ci ha lasciato il 28 giugno 2025 nella sua abitazone di Arese, Milano
Ebbe all’attivo molte decine di brevetti e un grandissimo senso umanitario: così affiorò tra i migliori elettronici del mondo occidentale, e le doti umane lo hanno mantenuto fino a ieri importante punto di riferimento di tecnologi, amici e congiunti
di Sergio Bevilacqua
Sto scrivendo su questo computer portatile che mi accompagna ormai da lustri, mentre un’icona si attiva sul suo schermo e mi mostra un messaggio dall’Argentina. Mi è richiesta una videoconferenza volante per parlare degli orizzonti della crisi iraniana. In tempo reale ricevevo informazioni dal summit europeo. E poco fa, pensando al grande ingegnere elettronico e manager industriale Mario Vinsani, che ci ha lasciato ieri 28 giugno 2025, son andato sul web a cercare altre informazioni oltre a quelle raccolte in numerosi (non posso dire quanto…) incontri con lui sul nostro passato presente e futuro tecnologico: ho trovato con sufficiente facilità dei pezzi interessantissimi su alcuni personaggi ed eventi del suo passato, cui in altre epoche mi ha fatto partecipare, con la gentilezza e lo spirito umanitario che lo hanno sempre contraddistinto. Ma un suono dello smartphone mi avvisa che la vettura, che non prenderò perché ho dovuto cambiare i programmi, è disponibile al parcheggio: mi bastano pochi click per liberarla per un altro utente e così liberarmi dal mio impegno anche finanziario del suo affitto. Avrei viaggiato benissimo, senza bisogno di particolare esperienza di luoghi e strade, ingombranti mappe cartacee, la memoria che non sempre ti è fedele, doti quali il senso di orientamento, grazie a un provvidenziale navigatore. Contemporaneamente, si mostra anche l’alternativa a tale possibile trasporto, con un software che ci consente di sfruttare un passaggio su una vettura privata, a prezzi modici e la possibilità di chiacchierare con un interlocutore qualificato da un profilo descritto e da referenze molteplici; “No grazie”, gli scrivo, e lui: “Alla prossima!”. Ho appena verificato in pochi secondi migliaia di voli aerei per una località a 10000 chilometri di distanza, dove ho conosciuto il fratello di un’amica: l’ho visto in skype e gli ho parlato di un altro amico che potrebbe essere utile al suo nuovo ristorante italiano, un gastronomo molto originale, Diletto Sapori, che scrive su diverse testate del web; lì poteva trovare le sue scritture di esperienze sociogastronomiche, anche se lui e il suo ristorante si trovano a Santo Domingo…
Avrete colto, nel piccolo della mia esperienza di qualche minuto, come della vostra e un poco di tutti, quanto la nostra vita è caratterizzata dalla presenza di tutte queste tecnologie una volta aliene ed astruse, e oggi alla portata di ciascuno. Cosa c’è dietro? Quale la grande rivoluzione che ci ha colpito, che ha colpito la vita di tutta l’umanità, più d’ogni altra negli ultimi 50 anni? Che “cosa” hanno in comune web, computer, smartphone, videoconferenze in tempo reale, immensi (mi verrebbe da dire infiniti, forse più corretto dal punto di vista del significato) archivi di dati e informazioni, automazione della logistica di ciascuno, fabbriche automatiche, comunicazioni dirette, immediate ed economiche worldwide…
Ebbene, la “cosa” che c’è dietro a tutto ciò si chiama “microprocessore”, familiarmente detto anche chip, il figlio più nobile e fortunato della tecnologia elettronica: in origine, una specie di ragnetto rettangolare, con zampette metalliche e corpo di silicio tutto attraversato da enormi quantità di circuiti, anche a molti strati, dove corrono, come in una microscopica pista di Formula 1, elettroni a generare tensioni che arrivano progressivamente a guidare il nostro piede, la nostra mente nelle decisioni e nella fantasia, le lavatrici, i televisori fino alle campane della vicina chiesa.
I nostri padri (se chi mi legge ha superato come me il mezzo secolo…) si stupivano dell’elettricità e del motore a scoppio, nonché delle sempre maggiori applicazioni dovute alla scoperta della radio… Noi di questa generazione saremo invece gli ultimi a stupirci ancora di qualcosa di pratico, che un gruppo di ingegneri e fisici italiani (Come… Marconi? Proprio. Come Natta? Eh, già! Come Fermi? Esatto…) ha scoperto e, su tutti, anche se per motivi differenti, due: Mario Vinsani di Reggio Emilia (lui preferiva essere considerato cadelboschese, ma oggi Cadelbosco di Sopra è attaccata a Reggio Emilia e anche se lui era nato là, dopo pochi anni ha abitato subito nel capoluogo e quindi noi lo abbiamo sempre considerato a tutti gli effetti reggiano d.o.c.come sono i cadelbooschesi tutti) e Federico Faggin, di Vicenza, insignito della National Medal of Technology and Innovation, il più alto riconoscimento USA in ambito scientifico.
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Mario Vinsani e Federico Faggin mentre riceve un'importante onorificenza dal Presidente USA dell'epoca |
Insieme a Federico Faggin, Mario Vinsani nacque professionalmente nel fertile seno della divisione elettronica dell’Olivetti, dove un altro grande della storia economica italiana (e della storia industriale del mondo), Adriano Olivetti, sperimentava uomini, scoperte, modi di fare impresa e organizzazioni. Mentre poi Faggin, fisico, parte per gli USA, dopo aver fatto una veloce carriera qui, passando per le più importanti aziende elettroniche presenti nel Bel Paese (allora anche Paese operoso e vigoroso d’industria avanzata), Mario Vinsani, ingegnere elettronico laureato all’Università di Bologna (ça va sans dire, summa cum laude) e poi uno dei primi Ph.D.italiani al Massachusetts Institute of Technology (M.I.T.) diventa e rimane per 50 anni il più importante manager di tecnologie elettroniche d’Europa, governando la ricerca applicata di centinaia di ingegneri e fisici (anche loro laureati in gran parte summa cum laude), dal prestigioso laboratorio progettato da Le Corbusier in persona a Pregnana Milanese per l’impresa elettronica e informatica della Olivetti (che diventa americana, nei primi anni ‘60, come General Electric e poi come Honeywell, fiore all’occhiello d’innovazione nella grande industria e tecnologia elettronica americana e quindi mondiale). Le sue responsabilità industriali si allargano a dismisura e, da Pregnana Milanese, il reggiano Vinsani coordina e gestisce, per decenni, attività di progettisti elettronici in tutto il mondo. Sua la sperimentazione dei primi microprocessori VLSI (Very Large Scale Integration), ad altissima densità di circuiti cioè, rasentando i confini della struttura atomica della materia.
Mario Vinsani ebbe all’attivo molte decine di brevetti e un grandissimo senso umanitario: le enormi qualità individuali lo fecero affiorare tra i migliori elettronici del mondo occidentale, ma le doti umane lo hanno mantenuto fino alla triste data del 28 giugno 2025, oltre la soglia dei novant’anni, importante punto di riferimento di tecnologi, amici e congiunti. È stato un uomo di grande modestia e di altrettanta dignità, con l’occidente dentro, l’industria dentro, la cristianità dentro. Ci ha lasciato dalla sua abitazione di Arese, Milano, Italia, ove ha vissuto la grande parte della sua esistenza provvida e umanissima, accanto alla moglie newyorkese Priscilla, deceduta qualche anno fa. Lascia un vuoto incolmabile, ma anche una memoria di grande rilievo per la nostra umanità moderna. I funerali si svolgeranno ad Arese, Milano. Per informazioni contattare il numero 335 5405405.
Domenica 29 giugno 2025