il grande pittore emiliano oggi ci è più vicino
Metntre il mondo impazzisce d'espressionismo, Mattioli resta coi piedi per terra e ottiene effetti di estrema contemporaneità pur rispettando figura e sentimenti...
di Sergio Bevilacqua
Perché proprio oggi sorrido davanti al paesaggio di Carlo Mattioli che fa parte della mia collezione da 30 anni?
Perché oggi ne ho capito un ulteriore versante di profondità, come in un esercizio di prospettiva raffaellesca. Gli sconosciuti ritratti di Mattioli mostrano l'ottica o forse la visione da cui emerge il finto espressionismo macroemiliano del modenese-per-caso. Come in ogni prospettiva geometrica che si rispetti, c'è un punto di fuga che guida ai grandi effetti artistici estrovertiti di alberelli e isoipse cromatiche che il mondo gli riconosce nei celeberrimi paesaggi: questo punto di fuga che scopriamo reggere tutta l’opera di Mattioli si chiama “Affetto”.
Un sentimento che tocca ritratti di familiari (la nipotina, ora signora, Anna presente al vernissage), amici (Guttuso, Morandi, De Chirico, Ottone Rosai, Manzù, Manfredi…), simil-maestri (Roberto Longhi), se stesso (autoritratti). allora, mentre il cuore, vola verso quegli orizzonti panoramici di visionario, l’artista lascia attaccata alla tela un pò di materia per donare continuità, di “corpo”, del suo corpo… una specie di millimetrica continuazione del suo organismo, pulita e resa nobile da magistralità di disegno e visione oltreché di sventramento dei confini della forma, che sforzano le linee della riproduzione verso la trascendenza di un’arte vera.
Mattioli si mostra estremo seguace di un’estetica longhiana già sopraffatta dall’espressionismo americano, che con Rothko, De Kooning e Frankenthaler ha scollinato e iniziato a vedere l’Uomo au rebours, controcorrente, a partire dalla sola luce e colore, cancellando la linea e la lunga teoria d’interpreti precedenti.
Lui no. Carlo è troppo buono, e la prova la dà la nipotina Anna, ora signora solare. Davanti ai suoi ritratti Anna è bambina. L’ho visto nei suoi occhi, quando con avanguardistica maleducazione le ho chiesto di mettersi in posa come mezzo secolo fa l’aveva voluta per ritrarla il nonno Carlo. “È stato, era, un vero nonno…”. E… la nonna Lina? “Anche lei, ma mi ha lasciato prima…”, e fa un musetto triste: la bambina è immortale dentro di lei, perché è figlia di arte vera…
Ah sì, lo posso confermare, con un’intuizione derivata da una visita fatta con Giorgio Messori a casa di un altro Giorgio, Morandi, da adolescenti… Chi c’era là? Carlo Mattioli. Sorrideva, aveva lo sguardo buono e il pensiero che veleggiava leggero sopra una sua versione del Monte Parnaso.
Ci sono tutte le prove. Il sentimento di affetto guida la mano di Mattioli. Questo lo frena rispetto alle transumane derive espressionistiche coeve. Rimane un fedele di Longhi, ma forse proprio per amicizia, cioè ancora una volta sentimento. Dunque, non abbandona la “linea”, che si perde ad esempio nella Transavanguardia bonitoliviana reduce da Manhattan.
Il fumo di Guttuso è pretesto per forme e colori catartici, la serie dei Roberti-Longhi è densa di rispetto semi-discipolare, i ritratti della nipotina Anna sono un viaggio nell’amore avito. Gli autoritratti sono di un orgoglioso chiaroscuro che significa non insidia e terrore, come in quel birbone di Caravaggio o in Zoran Mušič , ma dolcezza di un lume di candela ove sperimentare il silenzio, la carezza e l’incedere intimo di un crepuscolo dalle profondità psicologiche.
Mostra di raro effetto per gli estimatori del grande artista, dell'emilianissimo Carlo Mattioli, e che gli dona coi “suoi” (tutti suoi, tutti “di lui”…) ritratti un vertiginoso spessore di Umana Specie, un simil-cannocchiale per ridefinire, sullo sfondo, i suoi gloriosi, ben conosciuti paesaggi. Infatti, questi ritratti, “il-ritratto”, sono naturale complemento della sua silhouette, una silhouette poetica davvero importante.
La Reggia di Colorno di Antonella Balestrazzi ha capito questa mostra dal vero rilievo scientifico. E per chi capisce, è perfetta, non cambierei una virgola. Il problema è per chi non capisce, cioè la maggior parte: sarebbe bastato un solo prestito, anche minimo (Lucien Freud? Francis Bacon? Carrà? Sironi? David Hockney?) per proiettare questa mostra nell’empireo delle esposizioni-gioiello continentali…
Ma io, egoisticamente, la preferisco così.
Martedì 8 ottobre 2024