C’È PROSCIUTTO E PROSCIUTTO…

Gastronomia trascendentale

DILETTO SAPORI, IL SOCIOLOGO DEL CONVIVIO. La Sociologia Clinica ci dice che il Convivio, mangiare insieme, è tra le attività sociali più importanti svolte da un uomo nella sua vita. Prima, il lavoro, certamente: più della metà delle ore di veglia di una vita; seconda, la famiglia, passiva da piccoli e attiva da grandi; terza, proprio il convivio. La documentazione giornalistica e televisiva sul tempo che passiamo a tavola o comunque a nutrirci vive oggi l’ipertrofia dell’aspetto strettamente gastronomico: cuochi superstar, mille rubriche di cucina, tante ricette, quasi si volesse nascondere che a tavola ormai soprattutto si parla, si socializza, ci si conosce, si scambiano esperienze, s’impara uno dall’altro, si fa comunità. La gastronomia di Diletto Sapori è, dunque, trascendentale: trascende cioè la cucina e il piatto (pur considerandoli seriamente) e decolla verso orizzonti della memoria, dell’evocazione e dell’amicizia facendo capire come a tavola si crei società. Luoghi, collegamenti, ambiente, si abbinano pariteticamente al cibo per illustrare come un buon pranzo sia ben più del semplice (o complesso) menù. E come atmosfera, compagnia e suggestioni varie provenienti dal cibo ci portino gli uni vicini agli altri sollecitando, come poche altre esperienze, voli della fantasia e della memoria, creando confidenza. Ed ecco allora profilarsi nei consigli, impliciti o meno, di Sapori un altro tipo di “oste”, di locale, di degustazione.
Diletto Sapori fornisce esperienze rieducative rispetto al cibo, e non soltanto ai ristoranti: Diletto si occupa anche di ricette, ma ben al di là del loro contenuto gastronomico, pur sempre presente. Infatti, gli ingredienti sono compagni di strada di un passato e di un luogo, le cotture sono sempre espressione di storia e di civiltà, la mise en place è una scelta di comunicazione, il galateo a tavola una gamma di codici di comunicazione e rispetto, propri ciascuno di un diverso target (ma sempre presente). D’altra parte, cosa aspettarsi da una persona che ha studiato sociologia e che la madre volle chiamare Diletto e il cui padre si chiamava Sapori, se non… dilettarsi di sapori e dei loro trascendenti, importanti effetti sociali? Così dice di lui il suo migliore amico, il sociologo fondatore della Sociatria Organalitica, già docente universitario di Sociologia, Sergio Bevilacqua.

Sergio Bevilacqua

Sergio Bevilacqua
di cui è alias Diletto Sapori, è sociologo e sociatra, editore e scrittore. Già docente di Sociologia Generale presso l’università LUMSA di Roma, è il fondatore della Sociatria Organalitica, che presenta una nuova via alla scienza sociologica, confermata da circa 1000 interventi clinici sulla società umana (aziende, enti pubblici, Stati, famiglie, associazioni, sanità, convivio, ecc.) in 50 anni, anche attraverso attività d’impresa di servizi di consulenza. Ha pubblicato diversi saggi di sociologia e lavori letterari. Nel 2020 ha pubblicato il saggio “Introduzione alla Sociatria” che è stato libro di testo universitario, nel 2021 “Sociologia dell’Arte” avvio di una riflessione dell’estetica basata sulla visione sociatrica. Scrive da decenni su numerose testate nazionali e internazionali. La Sociatria Organalitica considera il Convivio la quarta più importante area di socialità umana, dopo economia e lavoro, famiglia, tempo libero.

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Gastronomia trascendentale

Mag 31

C’È PROSCIUTTO E PROSCIUTTO…

Da via Panisperna, con i suoi "ragazzi" immortalati da Gianni Amelio, passando per Ariosto, Petrarca e Manzoni, sempre seguendo il profumo di prosciutto!

di Sergio Bevilacqua

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Un bel giorno di primavera, uscendo dalla sua sobria magione di Roma, rinominata ariostescamente “Parva sed apta mihi”, il vostro Diletto Sapori sentì che era giunto il momento di fare il punto su un alimento fondamentale e storico di tutto l’occidente, cristiano e pre-cristiano: la gamba di maiale stagionata altrimenti detta prosciutto.

Come mai ciò accadde a pochi passi dal Quirinale, palazzo reale di decine di papa-re cattolici e ora sede della Presidenza della Repubblica Italiana? Perchè non accadde invece ove la madre lo battezzò Diletto, nelle terre d’Emilia, in cui il culto del prosciutto travalica il marchio del “Prosciutto di Parma” e s’espande in tutto il reggiano il modenese il bolognese di qua, il piacentino di là, fino a passare il Po, nel mantovano? Perché, ancora, non nelle varie e bellissime terre venete, ove il Sapori visse e ove l’aria del golfo di Venezia essica le zoccolute cosce nella ridente cittadina collinare di S. Daniele?

Il pensiero di quella magica gamba dai profumi sublimi e dal gusto irresistibile, sana e dal grasso buono sia al palato che alla digestione, si aggirava quel dì nella mente meditabonda del vostro Diletto. Quand’ecco che, nel centro geometrico della Città Eterna, a pochi passi dalla salita del Grillo, famosa per il popolare Marchese di sordiana memoria (non Beppe), una delle bellissime insegne viarie della caput mundi, scolpite in bianca pietra, segnalava: via Panisperna…

Oh ma che nome! Astruso, pare… E siamo proprio lì, alle porte della Suburra, il quartiere del popolo dell’antica Roma, prima che alla fine dell’ottocento sui monti attigui crescesse il borghesissimo quartiere paradiso-urbano di Roma (Monti, appunto, altrettanto avulso dal nome dell’ex premier…).

Cari amici, io pensavo al prosciutto e, davanti a me, apparve la via Panisperna! Il messaggio trascendentale fu chiarissimo: panis, il pane, e la perna, la gamba… Il panino al prosciutto! Fui così messo di fronte magicamente a una responsabilità civile che non potevo non onorare: riportare alla mente di ciascuno un classico cibo di tutti, alla faccia di McDonald… Prima, ma molti, molti secoli prima delle sue criticabilissime hamburger, qualcuno aveva celebrato, con tutt’altra insegna, un sempre dell’alimentazione umana occidentale! Pensereste mai che un domani potremmo trovare una “via Paninoconhamburger” oppure “via Hamburgermcdonald”? Spero che nessuno concepisca tale orrore nella propria mente…

Invece, lettori miei, com’è bella e musicale via Panisperna, l’antica via Paninoalprosciutto! Chissà se la fisica moderna, così indebitata con Enrico Fermi e i suoi “ragazzi di via Panisperna”, sarebbe stata diversa senza la suggestione di quel nome e del suo correlato gastronomico… Intanto il bravo regista Gianni Amelio ce lo ha ricordato in un importante film.

Se ciò fecero i Romani col loro latino (alla base delle lingue occidentali, come il prosciutto è alla base del nutrirsi dell’ovest…), non deve anche il vostro Diletto spezzare un’umile lancia a favore della maestà della gamba stagionata, contro la diffusione di tutt’altro “nutrir che spirto teme” (questo motto è di mio conio, sembra soltanto dell’Ariosto succitato…)?

Ed ecco allora affacciarsi alla memoria semi secolare episodi che, uno sull’altro come fette di prosciutto profumato e dolce, compongono la vostra lettura ad assomigliare al ripieno dello storico panino…

Sardegna, 1998: “Maledetti, maledetti…” raccolsi questa imprecazione rivolta a forze dell’ordine che, nei pressi d’Orgosolo, erano entrate in un casolare a bruciare quella meraviglia che è il prosciutto sardo (se non lo conoscete, non potete dire che sapete che cosa è un prosciutto). Ebbene sì, è vero: avevano mancato alle regole della sua produzione, l’avevano fatto come “sempre” e non col rispetto della legge d’oggi… Ma perché, perché quel ben di dio diveniva fumo, quando le stesse regole sono infrante con sfacciato coraggio anche a Langhirano o a S. Daniele, aprendo le lunghe finestre dei prosciuttifici all’aria esterna, provvidenziale per l’essicazione ma proibita dalla legge? Quell’aria che a Langhirano s’insinua dalla Liguria nei passi appenninici e, cavalcando il Taro, raggiunge le finestre astutamente aperte dai prosciuttai, con un occhio alle divise in circolazione? “Nemmeno nei prosciutti, la legge è ugual per tutti…” (proverbio saporiano).

Ma cerchiamo anche il più bello. La verde Sauris… Piccolo paese del Friuli carnico in odor di Cadore, popolato da 400 anime, ciascuna con 2 gambe umane e 100 gambe di maiale. Leggermente affumicato, il prosciutto di Sauris (non di Sauron) è come l’hobbit nella nostra saga de “Il Signore dei porcelli” (non degli Anelli), che con i giganti di Parma e S. Daniele compete in una posizione di nicchia, ma elevatissima di gusto e filosofia.

E in tutt’altro altrove giungiamo quasi alla vista der cupolone e giù nell’agro-pontino per trovare ancora un provvido emblema d’arte lardaiola: siamo a Bassiano, dove la salatura diviene l’occasione per attribuire aromi, col vino di casa e l’aglio. E come una bella donna che mostra “il davanzale” anche questa gamba vien spogliata un poco in più da cotenna, affinché l’abile e profumata salatura penetri maggiormente e con essa l’originale aroma.

Non mi sentirei a posto con l’onestà della memoria se non ricordassi in un andirivieni lungo lo Stivale che anche Montagnana di Padova ci prova: un prosciutto intimo quanto le rime del Petrarca (che nell’euganea Arquà poco distante ha lasciato il segno indelebile del suo sepolcro), avvalorato, nella stagionatura, dalle cantine di pregiata e controllata umidità che consentono un’affinatura del prodotto con pochi uguali.

Abbiamo tralasciato i tanti milioni di prosciutti marchiati con la corona di Parma, e anche gli oltre due milioni di S. Daniele: due prodotti simili nel rigore della produzione, con sfumature estetiche ma non sostanziali. Prodotti che nascono da secoli di stagionatura da 12/18 mesi, che recentemente sono evoluti nell’eccezionale dell’alta stagionatura (dai 24 ai 36 mesi e oltre), reso possibile con le loro carni, col luogo giusto e con alcune tecniche moderne e sempre tanta passione…

Dulcis in fundo, il fioretto migliore d’Italia, sceso in campo per difenderci da zoccoli neri d’Estremadura magari reserva bellote e serrani iberici vari: il Cinta senese. Maiali al pascolo, carni asciutte da stagionatura prolungata, sapore intenso e sul ring salgono i pesi massimi: ma, dopo Ariosto, Amelio, Petrarca non poteva mancare Manzoni, con il suo “Ai posteri l’ardua sentenza”… Sul rapporto prezzo-qualità, amici, non dubitate: se il Monte dei Paschi di Siena (banca in ormai semisecolare turbolenza…) fosse di questi paschi dei maiali della Cinta senese, l’Italia sarebbe tutt’altra, e metterebbe in ginocchio il mondo intero, come il prosciutto di Cinta senese fa col Pata negra, al di là delle leggende pubblicitarie.

E non maramaldeggia, parola trascendente il nutrirsi e la bulimia… Parola di Diletto Sapori!

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