“Destinazione Cosmo” è un blog che si occupa di argomenti legati alla Criminologia, alle Scienze Forensi ed alla Divulgazione Scientifica. Per ciò che concerne la Criminologia e le Scienze Forensi, troverete articoli e saggi che spaziano dai Serial Killer agli Omicidi Seriali; dal Satanismo alle tecniche di adescamento dei giovani; dal bullismo nelle scuole alla pedofilia; dalla “Sindrome del Bambino Maltrattato” alla violenza contro le donne; dai “Difetti della Giurisprudenza” al “Della Pubblica Felicità” di L. A. Muratori. E tanto altro.
Per quanto concerne, invece, la Divulgazione Scientifica, troverete articoli e saggi dedicati, soprattutto, al mondo dell’astronomia e delle scienze ad essa collegate. Tutto il materiale sarà correlato da una moltitudine di meravigliose foto dell’Universo scattate dalla Terra e dallo spazio.
Perché? Perché «Il mondo delle scienze fisiche ed il mondo delle scienze della vita sono separati ancor oggi da una terra di nessuno inesplorata», come disse il fisico italiano Mario Agèno. Ed è arrivato il momento di iniziare l’esplorazione.
Questi e tanti altri gli argomenti trattati in questo blog che si presenta con un carattere di novità sia culturale che didattica: la verifica scientifica.
Danila Zappalà
Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Urbino, ha frequentato un Master di specializzazione di 2° livello in "Scienze Criminologico - Forensi" presso l’Università "La Sapienza" di Roma.
Conseguito il Diploma di Master con Lode e Pubblicazione della Tesi, ha fondato nel 2007 a Siracusa il Centro Studi Scienze Criminali di cui è attualmente Presidente. Tiene Corsi di Criminologia e Psicopatologia Forense, Conferenze e Seminari per le Forze dell’Ordine e per tutte le altre categorie professionali.
Da sempre appassionata di Astronomia è attualmente una Divulgatrice Scientifica che collabora con varie testate giornalistiche scrivendo per Rubriche di Criminologia e Scienze. Tiene Corsi di Astronomia, Conferenze e Seminari di Scienze ed è autrice di numerosi saggi ed articoli di Criminologia, Scienze Forensi e Divulgazione Scientifica.
Con la BookSprint Edizioni ha pubblicato nel 2013 un libro dal titolo “La Formazione degli Operatori Territoriali nella Prevenzione del Crimine” in vendita nelle migliori librerie d’Italia e, con la stessa Casa Editrice, sono in corso di pubblicazione “Crime Scene. Manuale di Criminologia e Scienze Forensi ” e “Astronomia Bambini. Lezioni di astronomia per alunni di scuola elementare e media”.
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Mar 11
di Danila Zappalà
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La creazione televisiva di Gene Roddenberry è sicuramente il più bel frutto della fervida immaginazione dell’autore, perché molte delle meraviglie tecniche che compaiono in questa serie televisiva poggiano, sbalorditivamente, su nozioni che impongono un accurato confronto con le conoscenze scientifiche del momento. Personalmente, sono sempre stata un’accanita fan dei personaggi di Star Trek e per me è sempre stata una grande emozione seguire ed immedesimarmi nelle avvincenti avventure dei nostri eroi. Crescendo, però, ed avendo cominciato ad operare nel campo della divulgazione scientifica, ho cominciato a guardare il tutto non soltanto con gli occhi dell’entusiasmo, ma anche secondo una prospettiva tipicamente scientifica. Dopotutto “Non si possono cambiare le leggi della fisica” dice Scott al comandante Kirk innumerevoli volte nel corso dei loro lunghi viaggi verso l’ignoto. E certo è che, come dice Stephen Hawking (famoso fisico del nostro tempo che vediamo giocare a poker a bordo dell’Enterprise con il comandante Data e Newton ed Einstein in proiezione olografica, nella più recente serie The Next Generation) “La fantascienza come Star Trek non è solo un buon divertimento, ma assolve anche uno scopo serio, che è quello di espandere l’immaginazione umana…”
“Con Star Trek”, continua Hawking nella prefazione al libro di Lawrence M. Krauss La Fisica di Star Trek, Ed. TEA scienze, 2000, pag. 9, “possiamo esplorare come lo spirito umano potrebbe rispondere ai futuri sviluppi della scienza e possiamo fare congetture su come potrebbero essere quegli sviluppi…”, verso le infinite possibilità del futuro, dico io, compresa l’auspicabile esistenza di un mondo in cui l’umanità avrà superato le sue miopi e continue tensioni internazionali e si sarà avventurata verso la fraterna e pacifica esplorazione del cosmo. Secondo Hawking Star Trek è così popolare perché presenta una visione serena e consolante del futuro. “Poiché anch’io sono un fan della serie”, scrive nel suo libro L’Universo in un guscio di noce, 2002 Arnoldo Mondatori Editore, a pag. 161, “mi lasciai convincere subito quando mi proposero di partecipare a un episodio in cui giocavo a poker con Newton, Einstein e il Comandante Data. Li battei tutti, ma purtroppo scattò un allarme rosso e non riuscii mai ad incassare…”.
Hawking, comunque, pur essendo un accanito fan di Star Trek, non crede alla fantascienza di questo tipo, dove, in un futuro distante da noi solo una manciata di secoli, gli uomini sono sostanzialmente uguali a noi. Secondo Hawking, lo scenario futuro non somiglierà a quello consolante e rassicurante di Star Trek, con un universo popolato da molte specie umanoidi. Egli crede, piuttosto, che gli esseri umani incrementeranno molto, e molto in fretta, la loro complessità biologica ed elettronica e che verso la fine del prossimo millennio la differenza rispetto a Star Trek sarà grandissima ed, in effetti, è bene riconoscere che una simile evoluzione è assai probabile. “In un certo senso,” scrive nel suo libro a pag. 169, “la specie umana sarà costretta a migliorare le proprie qualità fisiche e mentali se vorrà affrontare il mondo sempre più complesso in cui si trova e se vorrà accettare nuove sfide, come il viaggio spaziale…”.
Ad ogni modo, nulla ci impedisce di sognare; e sognando, di sperare. Per ora, possiamo solo accontentarci di esaminare le avventure dei nostri eroi tuffandoci in un viaggio che può condurci là dove nessun uomo è mai giunto prima.
E allora… facciamolo!
Una delle tante cose su cui Star Trek ha richiamato l’attenzione del pubblico sono i viaggi a velocità superiore a quella della luce. Oppure i famosi motori ad impulso e a curvatura delle astronavi della Flotta Stellare. O, ancora, i meccanismi d’occultamento bellico delle altrettanto famose astronavi Romulane. Personalmente, tuttavia, ritengo che nulla, da un punto di vista scientifico, sia mai stato più affascinante del famigerato “teletrasporto” o del “ponte ologrammi” e, considerato che la mostra sull’astronave Enterprise, tenuta nello Air and Space Museum della Smithsonian Institution, ha avuto un successo assai più grande di quelle aventi ad oggetto i veicoli spaziali veri, sorge spontanea una domanda: da un punto di vista rigorosamente scientifico, è davvero possibile tutto quello che si racconta negli episodi di Star Trek?
Vediamolo insieme.
Per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima, dobbiamo affrontare, prima di tutto, gli stessi problemi che assillarono scienziati come Newton e Galileo più di trecento anni fa, e cioè i problemi inerenti la cosiddetta forza g, ossia la forza di gravità che, al contrario di quanto molti credano, esiste anche nello spazio. Cominciamo col parlare, a tal proposito, del motore ad impulso. Esso, nell’Enterprise, è presumibilmente alimentato dalla fusione nucleare: la stessa fusione nucleare che alimenta il nostro Sole trasformando l’idrogeno in elio, producendo luce e calore. Premesso che un lungo viaggio nello spazio con un motore a propulsione (come lo è il motore ad impulso), non sarebbe decisamente pratico data l’esorbitante quantità di carburante che occorrerebbe portarsi dietro, chiunque abbia viaggiato in aereo almeno una volta nella sua vita conosce la sensazione di essere compresso contro il sedile quando l’aereo è in accelerazione. La fisica ci dice che questo fenomeno è decisamente molto più marcato quando si viaggia su un’astronave. Le reazioni di fusione che avvengono nei motori, infatti, causano l’espulsione di gas ad alta velocità e a pressioni enormi, in direzione opposta a quella del movimento dell’astronave. E’ la forza di reazione esercitata sui motori da questi gas a far sì che l’astronave, essendo fissata ad essi, sia spinta in avanti.
Anche noi, qualora fossimo seduti, ad esempio, al timone dell’Enterprise, saremmo spinti in avanti da questa forza e il nostro corpo premerebbe con altrettanta forza sul nostro sedile. Ora, il problema è dato dal fatto che come un sasso spinto a grande velocità in direzione della nostra testa produrrebbe una forza tale sul nostro cranio da poter diventare persino mortale, così anche il sedile potrebbe ucciderci se la forza che applicasse al nostro corpo fosse eccessiva. Chi si accingesse ad affrontare un viaggio spaziale dovrebbe, quindi, tener conto del fatto che se il Capitano ordinasse un’accelerazione doppia, la forza che il sedile eserciterebbe sui viaggiatori sarebbe anch’essa doppia. Purtroppo, però, nulla può resistere al tipo di forza necessaria per accelerare rapidamente, dallo stato di quiete, fino alla velocità ad impulso e sicuramente non i nostri corpi! Infatti, entrerebbero in gioco, tra le tante altre cose, numerose complicazioni di natura fisiologica che non ci permetterebbero di sopravvivere.
( Ricordiamoci che in meccanica l’impulso eguaglia la variazione di quantità di moto del sistema a cui sono applicate le forze considerate, e che il motore ad impulso che alimenta i viaggi dell’astronave Enterprise le permette di raggiungere non la velocità della luce, ma velocità che sono frazioni della stessa, essendo la velocità della luce raggiunta soltanto dai corpi privi di massa come i fotoni. Ricordiamoci anche che le distanze cosmiche che l’Enterprise coprirebbe se viaggiasse alla velocità della luce, sono dalla stessa coperte e superate solo innescando il motore a curvatura ).
Per esempio, molto prima che il corpo dei passeggeri venga accelerato e distrutto dalle forze di reazione, il cuore non riuscirebbe più a pompare con forza sufficiente per irrorare il cervello. Ecco perché, i piloti dei caccia e degli aviogetti in genere perdono conoscenza durante le esercitazioni che implicano forti e improvvise accelerazioni; ed ecco perché sono state brevettate ed utilizzate delle speciali tute, atte a costringere il sangue a salire dalle gambe fino al cervello allo scopo di mantenere inalterato lo stato di coscienza dei piloti.
Questo è anche il motivo per cui la NASA non ha mai lanciato in orbita gli astronauti utilizzando un grande… cannone! Scherzi a parte, comunque, se si vuole che l’accelerazione non produca danni, essa deve essere lenta e graduale: ma… una lenta, graduale e monotona accelerazione di questo tipo, offrirebbe le stesse emozioni offerte dal motore ad impulso dell’Enterprise? Io credo di no.
Ma il problema esiste e non è sfuggito agli autori di Star Trek che inventarono, per questo, i cosiddetti ammortizzatori inerziali. Essi sono il risultato del riuscito e geniale tentativo di aggirare questo spinoso e fastidioso problema di fisica. Gli ammortizzatori inerziali, nei suddetti episodi, inducono tutti gli oggetti presenti nell’astronave, in maniera affatto facile da capire, ad agire come se non venissero accelerati affatto. Ed, in effetti, a voler essere obiettivi, quasi tutte le volte che l’Enterprise viene distrutta (di solito in qualche linea di tempo alternativa), la distruzione è sempre preceduta (soprattutto nella serie The Next Generation) dalla perdita di questi ammortizzatori.
Un’altra meraviglia tecnologica di questa serie televisiva, poi, è il raggio traente dell’Enterprise. Esso viene messo in grande evidenza innumerevoli volte, compresa la volta in cui fu utilizzato per deviare un frammento di nucleo stellare che stava avvicinandosi a Moab IV mettendo in pericolo di vita la colonia ivi stanziatasi. Il raggio traente sembra quanto di più semplice e scontato possa aver offerto questa serie televisiva. Esso è paragonabile ad una corda invisibile che l’astronave usa per avvicinare a sé gli oggetti. L’unico problema è che, quando tiriamo verso di noi qualcosa con una corda, dobbiamo essere saldamente ancorati al suolo o a qualcosa di sufficientemente pesante, altrimenti finiamo con lo scivolare via, vittime della nostra stessa inerzia
( Ricordiamoci che l’inerzia si concretizza in Fisica nel concetto di massa inerziale mi. Tale grandezza viene definita come il rapporto tra la forza F applicata ad un corpo e la conseguente accelerazione a che il corpo subisce: mi = F/a. ).
Se non mi credete, provate a pensare all’ultima volta che vi siete trovati su una pista da pattinaggio sul ghiaccio; quando avete provato a spingere via qualcuno, cosa è successo? Ve lo dico io: siete stati voi ad essere catapultati via nella direzione opposta, anziché la vostra vittima!
Vero è, comunque, che il sogno di viaggiare nello spazio ci attrae tutte le volte che alziamo lo sguardo verso le stelle, e Star Trek ci rende emotivamente più vicini alla realizzazione di questo sogno.
Per quanto mi riguarda, gli episodi più avvincenti e appassionanti di questo telefilm sono sempre stati quelli che implicavano i viaggi nel tempo; anche se noi tutti sappiamo che essi ci sono, invece, preclusi da una condizione che ci imprigiona per sempre nel presente. Ma… è vero oppure no che la Teoria della Relatività Generale di Albert Einstein ammette, seppure soltanto in linea teorica, la possibilità che l’uomo compia questi viaggi nel tempo? E se la risposta è si, come vi garantisco che lo è, perché non ammettere che Star Trek ha anticipato quello che potrebbe essere il nostro futuro? In fondo, il fatto che non tutto ciò che vi è rappresentato corrisponda scientificamente al vero, non vuol dire che non vi corrisponda assolutamente niente, giusto? Ed, infatti, lo stesso Comandante Data nell’episodio Paralleli disse, riferendosi alle leggi della meccanica quantistica, “Tutto ciò che può accadere, accade”, ossia: ciò che la fisica non proibisce esplicitamente, sicuramente avverrà.
Ma se ciò fosse vero, che ne sarebbe, allora, dei famosi “paradossi” della scienza? Che cosa accadrebbe se, viaggiando nel passato, tu che leggi, uccidessi tua madre in un tempo anteriore alla tua nascita? Te lo dico io: cesseresti di esistere. Ma se cessassi di esistere, come potresti tornare indietro nel tempo per uccidere tua madre? Non uccidendo tua madre, non cesseresti di esistere. Il ragionamento vi sembra ingarbugliato? Questo è niente rispetto al paradosso che si verifica nell’episodio finale di Star Trek: The Next Generation, quando Picard innesca una catena subspaziale di eventi che viaggeranno a ritroso nel tempo distruggendo tutta, dico tutta, la vita sul pianeta Terra! Ma… se questa catena d’eventi subspaziali fosse stata davvero capace di distruggere perfino le prime forme terrestri di vita primordiale, la vita sul nostro pianeta come avrebbe potuto evolversi fino al punto di creare una civiltà tanto evoluta da poter innescare la distruttiva sequenza temporale innescata da Picard? Vero è che gli scienziati più conservatori, tra i quali Stephen Hawking, ritengono che in un universo ragionevole, qual è quello in cui presumibilmente viviamo, queste possibilità, a rigor di logica, non dovrebbero essere permesse, ma sta di fatto che le equazioni della relatività generale di Einstein non solo non le proibiscono ma addirittura le incoraggiano.
Nel linguaggio di Star Trek si parla in proposito di un “circolo chiuso temporale di causalità”, come quello in cui rimane imprigionata l’Enterprise dopo essere stata colpita dall’astronave nemica Bozeman in uno degli episodi della Next Generation. Nella moderna fisica si parla, invece, di una “curva chiusa di tipo tempo” indicando con ciò la condizione del nostro universo, prevista appunto dalla relatività di Einstein, in cui è possibile viaggiare avanti e indietro nel tempo lungo una specie di grande corridoio circolare situato nello spazio. “Nulla si muove”, scrive Fred Alan Wolf nel suo libro Universi Paralleli: le affascinanti ipotesi sull’esistenza di altri universi uguali o simili al nostro, GEO Edizioni 1991, a pag. 121, “nulla sta fermo, questo è l’universo paradossale dello spazio-tempo. Tutto è come congelato. L’intera storia della nostra vita giace come un gigantesco millepiedi attaccato alla plastica, con un’estremità piccolina a forma d’infante e l’altra vecchia e decrepita. Tutti i nostri alti e bassi sono l’andatura del verme, che è come raggelata. Anche se tale raffigurazione è alquanto orrida, essa ha trasformato la Fisica dello spazio-tempo in geometria…”
La geniale scoperta della dimensione spazio-tempo di Einstein e della relatività sia dello spazio che del tempo ha, quindi, cambiato radicalmente la nostra precedente immagine dell’universo. E, L. Krauss dice, a pag. 39 del suo libro La Fisica di Star Trek, che l’autorevole fisico Hermann Minkowski ha, a conferma di ciò, detto in proposito: “D’ora in poi lo spazio preso a sé, e il tempo preso a sé, sono condannati a trasformarsi in semplici ombre, e solo una sorta di loro unione potrà conservare una realtà indipendente…”. Secondo me, dunque, Star Trek ha davvero, in questo, anticipato il futuro; dopotutto, non è la scienza che alimenta la fantasia di autori come Gene Roddenberry? E non è la scienza che, spesso, ci fa sognare più della fantasia?
Che dire, poi, dei tunnel spazio-temporali? Ne abbiamo sentito parlare spesso negli episodi della serie Voyager. In uno di questi episodi, per esempio, l’equipaggio della Voyager scopre un piccolo tunnel spazio-temporale che riporta al Quadrante Alfa della Galassia. Dopo averlo intrapreso, però, l’equipaggio scopre con sgomento che esso conduce sì al Quadrante Alfa, ma di una generazione anteriore. Nell’episodio in questione dunque, i due estremi del tunnel collegano lo stesso spazio in due tempi diversi! Questo, che ci crediate o no, è uno dei casi in cui gli autori di queste serie televisive hanno avuto ragione: se i tunnel spazio-temporali esistono essi, secondo la moderna fisica, potrebbero essere delle macchine del tempo!
Tali passaggi sono previsti dalla Teoria della Relatività di Einstein e, presumibilmente, esistono all’interno dei cosiddetti “Buchi Neri”. Non a caso, infatti, alcuni ufologi ritengono che le presunte entità biologiche extraterrestri (EBE), che secondo alcuni sarebbero in visita alla Terra dal futuro, usino i tunnel (o corridoi) spazio-temporali per i loro spostamenti. Secondo alcuni scienziati ciò potrebbe essere possibile immaginando, per esempio, che nella nostra dimensione spazio-tempo vi sia una estremità del tunnel fissa e l’altra in movimento, ad una velocità molto grande sì, ma in ogni caso inferiore a quella della luce.
Certamente, comunque, finché non sarà stata elaborata una teoria della gravità quantistica, ossia una teoria che metta d’accordo le leggi della relatività di Einstein con quelle della meccanica quantistica, teorie che fino ad oggi si “scornano” vicendevolmente, il problema dei viaggi nel tempo sarà destinato a rimanere irrisolto.
“ Il futuro prospettato da Star Trek”, scrive Hawking nel suo libro L’universo in un guscio di noce, 2002 Arnoldo Mondatori Editore, a pag. 164, “in cui la civiltà raggiunge uno stadio avanzato ma sostanzialmente statico, può valere per quanto riguarda la conoscenza delle leggi fondamentali che governano l’universo. In un futuro, non troppo lontano, potremmo scoprire una teoria definitiva”, continua Hawking, “se così sarà, la teoria ci chiarirà se il sogno di Star Trek della propulsione a curvatura si potrà realizzare. In base alle concezioni attuali saremmo costretti a compiere un viaggio galattico lungo e tedioso, usando astronavi più lente della luce, ma poiché non abbiamo ancora una teoria unitaria completa, non possiamo escludere del tutto la propulsione di curvatura”.
Quindi, sia che l’equipaggio di Star Trek abbia potuto oppure no viaggiare indietro nel tempo, è sicuramente il caso di affrontare un altro arduo problema: è veramente possibile costruire un “motore a curvatura”? Se infatti escludiamo la possibilità di viaggiare alla velocità della luce poiché siamo tutti dotati di massa (e lo sono anche le astronavi della Federazione di classe Galaxy come l’Enterprise); ed escludiamo anche la possibilità di usare i tunnel spazio-temporali per i nostri spostamenti nella Galassia, è chiaro che solo un motore a curvatura potrebbe farci raggiungere le regioni più lontane dell’universo e farci affrontare viaggi come quelli compiuti dai nostri eroi sull’astronave Enterprise.
In Star Trek il motore a curvatura è un motore che permette all’astronave di coprire distanze enormi, “incurvando” la dimensione spazio-tempo. L’idea è che se fosse possibile manipolare lo spazio-tempo, oggetti in moto a velocità localmente molto basse potrebbero, in conseguenza della provocata espansione o contrazione dello spazio, percorrere distanze molto grandi in piccoli intervalli di tempo. Se il tenente Geordi La Forge riuscisse, per esempio, ad incurvare localmente lo spazio-tempo, in modo da farlo espandere dietro all’Enterprise e farlo contrarre davanti ad essa, l’Enterprise non viaggerebbe a velocità curvatura coprendo ragguardevoli distanze, spinta in avanti assieme allo spazio in cui si trova, come una tavola da surf su un onda? Forse è questo quello che davvero succede nei vari episodi, quando Picard ordina di far muovere l’astronave a velocità curvatura.
Ma, cos’è la curvatura dello spazio-tempo? Per capirlo bene, è necessario fare un breve tuffo nel passato. Le nostre idee sul moto dei corpi risalgono a Galileo e a Newton. Prima di allora si credeva in Aristotele, il quale disse che lo stato naturale dei corpi era la quiete e che, per questo, un corpo si muoveva solo in conseguenza di una forza o di una trazione. La tradizione aristotelica riteneva anche che fosse possibile determinare tutte le leggi che governano l’universo per mezzo del puro pensiero, senza che fosse necessaria, perciò, la loro verifica per mezzo dell’osservazione. Ma questo è un altro discorso. Le misurazioni di Galileo, poi, successive a quelle di Aristotele e basate essenzialmente sull’osservazione e l’esperimento, furono usate da Newton come base delle proprie leggi del moto. Ma oltre alle sue leggi del moto, Newton trovò anche una legge per descrivere la forza di gravità. Questa legge ci dice che due corpi si attraggono reciprocamente con una forza che è direttamente proporzionale alla loro massa e inversamente proporzionale alla loro distanza. La legge di gravità di Newton, però, ci dice anche che la forza di attrazione è tanto minore quanto più i corpi sono lontani tra loro. Questa legge, quindi ci consente di predire con assoluta precisione le orbite della Terra, della Luna e dei pianeti.
Tanto Aristotele quanto Newton hanno creduto che si potesse misurare con precisione l’intervallo di tempo fra due eventi e che questo tempo sarebbe stato lo stesso per chiunque lo avesse misurato, purché avesse usato… un buon orologio! Il tempo era, quindi, completamente separato dallo spazio ed era anche da esso completamente indipendente. Le idee sullo spazio e sul tempo, però, erano destinate a mutare radicalmente con Einstein. In altri termini, la Teoria della Relatività mise fine all’idea del tempo assoluto. Spazio e tempo cessarono di essere entità separate e diventarono un tutt’uno: parte di una stessa dimensione chiamata, appunto, Dimensione spazio-tempo.
“Le leggi secondo le quali i corpi solidi si dispongono nello spazio” scrive lo stesso Einstein nel suo libro Come io vedo il mondo – La Teoria della Relatività, 2002 Grandi Tascabili Economici Newton, a pag. 78, “non concordano esattamente con le leggi spaziali della geometria euclidea. E’ ciò che si vuol dire quando si parla della curvatura dello spazio… Il comportamento dei corpi e la marcia degli orologi dipendono piuttosto dai campi di gravitazione, i quali, a loro volta, sono prodotti dalla materia…”.
In sostanza, Einstein sosteneva che la geometria dello spazio-tempo fosse curva, anziché piatta come quella euclidea. Egli ebbe la geniale intuizione che la massa dei corpi, insieme all’energia, “distorcono” lo spazio-tempo; anche se in modi ancora non del tutto chiari. Da ciò consegue che corpi celesti come i pianeti, in realtà, si muoverebbero lungo traiettorie diritte e rettilinee, ma poiché tali traiettorie sono incurvate dal campo gravitazionale (cioè dalla massa ) del Sole che curva, appunto, lo spazio-tempo, essi sembrerebbero muoversi, invece, lungo traiettorie curve e circolari. Le orbite dei pianeti, infatti, sono ellittiche.
“La nuova teoria della gravitazione”, scrive ancora Einstein a pag. 78 e ss del suo libro, “ s’allontana notevolmente, per quanto riguarda i principi, dalla teoria di Newton; ma i suoi risultati pratici concordano così da vicino con quelli di questa teoria che è difficile trovare sperimentalmente prove di differenze sensibili”.
Ma la curvatura dello spazio, presenta anche altri vantaggi. E’ chiaro che se lo spazio-tempo venisse fortemente incurvato davanti all’Enterprise, ogni tipo di raggio, per esempio un raggio faser, sarebbe deviato prima di colpire l’astronave. Che sia questo il principio che si cela dietro i famosi scudi deflettori ? Il tenente La Forge ci dice in effetti, in più di un’occasione, che essi operano per mezzo di un’emissione coerente di gravitoni; e poiché i gravitoni sono per definizione particelle che trasmettono la forza di gravità, l’emissione coerente di gravitoni creerebbe un campo gravitazionale coerente che, nel moderno linguaggio della fisica, è proprio ciò che… incurva lo spazio!
Immagino che anche il meccanismo d’occultamento delle astronavi Romulane sia incentrato sullo stesso principio. Dopo tutto, quando vediamo un qualsiasi oggetto lo vediamo in virtù della luce che riflette e che giunge ai nostri occhi, giusto? Se i Romulani incurvassero in qualche modo lo spazio, così che i raggi di luce incidenti sul loro Falco da guerra venissero deviati attorno ad esso anziché esserne riflessi, non sarebbe il Falco stesso occultato agli occhi dell’equipaggio dell’Enterprise? Ma, come si fa ad incurvare lo spazio?
Sappiamo che il campo gravitazionale alla superficie del Sole è in grado di far deviare la traiettoria della luce di meno di un millesimo di grado, e questo perché Einstein, come già detto, ha scoperto che la cosiddetta forza g, o forza di gravità, è capace di incurvare lo spazio. Ma, se il campo gravitazionale di un corpo così ingente come quello del nostro Sole incurva di così poco lo spazio, tanto da far deviare la traiettoria della luce appena meno di un millesimo di grado, allora quali immensi, smisurati, inimmaginabili campi gravitazionali occorrerebbe creare nei pressi di un’astronave come l’Enterprise per deflettere un raggio faser in arrivo di 90°? Questa è una delle ragioni principali per cui il famoso effetto fionda, usato per la prima volta nell’episodio Domani è ieri per mandare l’Enterprise indietro nel tempo, poi ripreso in Star Trek IV: Rotta verso la Terra, e menzionato anche nell’episodio Tempo al quadrato della serie The Next Generation è decisamente impossibile. Il campo gravitazionale nei pressi del Sole è decisamente irrilevante rispetto agli effetti gravitazionali che si richiedono per perturbare lo spazio-tempo nei modi considerati in questi episodi.
Inoltre, ogni volta che l’Enterprise spara un raggio faser… noi lo vediamo! Ma, a meno che il faser non proietti fotoni in tutte le direzioni, è impossibile che ciò avvenga. La luce, infatti, come già detto, non è visibile se non viene riflessa da qualcosa. Perfino chi ha assistito alle mie lezioni di astronomia lo sa! Il puntatore laser che uso per indicare le immagini nello schermo sul quale vengono proiettate le diapositive da commentare, fa vedere, infatti, solo il punto in cui il raggio colpisce lo schermo, mentre non si vede niente tra il puntatore e lo schermo in questione. L’unico modo per rendere visibile l’intero raggio è quello di sollevare un grosso polverone nella sala, per esempio sbattendo insieme due grossi tappeti. Non a caso, gli spettacoli con luce laser che deliziano gli appassionati frequentatori delle discoteche estive, vengono prodotti facendo riflettere la luce su particelle di fumo e acqua. Che spettacolo, ragazzi! Un gioco di luci e colori veramente emozionante. Tuttavia, a meno che lo spazio vuoto non sia particolarmente polveroso, non dovremmo vedere il raggio faser se non là dove colpisce il bersaglio. E, invece, noi lo vediamo tutte le volte che l’Enterprise spara un colpo!
Abbiamo appurato, quindi, che non tutto ciò che ci raccontano i nostri eroi è scientificamente plausibile. Cosa è rimasto? Ma sì, il teletrasporto, ovviamente! Chi non ricorda la famosa frase del comandante James T. Kirk “Scott, mi faccia risalire”?
Le difficoltà che implicano la costruzione di un dispositivo come il teletrasporto sono di inimmaginabile misura, almeno al giorno d’oggi. Il principale problema da risolvere è: qual è il modo più rapido ed efficiente per spostare, da un’astronave in orbita attorno ad un pianeta alla superficie del pianeta stesso, milioni e milioni di atomi di materia combinati in una configurazione tanto complessa da formare ogni singolo essere umano? E ancora, volendo teletrasportare delle persone da un posto all’altro, si devono spostare i loro atomi, l’informazione in essi contenuta, oppure entrambe le cose? Nel caso in cui, infatti, volessimo trasferire le informazioni contenute nel libro di una biblioteca nei nuclei magnetici della memoria di un computer, trasferiremmo solo le informazioni. Ma nel caso degli esseri umani, invece, non occorrerebbe prima estrarre l’informazione per poi ricombinarla con la materia?
Dai vari episodi apprendiamo che il teletrasporto prima di tutto si aggancia sul bersaglio. Poi analizza l’oggetto da trasportare, lo smaterializza e poi trasmette a destinazione il flusso di materia che viene puntualmente rimaterializzato. Pare, quindi, che il teletrasporto trasmetta la materia insieme all’informazione. Nell’episodio Il duplicato, però, un cattivo funzionamento del teletrasporto divide il comandante Kirk in due persone: una buona e l’altra cattiva. Lo stesso accade anche al comandante Riker nell’omonimo episodio Il Duplicato della serie The Next Generation, quando viene sdoppiato durante il trasporto dal pianeta Nervala IV all’astronave Potemkin; una copia è sana e salva sull’astronave mentre l’altra rimane sola a vivere sul pianeta per ben otto anni, momento in cui ci si accorge dell’accaduto.
Ora, se il teletrasporto trasmettesse sia la materia che l’informazione in essa contenuta questo sdoppiamento sarebbe impossibile, perché il numero di atomi finale sarebbe uguale al numero iniziale così come accadrebbe anche per le informazioni. Se invece venissero trasmesse solo le informazioni, ricombinando le stesse con atomi di materia diversa, cioè reperita altrove, si potrebbe avere non solo lo sdoppiamento di un individuo, ma anche tutte le copie desiderate dello stesso. E, allora? Non penso che si possa tenere un piede in due scarpe. Evidentemente, questo è uno dei problemi che è stato accuratamente evitato dagli autori di Star Trek i quali, tra l’altro, non hanno mai preteso di scrivere qualcosa di diverso dalle storie di fantascienza. E questo, tra l’altro, si evince anche da un’altra cosa.
Per le navicelle spaziali, così come si suppone debba accadere anche per le astronavi, un procedimento standard è quello di entrare in un’orbita sincrona attorno ad un pianeta, così che il periodo orbitale della nave sia uguale a quello della rotazione del pianeta in questione. In questo modo la nave rimane sulla verticale di un determinato punto sulla superficie del pianeta, così come i satelliti meteorologici geostazionari in orbita attorno alla Terra rimangono fissi al di sopra di un punto preciso della superficie terrestre. Tuttavia quando vediamo l’Enterprise in orbita attorno a qualche pianeta, la vediamo in movimento contro lo sfondo del pianeta, in maniera affatto sincrona con lo stesso. Ora, se l’Enterprise non si trovasse in un’orbita sincrona, non avrebbe considerevoli difficoltà col teletrasporto?
E’ arrivato adesso il momento di occuparci di un’altra delle meraviglie di Star Trek: il ponte ologrammi. “Oh, noi siamo noi, signore. Anche loro sono noi. Così, sia noi che loro siamo noi”, dice Data a Picard e Riker nell’episodio Ricordare Parigi.
Il ponte ologrammi è certamente una fra le conquiste tecnologiche più affascinanti a bordo dell’Enterprise. Chi non vorrebbe entrare tramite esso, nel mondo della propria fantasia? Il pericolo che si possa diventare apatici non esisterebbe in un mondo pieno di ponti ologrammi! Inoltre la realtà virtuale, pur apparendo reale, spaventa molto meno della vita reale, e ciò potrebbe consentirci di affrontare quelle esperienze che nella vita andiamo sfuggendo appunto per paura, aiutandoci a superarla.
I principi su cui si fonda l’olografia furono chiariti per la prima volta nel 1947, cioè molto tempo prima che fosse messa a punto una tecnologia in grado di realizzarla. Oggi la maggior parte delle persone ha familiarità con l’uso di immagini olografiche tridimensionali stampate, per esempio, su alcune carte di credito o sulla copertina di alcuni libri. Diversamente dalle normali fotografie, che ci offrono una immagine bidimensionale delle cose in esse raffigurate, gli ologrammi ci offrono, invece, una immagine totale e completa delle stesse.
Con gli ologrammi è possibile creare un’immagine tridimensionale e l’unico modo di distinguere un ologramma dall’oggetto originario è quello di toccarlo; soltanto allora ci si rende conto che esso non è solido e quindi tangibile. Di solito, quando si produce un ologramma, si usa la luce laser. Questo, però, non esclude i cosiddetti ologrammi in luce bianca, ossia quegli ologrammi che possono essere osservati con luce comune. Usando procedimenti più complessi, per esempio utilizzando un complesso sistema di lenti, potremmo addirittura fare in modo che l’oggetto che osserviamo appaia tra noi e una pellicola; così avremmo davanti a noi un oggetto, apparentemente solido, attorno al quale potremmo camminare e che potremmo osservare da tutti i lati. Questo è ciò che accade nella serie Voyager il cui medico di bordo, come tutti sanno, altri non è se non un ologramma.
Però sul ponte ologrammi dell’Enterprise non c’è solo olografia. I componenti dell’equipaggio che si vogliono rilassare e divertire su questo ponte, infatti, interagiscono con i personaggi creati dal computer come se questi fossero creature fatte di carne ed ossa come loro. Per risolvere questo spinoso problema gli autori di Star Trek hanno fatto ricorso ai replicatori di materia. Presumibilmente, l’idea di questi autori è quella di far utilizzare i replicatori per replicare della materia che viene poi fatta muovere sul ponte ologrammi dal computer di bordo, il quale coordina le voci e i movimenti dei personaggi, sulla base di schemi in esso memorizzati. Dopotutto, quante volte abbiamo visto i replicatori di materia in azione per la creazione di gelati, bevande esotiche e altro? In quasi ogni episodio, direi. Quando, poi, si disattiva il programma in corso sul ponte ologrammi la materia degli oggetti in esso rappresentati viene smaterializzata e tutto torna come prima.
“Si sa che vi è un numero infinito di mondi, semplicemente c’è una quantità infinita di spazio che li può comprendere” dice Douglas Adams nel libro di Fred Alan Wolf Universi paralleli, 1991 GEO s.r.l. Edizioni a pag. 61, “Tuttavia non tutti i mondi sono abitabili e quindi, ci deve essere un numero finito di mondi abitati. Un numero finito diviso per l’infinito è quasi zero, perché non fa differenza, perciò la popolazione media di tutti i pianeti dell’universo si può dire uguale a zero. Ne consegue che la popolazione dell’intero universo è uguale a zero e che la gente che s’incontra ogni tanto è semplicemente il prodotto di una immaginazione squilibrata”.
Nel corso di questa nostra breve analisi della plausibilità scientifica di alcune delle cose che abbiamo visto seguendo con passione le avvincenti avventure dell’Enterprise e dei personaggi di Star Trek, abbiamo visto come è decisamente facile utilizzare scienza e finzione per volare in alto con le ali della fantasia.
La missione dell’astronave Enterprise, comunque, non è quella di investigare le leggi della fisica, bensì quella di “esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e civiltà, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima…” “Star Trek mostra una società che è assai più avanzata della nostra a vari livelli: scientifico, tecnologico e politico” scrive Hawking in L’universo in un guscio di noce, 2002 Arnoldo Mondatori Editore, a pag.161, sottolineando il fatto che quest’ultimo non è difficile da superare, “Si intuisce che vi sono stati cambiamenti rivoluzionari, con scontri e tensioni, nel tempo intercorso tra oggi e quel futuro, ma nel periodo in cui sono ambientati gli episodi la scienza, la tecnologia e l’organizzazione sociale sono divenute pressoché perfette”.
Stephen Hawking conclude il discorso dicendo che a suo parere il genere umano non raggiungerà mai uno stadio finale stazionario in campo scientifico e tecnologico, come quello che vede in Star Trek. Ed infatti, il genere umano non si è mai fermato nel suo percorso di conoscenza, nonostante vi siano state alcune battute d’arresto, come è accaduto durante il Medio Evo dopo la caduta dell’Impero Romano. Perciò, nulla lascia pensare che lo sviluppo tecnico – scientifico rallenterà o si fermerà in un prossimo futuro, secondo lui.
“Come minuscoli insetti su di un foglio di gomma”, conclude Lawrence M. Krauss che cito a conclusione di questo nostro breve exursus, “viviamo in un universo la cui vera forma rimane nascosta alla nostra vista. Eppure, nel corso di meno di venti generazioni – da Newton ad oggi – abbiamo utilizzato le semplici leggi della fisica per illuminare le profondità dello spazio e del tempo.
Forse non potremo mai salire a bordo di astronavi in partenza verso le stelle, ma pur essendo reclusi su questo minuscolo pianeta azzurro siamo riusciti ad investigare il cielo notturno e a svelarne grandi meraviglie, e molte altre ancora senza dubbio ne scopriremo…”
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