Io sono Malala e non ho paura di nessuno

Il diritto di crescere

È il blog che pone l'attenzione sulle tematiche e sui diritti dei minori, che racconta quel che succede nel mondo con l'intento di dar voce a chi, ancora oggi, è invisibile. Ampliando e diffondendo la conoscenza delle problematiche legate a chi è potenzialmente esposto alla minaccia di comportamenti abusanti o inopportuni, di realtà più svantaggiate, dalla schiavitù alle violenze domestiche, dalla discriminazione ai conflitti armati, dalla povertà alla libera espressione. Perché non rimanga consegnato al silenzio e non si ripeta in futuro.
Con la convinzione che garantire i loro diritti, nel loro bisogno di crescere armonicamente come individui e come esseri sociali, non dia sollievo soltanto a chi soffre ma contribuisca anche al benessere dell'intera comunità, locale e globale.

Gabriele Paglialonga

Gabriele Paglialonga
Ho iniziato a operare nel settore umanitario nel 2004, aderendo alla missione del governo italiano nel sud-est asiatico per l'emergenza tsunami. Dal 2009 rivesto l’incarico di Coordinatore per i Diritti dei minori nella sezione italiana di Amnesty International di cui faccio parte dal 2007. Non è facile raccontare né tantomeno essere ascoltati. Essendo amante della verità, io continuerò a dar voce, da oggi, anche come blogger.

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Il diritto di crescere

Nov 20

Io sono Malala e non ho paura di nessuno

Ritirato a Strasburgo il prestigioso premio Sakharov per la libertà di pensiero

di Gabriele Paglialonga

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Malala Yousafzai, la celebre studentessa pachistana, sedicenne, attivista per i diritti dei bambini e delle bambine, diventata un simbolo della lotta contro i talebani, ha ricevuto oggi il premio Sakharov per la libertà di pensiero, riconoscimento assegnato dall’Unione europea. Il premio le è stato consegnato dal presidente del parlamento europeo Martin Schultz a Strasburgo. Era stata proposta anche per il Nobel alla Pace.

«Dedico il premio agli eroi dimenticati del mio paese, il Pakistan, che lottano ogni giorno per i propri diritti umani». L’Europa «è un grande esempio di unità», per questo «spero che sappia guardare oltre l’Europa, ai paesi dove le persone sono deprivate dei loro diritti basilari». Sono alcuni passaggi del discorso che ha rivolto davanti alla plenaria di Strasburgo.

Da quando aveva appena 11 anni, cura un blog per la BBC, allo scopo di documentare le atrocità dei talebani nella Valle dello Swat, il distretto pakistano in cui la ragazzina viveva, e in particolare sul diritto negato alle bambine di andare a scuola. A 13 anni vince la nomination per l’International Children’s Peace Prize, riconoscimento che l’associazione Kids Rights Foundation assegna a coloro che si dimostrano particolarmente meritevoli nella loro lotta a favore dell’infanzia. Il 17 settembre 2013, alla Mansion House di Dublino, Malala insieme a Harry Belafonte, musicista statunitense, hanno vinto il premio Ambasciatore della coscienza 2013 di Amnesty International, il più alto riconoscimento conferito da Amnesty International a chi, durante la sua vita e col suo esempio, ha promosso e reso più forte la causa dei diritti umani.

Malala, sopravvisse ad un agguato tesole da militanti talebani mentre il suo autobus la portava a scuola, per aver difeso il diritto all’educazione delle ragazze pachistane. Questo particolare ha anche un drammatico valore simbolico, visto ciò di cui lei si occupa: uno “studente (coranico)” (ciò significa “talebano” in lingua pashtu), le ha sparato alla testa e al collo, riducendola in fin di vita. “Nella notte del 9 ottobre 2012 i Taliban mi hanno sparato sul lato sinistro della fronte. Hanno sparato anche ai miei amici. Pensavano che le loro pallottole ci avrebbero messo a tacere. Ma hanno fallito. E da quel silenzio si sono levate migliaia di voci. I terroristi pensavano che sparando avrebbero cambiato i nostri obiettivi e fermato le nostre ambizioni, ma niente nella mia vita è cambiato tranne questo: la debolezza, la paura e la disperazione sono morte. La forza, il potere e il coraggio sono nati. Io sono la stessa Malala. Le mie ambizioni sono le stesse. Così pure le mie speranze sono le stesse".

Il mandante di quel terribile attacco dopo essere stato - secondo alcuni - l’ispiratore dell’omicidio di Benazir Bhutto nel 2008, è Maulana Fazlullah, nuovo leader estremista. Una pessima notizia: dal 2007 al 2009 ha terrorizzato la remota valle dello Swat, imponendo l’ispirazione più estremista e brutale, decapitando e frustando sulle pubbliche piazze i «peccatori», bruciando i negozi di musica e le scuole non strettamente islamiche e per soli maschi. L’obiettivo di Fazlullah, dunque, resta, probabilmente, una nuova campagna di attacchi. Un giorno un bambino, compagno di scuola di Malala, chiese a un giornalista perché i Taliban sono contrari all’istruzione. Il giornalista rispose con grande semplicità. Indicando un libro disse: “I Taliban hanno paura dei libri perché non sanno che cosa c’è scritto dentro”.

Malala oggi ha rivolto agli europarlamentari un accorato appello "cambiare l'ideologia del potere: la potenza dei Paesi non deve essere giudicata sulla base della potenza dei loro eserciti e marine", "vera superpotenza è un Paese pieno di talenti, non quello che ha migliaia di soldati", e dare «una penna e un libro» ai milioni di bambini cui è negato il diritto all’istruzione. «Questi bambini hanno fame di istruzione, e questo deve scuotere le nostre coscienze. Non possiamo immaginare un mondo senza istruzione», riconfermando quanto espresso nel discorso durante l’Assemblea Generale dell'ONU: “Non dobbiamo dimenticare che milioni di persone soffrono per ignoranza, povertà e ingiustizia. Non dobbiamo dimenticare che milioni di persone non hanno scuole. Lasciateci ingaggiare dunque una lotta globale contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo e lasciateci prendere in mano libri e penne. Queste sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione ai mali del mondo. L’istruzione potrà salvare il mondo”.

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