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Vittorio Sartarelli
Trapanese, classe '37, Sartarelli è uno scrittore brillante appartenente alla tipica letteratura verista italiana. Formatosi al Liceo Classico di Trapani, ha proseguito gli studi universitari in Giurisprudenza all'Università di Palermo. È giornalista e bancario in pensione. Dal suo debutto come scrittore, avvenuto nel 2000, ad oggi è stato insignito di numerosi premi letterari e riconoscimenti.
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Lug 19
di Vittorio Sartarelli
Abbiamo letto con interesse, curiosità e passione quest’ultima fatica letteraria del Poeta trapanese, anche se avevamo avuto modo di apprezzarne il talento lirico ed espressivo nella sua seconda pubblicazione, del 2013 “Ciatu, musica e paroli”. La poesia di Barone si colloca a giusto titolo nel filone della nostra tradizione letteraria popolare che è appunto espresso in vernacolo. La Lingua di un Popolo, infatti, è anche la storia e le tradizioni di quel Popolo e la storia ricca e varia del popolo siciliano non poteva far altro che produrre un lessico altrettanto ricco e vario. Parlando, in fine, della capacità espressiva di un idioma e, ancora meglio, di un vernacolo, cosa c’è di meglio del suo dialetto che crea un linguaggio schietto, originale e verace che trova riscontro nell’uso quotidiano e popolare della comunicazione. Esso diventa, più diretto e verista e, quindi, più comprensibile e penetrante verso un ventaglio più ampio di strati sociali, ma essenzialmente rivolta al popolo. Lasciando adesso, il commento tecnico alla dotta, appassionata e ed esaustiva prefazione semantica del volume, effettuata magistralmente dal Professore Scalabrino, cercheremo di esprimere il nostro modesto commento artistico da semplici lettori appassionati della lingua siciliana. Barone ha sicuramente un’anima artistica ammirevole per i contenuti umani, sociali ed ecumenici della sua poesia, egli è un trapanese puro sangue, innamorato della sua Terra e dei suoi affetti più cari, l’amore coniugale per la sua compagna e quello genitoriale per i suoi figli. Il suo attaccamento alla sua città nelle cui pietre egli si riconosce, esse non hanno tempo, come la Storia e le Tradizioni, esso poggia sui suoi tratti somatici geografici e territoriali, con le sue caratteristiche etniche ed umane dei suoi concittadini e delle sue tradizioni millenarie. Egli è un figlio di questa Terra e del mare che la circonda che lui ama immensamente. All’inizio della sua attività artistica Barone era considerato dai più il poeta de “I Misteri” la nota manifestazione di carattere religioso che si tiene ogni anno a Trapani e dalla quale aveva attinto le prime ispirazioni poetiche. Adesso Barone ha dimostrato la sua maturità artistica e le sue molteplici ispirazioni che affondano le loro radici nella vita di ogni giorno e, quindi, il poeta adesso si occupa del problemi della vita quotidiana della nostra città e dei suoi concittadini. Il suo cruccio maggiore è costituito dall’indifferenza dei più alle attuali e pressanti problematiche sociali, politiche ed economiche del territorio siciliano che poi, sono quelle che affliggono da qualche anno l’intero territorio italiano. Egli vorrebbe cambiare lo stato delle cose e la sua lirica si fa portavoce di questa esigenza di cambiamento, ma purtroppo, le cose rimangono sempre allo stesso modo e il poeta si sente impotente, come San Giovanni Battista che predicava nel deserto. E la sua è una delusione accorata e drammatica, in questa vita tumultuosa e dinamica che tutti siamo costretti a condurre ed egli trova un po’ di pace soltanto durante la pausa notturna, confortato dalla vicinanza carnale e simbiotica della sua compagna e dal respiro dei suoi figli. E, per ultimo, non dimentica nemmeno il drammatico problema degli immigrati che, quotidianamente, giungono nell’Isola, alcuni di essi non hanno più nulla nulla perché nella zona di origine hanno perduto tutto e alcuni, hanno anche perduto la vita o dei parenti durante la traversata. Ebbene, Barone, giustamente, s’ indigna e si sente morire, perché non sono in molti a donare qualcosa a questi poveri disgraziati che non hanno un futuro. Il disagio morale è al culmine, tra cielo e terra, quindi, nessuno può fermare la catena del male che affligge gli esseri umani neppure Dio o i Santi e il destino della nostra vita sembra segnato. Quale sarà il futuro dei nostri figli e dell’intera umanità, questa è simile ad un gregge di pecore senza un pastore che le sappia guidare sulla giusta via, essa non sa quale strada prendere e poche appaiono le speranze di un futuro migliore. In conclusione, il pessimismo dell’autore è il protagonista della sua opera artistica: tutto rimane sempre lo stesso e, a consolare il poeta, ci sono soltanto i ricordi del bei tempi andati unitamente all’Amore, la storia, l’arte e le tradizioni che sono imperiture. Indubbiamente, la poesia in qualunque idioma espressa, è un ossigenante farmaco per il cuore dell’umanità, così come le altre discipline artistiche che vengono giustamente interpretate come saggezza di vita, ma a volte, può essere anche un invito, uno sprone a riscoprire le virtù antiche di generazioni sane ma ormai estinte, vissute in un tempo nel quale l’amore era amore, la famiglia era famiglia, l’onestà era onestà, l’onore era onore, la giustizia era giustizia e il rispetto per la vita e per il prossimo era sacro. Il fatto che ogni anno muoiano di fame, nel mondo, alcuni milioni di esseri umani tra i quali purtroppo moltissimi bambini, viene sì, sporadicamente attenzionato e dibattuto da organizzazioni umanitarie e spiriti nobili ma, poi, le Istituzioni delle varie Nazioni più ricche e progredite della Terra poco o niente fanno per porre fine a questo strazio umanitario. E così la tragedia continua, perpetuandosi nel tempo e gli uomini, che dovrebbero essere di buona volontà, spesso dimenticano, quando non si disinteressano, del dettame ecumenico che nostro Signore Gesù Cristo, morto sulla croce per salvarci, rivolse a tutti gli uomini del suo tempo, di amarsi sempre reciprocamente.