PROVVIDENZA E SPIRITO SANTO: UN OTTIMO LAVORO!
Capisco il tremore delle sue mani, e mi piace che sia così. Mi ha conquistato, anche il giorno dopo il grande “Habemus”, quando si è sforzato di mostrare occhi aperti a tutti, come Francesco. Quelli di Benedetto, li aveva mostrati il giorno prima
di Sergio Bevilacqua
Anche noi laici fantasiosi (e positivi) ogni tanto ci sorprendiamo e incontriamo i limiti del nostro essere tali… I dubbi assalgono, la trincea fideista si profila al nostro orizzonte, e sorridendo ci domandiamo se tutto può finire nel laicismo, comunque guidato da un sobrio e umile senso del bene, o se valga davvero la pena (pena scientifica…) di affidarci ad altro.
E già qui incominciamo.
Vado a memoria, perché la mia lettura di S. Agostino non è recente, ma nemmeno recente è la mia visione del mondo… Quindi, in fondo, c’è una certa coincidenza atemporale: così, il confronto tra la visione di un incallito sociatra organalitico e la visione antropologica di un padre di una grandissima religione, come quel sociologo l’ha sempre considerata, è valido tutt’oggi. Riguardo all’opera intellettuale e trascendentale di Agostino, egli è certamente una delle voci più chiare, lucide e interessanti antropologicamente e filosoficamente di quella che, non per orgoglio culturale, ma per concreta qualità saggistica, letteraria e morale, per esercizio semiologico diversificato si può dire essere la via religiosa più ricca di sollecitazioni, di pensiero, di organizzazione, di servizio morale, di rispetto dell’uomo e della donna, di ermeneutica in fondo tra tutte le credenze.
Il cristianesimo, e in particolare quello cattolico, ha mostrato nei millenni una eccellente capacità di rinnovarsi. Ma si può forse obiettare che il rinnovamento filosofico non è la sua essenza, ce n’è di più nell’ebraismo, che ha l’ermeneutica al centro di una visione consapevolmente meno definita… Credo che sia vero, ma non è forse troppo poco definita? Risposta impossibile. Spostandoci all’estremo opposto, non è che magari l’islamismo sia più efficace, perché sempre uguale a se stesso? Credo che ciò sia vero, ma… non è magari sbagliato? Risposta impossibile, forse.
Sta di fatto che la Chiesa cattolica, infrastruttura organizzativa globale, olistica, trascendentale, dunque dai confini curiosi per un sociologo sociatra, ha trovato questa volta (ma ho dei veri dubbi che non sia stato così anche tutte le altre volte… dubbio agostiniano, verrebbe da dire) una risposta ispiratissima alle sue esigenze di guida.
Ecco, ho calato il carico.
Sì, io ritengo che “Provvidenza e Spirito Santo”, eccelsa diade concettuale ed essenza per chi crede, questa volta abbiano davvero lavorato alla grande. Perché?
Riporto alcune considerazioni elaborate con i vertici accademici durante il mio periodo d’insegnamento di Sociologia alla LUMSA, università cattolica leader in Italia nelle Scienze sociali, umane, dell’Uomo (quelle che, cioè, non hanno un’epistemologia di certezza come le cosiddette scienze esatte). Eravamo in pieno tornado Bergoglio, un tornado che seguiva il tornado dell’esarivoluzione antropologica di allora e di oggi (1, Globalizzazione; 2. Ipermediatizzazione; 3. Ginecoforia; 4. Antropocene; 5. Transumanesimo; 6. Teleutofobia) e la Chiesa era un poco spaesata, con un pastore che seguiva tanto amorevolmente il gregge e dava l’impressione di essere poco attento alla tecnica della pastorizia: occorreva tenere i nervi saldi, perché le correnti varie soffiavano forte, si dava senso politico temporale a cose che solo in parte lo avevano, e la paura della confusione si poteva quasi toccare con mano. Coi nervi saldi e senza abdicare alle caratteristiche anche trascendenti della millenaria società che ha in Cristo intanto bandiera e guida, ci dicevamo che questo gregge esarivoluzionato avrebbe tratto giovamento da alcuni elementi principali:
1. Una guida fresca ed energica a livello manageriale (scusate il termine che può sembrare un poco blasfemo), che riguardava il corpo manageriale (scuse bis), cioè i Vescovi, unico livello organizzativo di quella miracolosa e spettacolare “lean organization” che è la Chiesa di Pietro;
2. Una cultura pratica e operativa, che sapesse affrontare i mille inghippi dell’esarivoluzione;
3. Un’ottica globale, olistica, etimologicamente cattolica.
Non sapevamo davvero dove guardare, visto che il Papa precedente a Francesco, sommo teologo e di certo servo di Dio, aveva segnalato la sua “insufficienza” (virgolette d’obbligo…), e non aveva esitato a fare un passo, un passo strano, indietro o a lato. Il nuovo, stava sorprendendo e svegliando la natura organica della pianta, rischiando di essere confuso con una longa manus di poteri terreni e distanti dall’opera divina… I due, erano figli di un gigantesco apostolato, quello del loro predecessore San Giovanni Paolo II, che aveva spalle talmente grandi da concepirli entrambi sotto di sé e a sua successione.
Insomma, è accaduto che Benedetto XVI e Francesco con diversissime risorse l’uno e l’altro, abbiano sfidato la tempesta antropologica dell’esarivoluzione in cui siamo tuttora immersi, sperimentando il vascello in tutte le sue possibilità. Che cosa è stato il loro vero lavoro strategico, se non quello di preparare un altro papato potenzialmente grandioso e vittorioso come quello che li aveva generati, mettendo nelle sue mani tutti i mezzi che la nave aveva sperimentato nella tempesta, di tecnica della pastorizia e di governo affettuoso del gregge, spaventato e sconvolto?
Oggi posso dire che nessuno, e ripeto, nessuno, si presenta su 1. , 2. e 3. sopra, meglio di papa Leone XIV. Lo dico da sociologo, sociatra organalitico… E spiego il mio ar-dire:
1. Robert Prevost è stato per lunghissimo tempo Prefetto per la Congregazione dei Vescovi: nessuno (nessuno!) al mondo conosce meglio di lui il problema manageriale attuale della Chiesa di Pietro;
2. Ha la mia età, più o meno, e so benissimo cosa vuol dire aver vissuto questi 60 anni in consapevolezza del cambiamento radicale dell’umanità, le temperie culturali, civili, scientifiche ed economiche che hanno portato a ciò, per di più con una visibilità proveniente da osservatori qualificatissimi come quelli della straordinaria struttura globale della Chiesa cattolica. E venire da quel Paese ove si à formato, gli USA, che rappresenta il tempio di una cosa certamente vitale oggi: la organizzazione e i suoi segreti, i suoi valori, la sua efficacia, quel pragmatismo filosofico profondo (che non è stupida superficialità, come viene spesso insultato) che tanti nel mondo non riconoscono per (vero, loro…) vecchio vizio filosofico e idolatria della storia. Ci mancherebbe, anche nell’epoca esarivoluzionaria è sapere benedetto, ma insufficiente a portare la barca in porto: servono nervi saldi, occhio vigile, energia e forza giovanile. Questa è il valore antropologico della cultura del pragmatismo profondo, quello della migliore America.
3. Chi è stato negli USA, li ha vissuti un poco almeno nella vita quotidiana, lo sa: da lì si vede il mondo tutto (globale, olistico, integrato, interrazziale, interconnesso…) e lo si vede bene, limpidamente, quanto più lucidamente è possibile. È Cultura anche questa, come il Pragmatismo filosofico. La Chiesa del XXI secolo deve essere presente su tutto, passando per tutti i paralleli e per tutti i meridiani.
Tutto questo è nella scelta di Robert Prevost.
Più di così, Provvidenza e Spirito Santo non potevano fare.
Ora, Leone XIV deve essere tutto questo nei fatti. Capisco il tremore delle sue mani, e mi piace che sia così. Mi ha conquistato, anche il giorno dopo il grande “Habemus”, quando si è sforzato di mostrare occhi sgranati, aperti a tutti, come quelli di Francesco.
Quelli di Benedetto XVI li aveva mostrati il giorno prima, mostrandosi al balcone in conferenza intima col divino.
Normale e straordinario, come le Confessioni di S. Agostino: Dio nelle cose e Dio fuori dalle cose.
Miglior servitore umano il suo principale oggi non poteva trovare.
Lunedì 26 maggio 2025