Il blog che pone l’attenzione sulla mobilità sostenibile ed i progetti ad essa legati offrendo una visione completa e integrata sui temi Smart City e Green Mobility spaziando sulle varie tipologie di trasporto urbano e non solo.
La mobilità è oggi, soprattutto nei grandi centri urbani, una componente essenziale del funzionamento della città e della vita dei suoi abitanti i quali esprimono una crescente esigenza di efficienza e di miglioramento per tutti gli aspetti che la mobilità include.
Con il termine mobilità infatti si intende non solo il traffico, a cui spesso viene ridotto, ma un sistema complesso che comprende tutto ciò che è in relazione al muoversi, con qualsiasi mezzo, nella città e nel territorio: pedonalità, trasporto pubblico, trasporto privato, sosta e parcheggi, sistemi per una mobilità sostenibile, per citare alcune delle questioni principali, ciascuna delle quali declinabile in molteplici sottosistemi ed in diverse necessarie fasi di pianificazione, programmazione e attuazione integrata per percorrere la migliore delle strade verso un’ottimizzazione della qualità degli spostamenti.
Fabio Rosati
Fabio Rosati nasce a Brescia, classe 1960, laurea in Economia e Commercio alla Sapienza di Roma, master al New York Institute of Finance e laureando in Ingegneria dei Trasporti, dopo la carriera industriale che lo ha portato sino alla Direzione Generale, decide di impegnarsi in qualità di consulente, si dedica alla docenza universitaria – è docente presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma – e crea il Centro Studi Mobilità di cui è Amministratore Unico, occupandosi di mobilità sostenibile e impegnandosi nella gestione e ottimizzazione di piattaforme di infomobilità per vari clienti nonché supportando alcuni Comuni Italiani nell’ottimizzazione delle problematiche di TPL e di gestione semaforica.
Si occupa dello sviluppo del sistema di rete di ricarica per i veicoli elettrici, promuove lo sviluppo di progetti di piste ciclabili, l’ottimizzazione del car sharing e quanto attiene alla mobilità in tutte le sue forme. È socio esperto della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile nonché membro del Comitato Scientifico della rivista MobilityLab.
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Ott 13
di Fabio Rosati
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Dal punto di vista della diffusione delle automobili elettriche, l’Italia si dimostra fanalino di coda rispetto al resto dell’Europa ed è il paese dove l’auto viene utilizzata quotidianamente. Infatti in Italia l’uso del mezzo privato negli spostamenti quotidiani rimane prevalente e, complessivamente, in aumento, secondo un recente studio Censis: nel 90% circa delle province italiane almeno il 60% degli spostamenti sistematici casa-lavoro avviene in auto ed in molte province si supera il 70%.
Soprattutto il Mezzogiorno vede un aumento dell’uso del mezzo privato. Centri importanti come Palermo, Catania e Bari fanno registrare, negli ultimi anni, incrementi compresi fra il 5% e il 10%, soglie che Crotone e Agrigento addirittura oltrepassano.
Un fattore che in parte può spiegare questi dati è legato all’insufficiente e inadeguata offerta di trasporto pubblico. Il calo degli investimenti nel settore, tra l’altro, ha prodotto uno stato generale di insoddisfazione fra gli italiani, che ne percepiscono l’evoluzione in termini molto negativi rispetto alla media europea. In effetti la qualità dell’offerta evidenzia tendenze al ribasso, con forti criticità proprio nel Mezzogiorno, dove un numero crescente di cittadini sopperisce ai disservizi grazie al mezzo privato.
Soprattutto laddove già oggi permangono condizioni di scarsa fruibilità ed efficienza del trasporto pubblico locale, in relazione a mezzi eccessivamente obsoleti oltre che al taglio delle risorse per la crisi della finanza pubblica, anche all’interno della aree urbane la mobilità continuerà in gran parte ad essere individuale, sempre più personalizzata, centrata sull’auto.
Del resto, negli ultimi decenni uno sviluppo scarsamente coordinato ha condotto alla formazione di grandi hinterland per lo più residenziali, all’interno di conurbazioni e regioni metropolitane di scala crescente, formazione che non è stata accompagnata da un adeguato ampliamento infrastrutturale. Pertanto, se all’interno del comune principale la quota di coloro che utilizzano il mezzo privato va diminuendo, nelle più ampie città metropolitane è possibile osservare un aumento diffuso. Proprio nelle città metropolitane è cresciuto il fenomeno del pendolarismo casa-lavoro, fattore che fa da traino alla domanda di mobilità espressa dal Paese. Gli italiani che si spostano quotidianamente per motivi di lavoro o di studio sono quasi 29 milioni (2,1 milioni in più rispetto a 10 anni fa). Circa 19,2 milioni sono i pendolari che raggiungono ogni giorno la loro sede di lavoro. Per contro gli studenti sono circa 9,7 milioni. I dati censuari sul pendolarismo, di recente pubblicati dall’Istat, consentono analisi approfondite sulle caratteristiche degli spostamenti. Fra le tante, è utile segnalare il dato in crescita di coloro che per necessità oltrepassano i confini del proprio comune (1,7 milioni in più), e che, in parte, devono farlo affidandosi al mezzo privato laddove il trasporto pubblico difficilmente è in grado di coprire efficacemente distanze extra-comunali.
Un fattore fondamentale è certamente relativo alla peculiarità dell’armatura urbana del Paese, storicamente molto articolata e variegata con un peso elevato delle medie e piccole città. Come mostrano i dati relativi ai sistemi locali del lavoro (aggregazione di comuni sulla base degli spostamenti casa-lavoro), quote importanti di italiani si muovono quotidianamente all’interno di ambiti territoriali di piccola dimensione. Un sistema insediativo diffuso e a bassa densità rende assai arduo e poco economico servire l’utenza con il trasporto collettivo, che invece è il più adeguato nei contesti di grande concentrazione e densità. Si va dunque verso uno scenario in cui l’utilizzo del mezzo privato si conferma come soluzione ineludibile per soddisfare le istanze di mobilità dei cittadini.
E l’inquinamento?
Le emissioni complessive di CO2 rilasciate dalla mobilità automobilistica dipendono dai coefficienti unitari di emissione (grammi di CO2/km) e dalle percorrenze (passeggeri*chilometro). Se in termini strutturali un fattore chiave della strategia di riduzione delle emissioni è lo spostamento di parte della domanda di mobilità privata a favore del trasporto collettivo e di una parte delle merci circolanti su gomma verso i vettori ferroviario e marittimo, è chiaro tuttavia che si tratta di obiettivi non facili da perseguire, che richiedono investimenti infrastrutturali molto rilevanti e tempi lunghi.
Come si è detto l’auto rimarrà centrale negli scenari futuri della mobilità e quindi è evidentemente fondamentale migliorare le prestazioni dei mezzi di trasporto in termini di efficienza energetica ed emissioni unitarie.
Anche in questo ambito le opzioni in cantiere sono quanto mai articolate, e riguardano contemporaneamente il breve e il medio termine.
Sul fronte dell’intervento a breve l’Unione Europea si è data un programma di limitazione delle emissioni di CO2 da parte di veicoli a motore, che ha influito in questi anni sul continuo miglioramento delle prestazioni delle nuove autovetture. Gli standard introdotti negli anni ‘90, denominati “Euro” e progressivamente numerati a partire dal numero 1, si sono fatti via via sempre più stringenti. Dapprima (fino ad Euro 4) attraverso una serie di Direttive (da recepire da parte degli Stati membri) poi (Euro 5 e 6) attraverso un Regolamento, per rendere immediatamente applicabili le norme in tutta l’Unione Europea, senza dover attendere le trasposizioni negli ordinamenti nazionali.
Un processo che è avvenuto con la collaborazione delle case costruttrici, e che ha comportato, e comporta tuttora, investimenti rilevanti a sostegno di un costante progresso tecnologico volto al contenimento delle emissioni nei limiti fissati dalla Comunità Europea. Simili sforzi hanno portato alla creazione di propulsori più piccoli, più leggeri e che consumano meno, pur non rinunciando alle prestazioni. Oltretutto non va dimenticato che l’impegno per la sostenibilità nella progettazione e realizzazione delle autovetture odierne non riguarda solo i motori. Tra le misure volte al risparmio energetico vi sono, ad esempio, l’introduzione di sistemi di illuminazione a led, oppure del sistema di spegnimento automatico del motore in sosta (“start and stop”).
Sebbene la strada che conduce verso l’obiettivo “impatto zero” sia ancora lunga, gli sforzi prodotti stanno già portando a risultati apprezzabili: a livello europeo le emissioni medie di CO2 tendono a diminuire in maniera costante con il progressivo rinnovamento del parco auto, favorendo nell’ultimo ventennio un miglioramento per quanto concerne la presenza dei gas serra nell’atmosfera.
Tuttavia, come hanno di recente osservato i vertici dell’Associazione dei Costruttori Europei dell’Auto (ACEA), solo il 5% del parco auto è composto da nuove vetture. E’ evidente che gli obiettivi europei sulle emissioni non possono essere raggiunti con interventi che coinvolgono esclusivamente questa minima percentuale di veicoli, bensì sviluppando un approccio combinato a largo spettro, in grado di proporre soluzioni che agiscano in ambiti diversi come quello della tecnologia, dei carburanti alternativi, dell’educazione alla guida e del miglioramento relativo al sistema infrastrutturale.
Dal punto di vista delle politiche europee per quanto riguarda i sistemi di propulsione alternativi, la strategia prevede di rimanere tecnologicamente neutrali, senza prendere posizione a favore di una specifica tecnologia o di un’altra (veicoli ibridi, solo elettrici, a idrogeno, biocarburanti), lasciando che sia il mercato a decidere quale sarà la soluzione vincente.
Nel contesto attuale la propulsione ibrida, che combina due sorgenti di alimentazione, un sistema a combustione interna ed un motore elettrico, è già oggi una realtà importante e di fatto può essere considerata una tecnologia ponte tra passato e futuro, tra la trazione basata sui combustibili fossili, e quella che punta sull’energia elettrica. Il vantaggio rispetto a un’auto elettrica è dato principalmente dall’autonomia di marcia, cosa che rende questo tipo di vetture una reale alternativa alle auto con propulsione tradizionale. Naturalmente le vetture ibride non sono a zero emissioni allo scarico come quelle elettriche. La presenza del motore termico comporta infatti l’emissione di CO2 e altre sostanze inquinanti derivanti dalla combustione dei derivati dal petrolio, ma il fatto di usare in sinergia un propulsore elettrico riduce il livello di inquinamento emesso specialmente nel traffico cittadino. Nella versione “plug-in” l’auto ibrida è invece un veicolo che utilizza in parte energia elettrica prelevata dalla rete ed accumulata in apposite batterie per muovere il mezzo e che quindi può viaggiare, per qualche decina di Km, anche in modalità completamente elettrica.
Naturalmente l’assenza di emissioni e la silenziosità sono i grandi vantaggi della trazione elettrica, considerata nel futuro a medio-lungo termine la soluzione chiave per il trasporto individuale, ma che oggi rappresenta poco meno dello 0,1% del mercato.
Ciò che oggi limita fortemente la penetrazione sul mercato dei modelli elettrici è come noto il problema delle batterie, la cui autonomia di marcia consentita è ancora bassa ed il cui costo è ancora elevato. Ma i progressi degli ultimi anni in questo senso sono già stati sensibili grazie all’arrivo sul mercato di batterie più compatte, efficienti e più economiche. Al riguardo le previsioni sono di un continuo miglioramento delle prestazioni e di una progressiva riduzione dei costi, cosa che potrebbe portare tra 5-6 anni ad avere un livellamento dei prezzi per le city car elettriche rispetto ai modelli omologhi con motore a combustione interna, così da far diventare l’auto elettrica un’alternativa credibile e realmente conveniente per gli automobilisti, sia dal punto di vista economico che da quello ambientale.
Naturalmente oltre alla ricerca sulle batterie l’altro fattore fondamentale è quello delle infrastrutture. Attualmente sul territorio nazionale sono presenti meno di 800 colonnine per la ricarica. Il Governo ha annunciato al riguardo che investirà 32 milioni di euro nei prossimi tre anni, tramite il piano nazionale infrastrutture elettrico, per la realizzazione di 20mila stazioni di ricarica per le auto elettriche nel nostro Paese.
Indubbiamente permane la necessità di stanziare ulteriori risorse economiche volte ad incentivare la compravendita di mezzi ecologici e abbatterne i costi di mantenimento. Molti paesi europei si sono mossi e si stanno muovendo in una direzione ben precisa, con agevolazioni che agiscono in maniera prevalente sulle tasse di circolazione e registrazione, e che spesso si coniugano con i bonus d’acquisto. In Italia questa logica sembra essere penetrata solo parzialmente, con esenzioni complete ma non continuative a favore delle sole auto elettriche. Ne consegue un andamento delle immatricolazioni di vetture ibride ed elettriche in crescita eppure ancora residuale in termini percentuali. Infatti, se è vero che l’Italia è il paese con la più alta quota di auto che sfruttano combustibili alternativi, allo stesso tempo va osservato come tale quota sia da ascriversi alla presenza preponderante di motorizzazioni a gas (GPL e metano), con un impatto ambientale più moderato ma comunque superiore rispetto alla controparte elettrica o ibrida.
Anche il recente studio condotto dall’Unione Petrolifera sostiene che nei prossimi 15 anni la percentuale di veicoli elettrici presenti sulle strade italiane sarà destinata ad aumentare di un misero 0,5%. Ciò significa che per la fine del 2030 i veicoli a zero emissioni presenti in circolazione in Italia saranno all’incirca 150.000, rispetto ai 5000 di adesso. Numerose sono le cause rintracciabili all’origine di questa mancata spinta verso una mobilità più sostenibile, a cominciare dalla carenza di infrastrutture: la mancanza di un’adeguata rete di colonnine di ricarica funzionanti rende ogni proprietario di auto poco incline a sostituire il proprio vecchio veicolo con uno nuovo a emissioni zero, nonostante la disponibilità di aziende che mettono a disposizione di ogni cliente una valutazione online del veicolo di cui ci si vuole disfare a titolo del tutto gratuito. Il ritiro programmato dall’azienda stessa ed il pagamento rapido e sicuro sono ulteriori vantaggi che questa nuova modalità incentivo alla vendita di mezzi vetusti mette a disposizione della propria esigente clientela.
L’approvazione degli incentivi fiscali previsti per chi decide di abbandonare il veicolo tradizionale alimentato a benzina o diesel per un’automobile elettrica potrebbero determinare un cambio di tendenza anche in Italia, portando il nostro Paese ad allinearsi al resto d’Europa.
Il rapporto stilato dall’Associazione dei costruttori europei permette di dare un’occhiata a quanto accade al di fuori dei confini italiani nel settore della vendita delle automobili ibride: al primo posto nella classifica di vendita di veicoli a zero emissioni c’è la Norvegia, dove nel 2016 si può dire ormai che un’auto su tre funzioni tramite alimentazione elettrica. Non sono meno della Norvegia altri Paesi europei, come la Svizzera, i Paesi Bassi e la Svezia, in cui le immatricolazioni di veicoli cosiddetti “ecologici” per il 2016 si attestano rispettivamente al 4,14%, 3,33% e 2%. Incoraggianti nei confronti dello sviluppo del settore automobilistico elettrico sono anche i dati provenienti dalla Spagna, dalla Germania, dalla Francia (+54% nel primo semestre 2016 con 12.338 vetture elettriche) e dalla Gran Bretagna (+21,3%).
I vantaggi maggiori che l’Italia otterrebbe da una campagna di investimento nel campo della mobilità sostenibile riguarderebbero la salute dell’ambiente e dei cittadini. Una presa di coscienza in questo senso è pertanto essenziale, nonostante l’inspiegabile decisione dell’Unione Europea di raddoppiare i limiti di emissioni inquinanti di monossido di carbonio, con le intuibili conseguenze dannose sulla salute di noi tutti.
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