questa mattina a damasco
Ma il regime indica come responsabili le bande terroristiche dei ribelli
SIRIA | Un veicolo della squadra di ispettori dell'Onu in Siria incaricato di indagare sul presunto uso di armi chimiche è stato colpito dal fuoco di cecchini. Secondo gli attivisti del Comitato di coordinamento locale di Muaddamiya, la cittadina dove sarebbero dovuti entrare gli ispettori, ad aprire il fuoco sono stati i cecchini delle milizie fedeli ad Assad. Il regime siriano, invece, accusa «bande terroriste» di aver aperto sparato contro il convoglio di auto. In realtà anche prima due colpi di mortaio erano stati sparati contro il quartiere residenziale di Damasco dove si trova l'hotel che ospita gli ispettori Onu. Eppure il governo siriano e le forze ribelli si erano accordati per un cessate il fuoco per consentire agli ispettori delle Nazioni Unite di operare in sicurezza.
SPARI CONTRO CONVOGLIO ONU | Non si sbilancia nel riportare i fatti invece il portavoce delle Nazioni unite, Martin Nesirky che si limita a dire: il veicolo è stato «deliberatamente raggiunto da diversi spari di cecchini non identificati» a Damasco, in una zona cuscinetto che si trova fra l'area in mano ai ribelli e il territorio controllato dal governo. Fortunatamente non ci sono stati feriti e il team non appena l’auto è stata sostituita ha raggiunto, come stabilito, la zona teatro del presunto attacco con gas letali.
LO SCETTICISMO DEGLI USA | Solo ieri la Siria aveva acconsentito l'ingresso degli ispettori nell’area di Ghouta, teatro del presunto attacco dove, secondo gli oppositori al regime centinaia di persone sono morte a causa dei missili a gas nervino. Nonostante questa apertura gli Stati Uniti e i loro alleati sono molto scettici sul risultato. Sostengono che il bombardamento condotto dal governo sulla zona negli ultimi cinque giorni abbia cancellato le prove e che l'apertura della Siria sia tardiva. Come riporta il Wall Street Journal, un alto funzionario dell'Amministrazione Usa ha affermato: «Se il governo siriano non aveva nulla da nascondere e voleva dimostrare al mondo di non avere fatto uso di armi chimiche in questa circostanza, avrebbe dovuto far cessare gli attacchi nella zona e consentire un accesso immediato dell'Onu cinque giorni fa. A questo punto, ha aggiunto il funzionario, l'offerta giunge «troppo tardi per essere credibile» anche perché «le prove disponibili sono state inquinate in maniera significativa a seguito dei continui bombardamenti del regime e di altre azioni intenzionali avvenute negli ultimi cinque giorni».
Lunedì 26 agosto 2013