una favola conviviale che tutti devono conoscere
Diletto Sapori, sociologo del convivio, e Sergio Bevilacqua, sociologo generalista, combinano le loro visuali in un terzo caso antropologico di convivio, dopo Pietro Leemann già del Joia (Milano) e la Clinica Gastronomica Arnaldo tra Modena e Reggio
di Sergio Bevilacqua e Diletto Sapori
Due autori? Vedo doppio?
No. Sergio Bevilacqua ha voluto spezzare una lancia personale, da sociologo generalista, a favore del suo avatar Diletto Sapori, sociologo del convivio, perché dentro al cuore, per la terza volta nella sua lunga ormai esistenza, un ristoratore è apparso come un personaggio di levatura sociologica generale, un caso, cioè di “spirito di un popolo”. Nella lunga carriera di sociologo del convivio, ciò è successo a Diletto Sapori soltanto tre volte! E Sergio Bevilacqua non poteva non dire la sua.
Ed ecco i tre casi, vissuti in diverse epoche dell’esistenza, ma la cui esperienza non mi ha mai abbandonato:
Ed eccoci al terzo caso, ove Diletto e Sergio si scambieranno i “cappelli” per dare la giusta impressione di questo raro fenomeno: un piccolo-grande miracolo di storia e cultura, di società umana che vede “il Rosso” trovare un’interpretazione suprema, nella capitale di una isola affascinante e unica, l’Isola di S. Pietro, di Sardegna…
Rosso, dunque, nella carne del tonno, rosso in Andrea nel nome (di cognome fa Rosso appunto, nomen omen dicevano i latini, un nome che è un presagio, soprattutto quando si abbina a quello della amata sua consorte, che, senza parentela, faceva da nubile pure Rosso di cognome) e addirittura nei capelli, oggi canuti; rosso nelle storiche rivendicazioni di lavoratori battellieri nella sede di Palazzo Cavallera, rosso nelle stupende albe e tramonti di questo pezzo di Italia che è la piccola isola di S. Pietro con capoluogo Carloforte, rosso nel sangue del mito delle tonnare, rosso nella porpora dei fenici che qui albergarono millenni or sono…
Ma lui, il visionario cuoco del ristorante Andrea al Cavallera di Carloforte, lui lo sa?
Sa, il Rosso, di essere questa figura emblematica e cristallina di un caso di grande umanità e del rosso in cucina qui, estrema propaggine mediterranea dell’Italia, con il colore del tonno? Secondo me no, e qualcuno glielo deve dire... Ma ne è intriso e sprizza salubri contenuti rossi da tutti i pori. Lo sanno tutti quelli che lo conoscono: lo dico perché insieme a Diletto Sapori, solitamente interessato a ciò che può fare il convivio (moltissimo!) sull’umano, abbiamo condotto una veloce indagine, come insegnai ai miei studenti universitari LUMSA in tecniche di ricerca sociale, tramite un breve questionario somministrato oralmente a molti testimoni. Lo scopo? Identificare la sostanza, l’esperienza trascendentale del rosso in Andrea, ristorante al Cavallera. Il risultato? Tutti (proprio tutti, soprattutto i carlofortini) hanno mostrato rispetto, stima, affetto. Gli stessi sentimenti che Andrea Rosso di Carloforte, il miglior chef del mondo (prego, contraddire a ragion veduta e spiegata) per un prodotto identitario dell’alimentazione umana come il tonno (in particolare quello ottimo del Mediterraneo e proprio di S. Pietro), ha ispirato immediatamente in me (in noi, insieme a Diletto Sapori).
Ma come… del mondo? Da una minuscola isola italiana, il migliore del mondo? Sì, perché nel mare qui davanti, a occidente, transitano i branchi di questi meravigliosi animali che sono i tonni, che viaggiano insieme, e che pesano dai 40 ai 400 chili. Andrea li conosce da quando è nato, i suoi due nonni erano, già loro, operatori della pesca più colorata (rossa!) e caratteristica del mondo, e lui la visse fin da bambino.
Non sarebbe mai abbastanza presto per passare la parola a Diletto, al vero senso di piatti, trattamenti, cotture e accostamenti del vero re dei tonni del mondo, quello di Carloforte, ieri accaparrato in gran parte dai giapponesi a prezzi favolosi, con un’eclissi negli ultimi due anni che spiegherò per bene in un altro articolo che seguirà sull’argomento, dedicato appunto alla sua pesca e manifattura macro artigianale. E scoprire il senso trascendentale (come è la sociologia del convivio, trascendente la gastronomia) del tonno oggi, dal momento che a Carloforte è rimasta una scheggia dell’antichità, esplosa col mercato globale e le fusioni gastronomiche… Ma consentitemi ancora una considerazione di sociologia generale: l’anima bella di Andrea Rosso ha compiuto un altro miracolo. L’ho capito la mattina successiva alla prima delle due degustazioni che ho fatto, quando l’ho trovato, insieme alla nipotina che portava in braccio, a qualche metro dall’entrata del suo ristorante, ed era come sempre solare, sorridente, solido e ottimista. A pochi passi dal porto, la struttura, aperta più che si può, sala e cucina, è ricavata in un palazzo storico che fu sede del sindacato dei battellieri («I battellieri erano stati i primi a organizzarsi in leghe sotto la guida di un socialista piemontese, un medico povero fra i poveri, il dottor Cavallera, il pioniere del socialismo in Sardegna», scrive Giuseppe Dessì) che operò per primo proprio sull’isola di S. Pietro. Ma lo stabile, conosciuto come Palazzo Cavallera, è anche lo stesso del teatro, e, allora, quante suggestioni vengono da tutti i cast di prosa e lirica che si sono messi in gioco su quel palcoscenico! Ed è qui che voglio arrivare: anche Andrea mette in scena un cast, una sua squadra, e ne ricordo quattro in sala, tutti bravissimi. Sembra che quei muri, che trasudano diritti dei lavoratori abbiano inoculato nel suo personale di sala una consapevolezza sindacale sostanziale, non rivendicativa, che vede nella pienezza morale e qualità della guida d’impresa il vero valore che fa crescere il lavoro e porta all’affermazione della professionalità organizzativa: una miscela accorata di competenze, attenzione al cliente, entusiasmo per il prodotto (un vero totem qui, il tonno!) e tanto, tanto rispetto per il bravo capitano storico e anche (“Ed è quasi una magia!” dice Diletto Sapori) per il suo erede e figlio Cristiano, che sta già accumulando il prezioso carisma necessario per la migliore transizione generazionale, sempre fase gravissima in ogni attività economica. E la squadra è anche buon teatro, capacità espressive come nei teatranti. Luca, un esempio originale di maître di sala, lo afferma esplicitamente: “…E lei non ha conosciuto Cristiano, che in questi giorni è a un evento professionale a Porto Scuso, in madre isola…” Diletto, come me, è stupito da quest’affermazione spontanea ed entusiasta: di solito carpiamo al personale critiche più che lodi, soprattutto quando si tratta della seconda generazione, potenzialmente concorrente ai lavoratori professionali per il ricambio futuro al fondatore…
Ringrazio Sergio, il generalista, ma ora tocca a me, Diletto Sapori, dire la mia. Un giovane carlofortino, dell’età di circa 30 anni e impegnato in tutt’altra attività, leggermente in carne (“Voglio essere circondato solo da uomini grassi…” fa dire Shakespeare al suo Giulio Cesare, che vede Cassio magrissimo ed emaciato, dall’aria rancorosa e insoddisfatta, ben prima che gli pianti il pugnale nel corpo insieme e Bruto…) mi fece precocemente l’inventario dell’offerta gastronomica della bell’isola dei genovesi tabarchini: “Ma prima di tutti, caro lei, c’è Andrea! Lui ha i suoi canali per ottenere il miglior tonno della pesca mediterranea ed ha la delicatezza e sensibilità, l’ingegno e la passione per condurlo alla bocca del fruitore nella migliore delle condizioni, cioè in tutti i modi in cui la tradizione e la fantasia lo valorizzano”. Suo parente, si direbbe, sospettai… Invece no; lapidario, ha lo sguardo illuminato: a noi sociologi non sfugge quando c’è la verità. Ed eccola. Strano che si mostri così… E questo è un altro segreto. Qui, nel lontano sud-est dei quattro mori, tra aree industriali metallurgiche fallite e tanta distanza dalle centrali logistiche del traffico turistico, a due traghetti di distanza dall’Europa continentale, siamo ancora vicini all’idea di sostanza propria della storia, ove la qualità è romanticamente assoluta, e non un’offerta più lucrosa nella gamma di ciò che si può vendere a turisti e viaggiatori. Siamo lontani dall’over-tourism, malattia diffusa nell’Italia di oggi e anche, sotto certe forme, di tanta Sardegna del nord-ovest. Alle soglie dell’isola di S. Pietro, bella più di tutte, nota per essere l’isola del genovese antico, degli antichi genovesi fuggiti dalla loro colonia Tabarka nella non lontana Tunisia, e approdati là, già pulsa il cuore Rosso di Andrea. Posso aggiungere sul maître Luca, che egli è l’energia, la positività e l’empatia di Andrea proiettata in sala, un grande assistente di tavola, felicissimamente coadiuvato da una coppia di commis e da un intelligente giovane sommelier, che si esprime in modo sostanziale e avvicina i clienti ai vini con grande senso pratico, competenza e, tratto comune a tutti qui, vera sim-patia, “sentire insieme” al cliente.
Il prodotto, poi, quasi parla da sé…
Ma sapete cosa vi dico? Sarò lapidario. Andate qui, https://www.ristorantedaandrea.it/ e sappiate che è tutto vero, anzi la verità è ancora più piacevole di ciò che è scritto e appare: se non mi credete non leggetemi mai più, perché Diletto Sapori scrive per voi, per i suoi lettori e non per fare pubblicità a chicchessia.
E lascio la parola ad Andrea Rosso:
“I miei nonni, erano uno in tonnara, in mare, uno a terra a lavorare il tonno. I piatti della mia memoria: prima il tonno sotto sale e poi si fa la caponata (capunada, l’insalata del marinaio), più mosciame a fettine… Poi, lessare il tonno (10 litri da 1kg fino a 4 kg di tonno) in inverno. E i tonni sono bestie anche di 400 kg, con uno scarto abbastanza contenuto, circa il 30%. Io conosco tutto del mercato del tonno che viene pescato in queste acque, con gli operatori più grandi siamo cresciti insieme, come PIAM tonnare Carloforte e Isola Piana oppure Althunnus, sulcitano. Papà cucinava il tonno, faceva lo stagnino lo inscatolava e usava l’esubero per la famiglia, trippa e mosciame. Poi succede che arrivano i giapponesi ad acquistare tutto il nostro tonno e io conosco uno chef che m’insegna a trattare il crudo. Poi, c’è l’avvento del Girotonno (n.d.r.: nel 2026 alla ventitreesima edizione, la fiera del tonno e dei suoi usi gastronomici) e a Carloforte ora lo mangiano tutti, il crudo. Si mangia il meglio a maggio, quando i branchi di tonni transitano proprio davanti all’isola di S. Pietro: la tonna ha le uova, e il maschio ha il figatello, la ghiandola seminale, più attiva. Con le uova si fa una bottarga grande e una piccola: 10-15 kg di uova per femmina, che, lavorate, perdono il 50 nella stagionatura, salatura e pressatura, che una volta veniva fatta con i sassi e, oggi, viene fatta a pressa di legno. Il nostro crudo viene da prove su prove, acquisendo esperienze dalle squadre tecniche giapponesi, e grazie all’esperienza diretta di tonnara…”
Il racconto di Andrea non finisce qui, mi parla molto di più… E lo citerò di nuovo nell’articolo che seguirà sulla trasformazione del tonno rosso di Carloforte da parte dei due principali operatori macro artigianali locali, PIAM e Althunnus.
Posso dire, per concludere, che siamo di fronte a un caso antropologico: come Pietro Leemann col vegetarianesimo, come Arnaldo Degoli con la cucina emiliana, anche qui si tratta di un gigante, i Rosso (Andrea e Cristiano), un gigante con il suo totem, il tonno rosso di Carloforte.
E ditemi voi se questa non è Gastronomia Trascendentale…!
(Testo A.I.free)
Giovedì 14 agosto 2025