Le difese impossibili

Giustizia Ingiusta

«Giustizia Ingiusta» è il blog di Reteluna.it in cui verranno affrontati temi afferenti al nostro sistema giudiziario comparandolo con i sistemi esteri e affrontando tutte le problematiche che attanagliano la realtà giudiziaria del bel paese. Dalla lentezza della giustizia alle leggi ad personam, dalle ingiuste detenzioni ai reati dei colletti bianchi. Giustizia Ingiusta rappresenterà un excursus nei meandri dei tribunali, dove oggi più che mai la legge non è affatto uguale per tutti.

Federico Di Mambro

Federico Di Mambro
Avv. Federico Di Mambro: diplomato al liceo scientifico "G. Pellecchia" di Cassino, Frosinone, nel 2002, iscritto nel 2003 alla facoltà di Giurisprudenza di Cassino, laureato prima in Scienze giuridiche e poi in Giurisprudenza nel 2009 con tesi in diritto civile, voto 110/110. Pratica forense presso lo studio legale Troiano in Cassino, mediatore civile nel 2010 e abilitazione alla professione di avvocato conseguita il 20 dicembre del 2012. Esercita la professione di avvocato penalista presso il foro di Cassino.

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Apr 30

Le difese impossibili

storie di processi

di Federico Di Mambro

difese, impossibili

Amici di Reteluna, oggi vi parlerò di un aspetto particolare della professione forense, un aspetto che tocca l’etica, la professionalità, le coscienze e la sensibilità dell’uomo-avvocato.

Capita spesso ai penalisti come me, soprattutto se iscritti agli elenchi dei difensori d’ufficio, di difendere i cosiddetti “diseredati”, i “dimenticati da Dio” per usare un eufemismo… occorre riconoscere che trattasi il più delle volte di delinquenti abituali che si alzano la mattina dicendo ai propri cari “tesoro vado a lavoro”…ma questo lavoro consiste nel delinquere…furti, rapine, usura…questi sono gli illeciti penali che commettono i “criminali di provincia”, e a noi legali tocca assisterli nei processi.

Quante volte, ricevuto l’incarico di difendere uno di questi criminali, tra me e me ho detto “che disgraziato…è chiaro che è stato lui a delinquere…poteva evitare”…anche noi avvocati, sebbene la collettività spesso pensi il contrario, abbiamo un’etica… ma poi ricordo di aver scelto questa professione senza che nessuno me lo imponesse, e questa professione ( o meglio la Costituzione Italiana ) prevede che anche al più crudele dei criminali vada assicurato un giusto processo con un difensore che lo rappresenti.

Ed ecco che iniziano quelle che definisco “le difese impossibili”

Difendere un reo-confesso, un delinquente colto in flagranza di reato, un imputato inchiodato da numerose testimonianze, etica a parte, non è tecnicamente una passeggiata.

Già in sede di convalida, per coloro che vengono “pizzicati con le mani nel sacco”, cerco di verificare il rispetto delle tempistiche imposte dal codice di procedura e poi la butto sulla mancanza di esigenze cautelari ed eventualmente sulla richiesta di misure meno afflittive.

Ma è in dibattimento che succedono i colpi di scena: testimoni che urlano rabbiosi in faccia agli imputati, forze dell’ordine che “snobbano” gli avvocati, giudici intransigenti e spesso annoiati: sembra quasi un teatro un po’ vintage nel quale al legale tocca “la patata bollente”, tocca far assolvere, anche quando in cuor nostro sappiamo che quel figlio di buona donna dell’imputato ha commesso eccome il reato.

Così in sede di discussione, dopo lunghi dibattimenti ricchi di occhiatacce nei miei confronti da parte dei testimoni quasi a dire “sei uguale a quello che difendi!”, si giunge al momento finale.

Il giudice “chiusa l’istruttoria dibattimentale invito le parti a concludere”…il P.M.si alza in piedi e gonfio in petto “chiedo affermarsi la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascritto, con la contestazione delle aggravanti ritenute prevalenti sulle generiche…pena tot  anni di reclusione!”

Io tra me e me “ed ora che mi invento? Questo disgraziato è stato beccato a rubare all’interno di una abitazione e giustamente gli hanno contestato il 624-bis (furto in abitazione) con alcune delle aggravanti del 625”…smetto di imprecare a mente e cerco di buttarla sull’elemento psicologico del reato “giudice è vero che il mio assistito è entrato in una abitazione, ma questa è violazione di domicilio, non furto così come contestatogli, infatti quando sono intervenute le forze dell’ordine l’imputato non aveva asportato alcun bene dall’abitazione, manca la coscienza e volontà di impossessarsi del bene, viene meno il dolo specifico richiesto dalla norma”…

Il giudice sorride come per dire “avvocato mi faccia il piacere…”, il P.M.gongola sicuro nel suo doppio petto, ed io che mi affanno ed alzo la voce forse più per convincere me stesso che il giudice, finisco per chiedere una velleitaria assoluzione con la piena consapevolezza di una condanna che di li a poco arriverà inesorabile…d’altronde era una difesa impossibile, lo sapevo, ma di colpo mi torna in mente una frase che mi ripeteva sempre il prof. di matematica al liceo: “non esiste l’impossibile, ma l’altamente improbabile”

A presto

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