FEDERICO ALLA CARICA: PIÙ CAPPELLACCI E MENO SUSHI

Gastronomia trascendentale

DILETTO SAPORI, IL SOCIOLOGO DEL CONVIVIO. La Sociologia Clinica ci dice che il Convivio, mangiare insieme, è tra le attività sociali più importanti svolte da un uomo nella sua vita. Prima, il lavoro, certamente: più della metà delle ore di veglia di una vita; seconda, la famiglia, passiva da piccoli e attiva da grandi; terza, proprio il convivio. La documentazione giornalistica e televisiva sul tempo che passiamo a tavola o comunque a nutrirci vive oggi l’ipertrofia dell’aspetto strettamente gastronomico: cuochi superstar, mille rubriche di cucina, tante ricette, quasi si volesse nascondere che a tavola ormai soprattutto si parla, si socializza, ci si conosce, si scambiano esperienze, s’impara uno dall’altro, si fa comunità. La gastronomia di Diletto Sapori è, dunque, trascendentale: trascende cioè la cucina e il piatto (pur considerandoli seriamente) e decolla verso orizzonti della memoria, dell’evocazione e dell’amicizia facendo capire come a tavola si crei società. Luoghi, collegamenti, ambiente, si abbinano pariteticamente al cibo per illustrare come un buon pranzo sia ben più del semplice (o complesso) menù. E come atmosfera, compagnia e suggestioni varie provenienti dal cibo ci portino gli uni vicini agli altri sollecitando, come poche altre esperienze, voli della fantasia e della memoria, creando confidenza. Ed ecco allora profilarsi nei consigli, impliciti o meno, di Sapori un altro tipo di “oste”, di locale, di degustazione.
Diletto Sapori fornisce esperienze rieducative rispetto al cibo, e non soltanto ai ristoranti: Diletto si occupa anche di ricette, ma ben al di là del loro contenuto gastronomico, pur sempre presente. Infatti, gli ingredienti sono compagni di strada di un passato e di un luogo, le cotture sono sempre espressione di storia e di civiltà, la mise en place è una scelta di comunicazione, il galateo a tavola una gamma di codici di comunicazione e rispetto, propri ciascuno di un diverso target (ma sempre presente). D’altra parte, cosa aspettarsi da una persona che ha studiato sociologia e che la madre volle chiamare Diletto e il cui padre si chiamava Sapori, se non… dilettarsi di sapori e dei loro trascendenti, importanti effetti sociali? Così dice di lui il suo migliore amico, il sociologo fondatore della Sociatria Organalitica, già docente universitario di Sociologia, Sergio Bevilacqua.

Sergio Bevilacqua

Sergio Bevilacqua
di cui è alias Diletto Sapori, è sociologo e sociatra, editore e scrittore. Già docente di Sociologia Generale presso l’università LUMSA di Roma, è il fondatore della Sociatria Organalitica, che presenta una nuova via alla scienza sociologica, confermata da circa 1000 interventi clinici sulla società umana (aziende, enti pubblici, Stati, famiglie, associazioni, sanità, convivio, ecc.) in 50 anni, anche attraverso attività d’impresa di servizi di consulenza. Ha pubblicato diversi saggi di sociologia e lavori letterari. Nel 2020 ha pubblicato il saggio “Introduzione alla Sociatria” che è stato libro di testo universitario, nel 2021 “Sociologia dell’Arte” avvio di una riflessione dell’estetica basata sulla visione sociatrica. Scrive da decenni su numerose testate nazionali e internazionali. La Sociatria Organalitica considera il Convivio la quarta più importante area di socialità umana, dopo economia e lavoro, famiglia, tempo libero.

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Gen 15

FEDERICO ALLA CARICA: PIÙ CAPPELLACCI E MENO SUSHI

Ferrara: in tempo di zucca, all'attacco dei sushi!

di Diletto Sapori

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Non solo Diletto Sapori è capace di fare vere guerre per difendere il sacro suolo gastronomico italiano, celebrandone la varietà e ricchezza: vi sono giovani (o, meglio, ormai… giovanili!) che senza dubbio alcuno e senza additare le patrie culinarie voluttà, come io son costretto dall’anagrafe, procedono imperterriti come crociati alla difesa dell’italico Santo Sepolcro di cotture e sapori, simbolo dell’eterna resurrezione del nutrir godendo proprio del Bel Paese.

Sarebbe uomo d’altri tempi, ma non vicini, il nostro ricciuto anfitrione: un cavaliere medievale senza macchia e senza paura, all’assalto del male e del mediocre, della stupida attrazione di gente ordinaria o pretenziosa verso piatti lontani dal nostro mercato e dal nostro gusto. Così, il prode Federico, al grido di “Artusi lo vuole!”, fa calare lo spadone su pesce crudo non degustabile in modo avveduto, e piatti esotici dai nomi impronunciabili nonché ininquadrabili nel banchetto italiano… Nelle mani di incauti gnignisciasi (questo cacofonico appellativo pesa sugli orientaleggianti detrattori della nostra splendida gastronomia!) operano incerti i bastoncini, assassini delle foreste, non il solido acciaio Solingen (ma diamolo, diamolo un contentino ai nostri vicini d’oltralpe, così sacrificati da un mangiare nebbioso!) su piatti non valutabili, se non dopo una clausura in case di carta, alla faccia (gialla) dei terremoti.

E noi caucasici, e lui alto e biondo, magari costretti a uno stile d’ossequio tutt’altro che consono a solidi glutei e spalle padane… Non sia.

“No! Non sia più! Più cappellacci e meno sushi!”: l’urlo dell’Highlander Federico risuona all’interno delle mura erculee della delicata e preziosa Ferrara, in un angolo di sogno bucolico con l’aspetto di un antico podere. Ma, altra magia, siamo a due passi dalla Piazza Ariostea a quattro passi dallo splendido Castello Estense… Miracolo, miracolo! La campagna in città! Ma nulla è impossibile al grido di “Artusi lo vuole!”… Quando un tal nume protettore s’impegna davvero, può succedere un pandemonio… o meglio un “pan d’Iddio”! Perché anche sul pane, il ristorante Principessa Pio www.principessapio.it difende la tradizione ferrarese: il forno interno lo produce con maestria.

Miei cari, miei cari, colgo già la vostra emozione… Sappiate che è solo l’inizio!

Cappellacci di zucca (ancora per poco, la produzione di zucca dell’orto accanto sta finendo…), salama da sugo (ma signori, nel mezzo della tavola, col cucchiaio!) col solo purè di patate nel piatto, una geniale carne affumicata che si scioglie in bocca alla faccia (sempre gialla) della costosissima Wagyu di Kobe e, per i più piccoli o per quelli che, come me, provano piacere a rivangare i sette anni d’età, una strepitosa cotoletta alla bolognese, tanto curata da intenerire per l’accudimento… Non mi dilungherò (non vorrei ingolosirvi, dato il mio scopo trascendentale), sulla versione da banchetto estense dell’emiliano pasticcio denominato “bomba di riso”, da me sovente criticato. Ebbene, anche Diletto dovette qui ricredersi e, facendo atto di dolore, si pentì della maledizione a suo tempo scoccata contro una tal confusione in cucina: qui, come per incanto, i molti sapori del pasticcio si compongono anziché in squallido miscuglio, in elevatissima sinfonia. E, altroché abbondare sulla bocca degli stolti! Il riso qui abbonda sulla bocca dei gourmet! Per finire, sorpresa delle sorprese, prezzi umanissimi, da italici di oggi. Mi sarei irrigidito, non avrei avuto il coraggio di suggerire un ristorante, io che amo i mercati, se tutto non quadrasse alla perfezione, senza trucchi. Onore al merito, e al conto!

Una lunga, lunga storia, vuole questi terreni interni alle mura erculee di proprietà della famiglia di Federico da tante generazioni, fino a perderne la memoria nel 1700… Una stirpe di umanissimi ferraresi, con tutta l’epopea dell’esser padani ed emiliani: prima la terra, che è lavoro ed “…è bassa!”. Poi, il “Sao ke kelle terre…”: notai, per generazioni. Da ultima, la più grande delle sorprese: quale richiamo ha portato il sorriso di Diletto Sapori qui, nell’unico verde agricolo in centro di una civilissima antica città, la suggestiva Ferrara? Ebbene, non ci crederete: come me e molti di voi, Federico, combattente dell’italica tradizione, ha madre reggiana.

Il Crostolo nelle vene, un marchio di fabbrica… Ed eccomi, ancora una volta, a trascendere la gastronomia. Quando, quando terminerà questo viaggio, il vostro Diletto Sapori…?

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