democrazia e valori
L'esortazione di un vescovo e di un cardinale al Popolo della Famiglia
di Gianluca Valpondi
Riflettendo sull’impegno dei cattolici in politica, è proprio impossibile tralasciare di porre accurata attenzione alle parole di sostegno, incoraggiamento, indirizzo, rivolte da un vescovo e da un cardinale al partito Popolo della Famiglia in assemblea nazionale a Pomezia (Roma) l’11 e 12 dicembre, in simultanea con la festa nazionale de La Croce Quotidiano.
“Cari amici - esordisce S.E.mons. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia e San Remo - ho saputo dal dr. Andrea Brenna [segretario nazionale del PdF] che siete convocati, come Popolo della Famiglia, in assemblea nazionale a Pomezia. Desidero raggiungervi, lo faccio molto volentieri, con un affettuoso pensiero di saluto, con un messaggio di sostegno e incoraggiamento e soprattutto con la mia benedizione nel nome del Signore. Conosco e apprezzo tantissimo gli ideali, il programma e l'insieme di valori che raccolgono voi Popolo della Famiglia e tutti coloro che aderiscono alle vostre proposte, ai vostri programmi e alle vostre iniziative e, dicevo, conosco i vostri valori, che condivido pienamente, e condivido anche, con tutto il mio cuore e tutto il mio profondo convincimento, l'idea che avete, coraggiosa, profetica ma direi anche molto concreta e, sono sicuro, vincente, di impegnarvi concretamente in politica per promuovere questi valori e per fare in modo che i valori fondanti, non solo della nostra fede, ma anche della nostra civiltà europea, della nostra storia, i valori relativi alle nostre radici, tornino ad essere i riferimenti basilari della nostra convivenza civile, soprattutto quando si tratta di sostenere e di tutelare diritti inviolabili che sono della persona, della famiglia, soprattutto dei più piccoli e dei più indifesi. Pertanto vi auguro di fare un buon lavoro, vi auguro che il vostro buon lavoro si diffonda, nel contesto della nostra collettività, come un buon lievito, come un potente fermento di verità, di luce e quindi di vero benessere e di autentica gioia per tutti. Colgo anche l’occasione per porgervi i più fervidi auguri di buon Natale”.
Così invece il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, sollecitato da Mirko De Carli (consigliere nazionale del PdF e legato da sincera amicizia con il suo caro “don Matteo”): «Ecco, voglio essere vicino a voi, in questi giorni di riflessione, di confronto, di approfondimento, che sono sempre così necessari, per evitare quella banalizzazione, quei modi a volte, così, di entrare nei problemi, ma di restare sempre nella superficie. Penso che non ce lo possiamo permettere: abbiamo di fronte tante sfide, che richiedono molta serietà, molta preparazione, molta competenza, molta capacità di ascolto, di dialogo, e anche proprio per questo di difesa delle proprie ragioni; di confronto, ma che dev’essere sempre nel cercare il modo per comunicare le nostre ragioni. Penso che uno dei problemi su cui ci troveremo a confrontarci è quello proprio della vita. La vita che - papa Francesco usa questa espressione così efficace – che può essere scartata: la vita non può essere mai scartata, proprio perché vita. Penso a quando il rapporto tra l’io e il noi è messo in discussione o è del tutto inesistente, e quindi tutti i diritti sono soltanto dei diritti individuali e non anche mitigati, confrontati con quelli della comunità a cui si appartiene, che certamente non è padrona della tua vita, ma di cui non puoi non tener da conto, con la quale ben ti pensi, con la quale esisti, che ti forma, nella quale cresci, nella quale vivi, e quindi non è soltanto un supermercato da cui prendi quello che credi utile. Ci sono dei diritti, ci sono ovviamente anche dei doveri; c’è un dovere verso questa comunità. Che è anche il dovere di difendere la fragilità, perché questo è anche un problema: quando la fragilità diventa un peso, una maledizione, quando la fragilità diventa insostenibile, anche per un’idea della vita potremmo dire pornografica, cioè di una vita che ha senso se ha certi livelli, se ha certe prestazioni, se raggiunge delle capacità. La vita non raggiunge mai quelle capacità, non raggiunge mai quelle prestazioni, perché la fragilità fa parte della nostra stessa vita e nasconderla, maledirla, credere che la vita è bella quando non c’è la fragilità è una condanna per chi poi è fragile e alla fine poi per tutti. Ci dovremmo misurare con la fragilità ultima, cioè quella della vecchiaia, e quindi anche dell’accompagnamento nella parte terminale della vita. È chiara la dottrina della Chiesa al riguardo, ma noi dobbiamo trovare ulteriormente delle motivazioni che non siano soltanto quelle della Chiesa. Lo dico perché, sì, vanno benissimo quelle, ma come voi sapete altri possono dire “va bene per voi, ma io non ci credo, io non sono cristiano, io ho diritto di fare quello che voglio, quindi io rispetto te e tu rispetti me”. Il nodo è quindi certamente aiutare una cultura della vita, far crescere una cultura della vita; il che vuol dire una protezione della fragilità, una vicinanza concreta. Bisogna sempre interrogarci su quanto purtroppo le condizioni di fragilità non sono sostenute, non sono custodite come necessario. E questo ovviamente crea degli ulteriori problemi per chi poi si ritrova spesso in condizioni di estrema fragilità e quindi anche in condizioni insostenibili, se lasciato solo: molte volte è quella solitudine che lo fa scegliere delle scorciatoie, che fa pensare che tanto non valga la pena, che sia tutto inutile. La vita vale sempre la pena. Ma è chiaro che la vita va protetta, va aiutata, il dolore va tolto, la sofferenza va tolta. Va tolta la sofferenza, non la vita. Va riempita di senso, di significato; la vita ha sempre senso e significato ed è sempre in relazione a qualcuno: per i cristiani la relazione con l’Autore della vita; per tutti è la relazione con quelli con cui tu cresci, con cui tu vivi, con cui tu ti pensi, con una comunità umana di cui fai parte. Credo che ci sia un grande lavoro da compiere, una grande vigilanza, una grande presenza, e soprattutto dobbiamo farlo con tanta intelligenza. Cioè con la capacità di difendere un umanesimo, che poi davvero è quello europeo. Quando si mette in discussione a qualunque livello, qualunque. C’è sempre un qualcosa che unisce. Quando la fragilità, qualunque essa sia, viene messa in discussione o non vale la pena fare qualcosa per proteggere, per sostenere quella fragilità è pericoloso per tutti. E quindi dobbiamo anche cercare tante alleanze in questo senso e anche scegliere per tutti una via di vicinanza, di solidarietà, di attenzione soprattutto appunto a chi sperimenta nel proprio corpo la fragilità. Io vi auguro un buon lavoro. È un momento decisivo per guardare al futuro, per preparare il futuro: dobbiamo essere, proprio per questo, cercare di essere grandi, grandi come ci chiede nostro Signore, cioè grandi nel servizio, grandi nell’amore per gli altri, grandi per quell’amore politico, di cui papa Francesco parla nella Fratelli tutti. Non sono tra loro in contraddizione l’amore e la politica, anzi, se facciamo una politica senza amore, diventa calcolo, convenienza, cinismo. L’amore senza anche un progetto rischia di essere solo “buone intenzioni”. Dobbiamo tradurre, con appunto intelligenza e capacità, in amore politico le nostre convinzioni, la nostra identità. Quindi grazie, e buon lavoro».
E commenta, appunto, De Carli: “Il cardinale Zuppi ha offerto all’assemblea nazionale del Popolo della Famiglia, la festa de La Croce Quotidiano, un augurio di buon lavoro che è risultato veramente decisivo e fondamentale. Ha inquadrato il campo, dentro il quale muovere il nostro impegno di cristiani, ovvero nell’aiuto a chi soffre, nella vicinanza a chi viene emarginato e scartato. Ha parlato di una vita che non va scartata, ma che va accolta, difesa e sostenuta sempre, dal suo concepimento alla morte naturale. Ha abbracciato in maniera piena l’impegno di tanti cristiani del Popolo della famiglia, teso a testimoniare dentro alla politica e alla vita civile quei valori eterni della Chiesa in maniera laica e pienamente vissuta nella loro persona. In questo senso, su eutanasia e droga libera, le sfide di questo tempo, sfide difficili, che ci vedono in campo, ha invitato tutti ad avere una posizione fortemente ancorata a quelli che sono i valori eterni della Chiesa e quindi contraria alla libertà di scegliere quando morire per le persone, e dall’altra parte al fatto di devastare la vita, soprattutto dei più giovani, con le droghe. Per questo, credo che dobbiamo tutti guardare al suo pensiero, alle sue riflessioni e al suo coraggio per un impegno rinnovato dei cristiani in politica e nella vita civile”.
In concomitanza con l’assemblea nazionale del PdF, De Carli ha anche annunciato la sua ricandidatura a sindaco di Riolo Terme (Ra): «Le motivazioni sono tante. L’ho detto, in un commento, ai tanti che mi hanno scritto, chiamato, chiedendomi il perché di questa ricandidatura. Ho citato una frase di Enrico Berlinguer – come sempre emergono le mie origini, della mia giovinezza di impegno politico – quando ebbe a dire: "lo faccio per non tradire i miei ideali di gioventù". Io ho sempre detto di essere innamorato profondamente della politica come servizio a chi soffre, soprattutto a chi ha più bisogno, a chi ha più bisogno di una comunità che, col proprio sguardo amorevole, non lo lasci solo. E questa pandemia è la pandemia dei soli, è la pandemia di chi soffre, è la pandemia di chi è emarginato, è la pandemia di tante e tante famiglie che non possono passare un Natale come magari avrebbero voluto; è la pandemia di chi perde il posto di lavoro, è la pandemia di chi non può vedere i propri famigliari per via appunto di questo virus. E allora, credo che ci sia bisogno di una testimonianza, di una proposta di buon governo, che sia capace di dare risposte concrete a tutti questi bisogni, senza farsi prendere da ideologie dominanti oggi o, come spesso vengono chiamate, "non-ideologie"; senza schierarsi da una parte o dall’altra del dibattito violento, che anima i talk-show, ma proponendo cinque anni di cose da fare, concrete, vicine ai bisogni reali della comunità riolese e capaci di essere un modello di buon governo replicabile anche in altri Comuni. Saremo civici, cioè uniti dalla voglia di fare cose che servano alla comunità e che servano alle famiglie, in particolare quelle che soffrono; pronti ad essere sostenuti e a farci votare da chiunque approvi e senta sue queste iniziative, queste proposte del fare e non dell’appartenenza ideologica. Per cui, a chi mi ha chiesto: "Sei di centrodestra? Alternativo al centrosinistra?", ho detto: "Noi siamo l’alternativa a chi ha governato fino ad oggi, costruita solamente sulle risposte ai bisogni della comunità". E quindi ci può votare uno di sinistra, come uno di destra; può sostenerci uno di sinistra, come uno di destra. Saremo sui marciapiedi, faremo quello che ha fatto Calenda a Roma, partendo dagli ideali di cui è innervato il nostro impegno politico che per me sono quelli che animano il Popolo della Famiglia, allargandoli alla concreta risposta ai bisogni di ogni famiglia: incontrerò ogni cittadino, incontrerò ogni famiglia, incontrerò ogni imprenditore, ogni operatore. Il programma sarà costruito partendo da un ascolto continuo e attento, e da quello che ho definito "un silenzio operoso". E mi auguro che si possa dimostrare che ancora è possibile realizzare modelli di buon governo, partendo dal mettere insieme persone con storie diverse, attraverso un programma di cose da fare, tutt’altro che ideologico, ma fortemente ancorato a ideali che partono dal primato e dalla centralità della persona, della famiglia e della vita».
Venerdì 17 dicembre 2021