sfollate a causa dei combattimenti. L’Onu e Amnesty International hanno raccolto evidenze di numerosi episodi in cui civili erano stati uccisi in gruppo, a decine. Tra loro – secondo le informazioni dell’UNICEF – ci sarebbero anche numerosi bambini e donne. Centinaia sono invece i villaggi dati alle fiamme.
A fronteggiare le milizie ribelli sono gruppi di auto-difesa denominati Anti-Balaka. Sono però riportati numerosi casi di violenza sessuale, rapimenti, sparizioni e reclutamento forzato di bambini-soldato (ce ne sarebbero 6.000), da entrambe le parti. Le due fazioni starebbero inoltre aizzano la popolazione civile l’una contro l’altra. La guerra civile sta assumendo, secondo l’Onu, i contorni di un conflitto settario tra cristiani e mussulmani (parte prevalente dei ribelli Seleka), ad altissimo rischio di genocidio.
John Ging, direttore delle operazioni per l'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari è appena tornato dalla Repubblica Centrafricana.
“Il Paese ha tutti gli elementi che abbiamo già visto altrove, in luoghi come il Ruanda e la Bosnia. Gli elementi ci sono, i semi dell’odio anche, e l’incubo si chiama genocidio. Su questo non v'è dubbio”.
Oggi, a Bruxelles l’Unione Europea e le Nazioni Unite sono riuniti in una conferenza ad alto livello dedicata alla risposta umanitaria e ai fondi necessari per la Repubblica Centrafricana. A Ginevra lo UN Human Rights Council sta tenendo una Sessione Speciale dedicata alla Repubblica Centrafricana. L’Unicef chiede che "i bambini siano al centro della risposta umanitaria e che siano focalizzati su di loro la maggior parte degli investimenti".
Il genocidio può essere evitato se la comunità internazionale risponde rapidamente alla crisi in corso!
Foto Jerome Delay / AP
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