AL MART DI ROVERETO PRENDE PIEDE LA PRESIDENZA SGARBI
La Cultura da circenses a panem: Vittorio Sgarbi spiega la nuova strategia del Museo dell'arte di Trento e Rovereto. Dopo la pandemia per Caravaggio, ecco Raffaello con De Chirico, Picasso e Dalì, Botticelli e il contemporaneo e un Boldini inatteso
di Sergio Bevilacqua
La riapertura del MART di Rovereto è un vero evento di grande richiamo e, ormai, non solo per Trento e provincia. l’Auditorium Melotti, struttura interna alla bella architettura di Mario Botta nel centro della città, è pieno (come consentito dalle procedure) e si nota un certo parterre di notabili locali. Fuori, nell’agorà tondeggiante, i tavolini dell’elegante bar alla sinistra sono bilanciati con le tavole predisposte di fronte per un brindisi alle fortune future dell’istituzione culturale trentina.
La presidenza Sgarbi, fortemente voluta dall’Amministrazione regionale, oggi guidata dal leghista Fugatti, è nata sotto il segno dell’ostacolo: in primis, la pandemia, che ha danneggiato il suo esordio con la mostra sulla contemporaneità di Caravaggio; poi, ed è lo stesso neo presidente che lo ricorda non senza polemica, un esposto contro di lui di una certa quantità di persone e molti dipendenti del Museo che hanno firmato per le sue dimissioni. L’accusa: “Non avrei un programma…”, riporta Sgarbi sogghignando.
Io, Sergio Bevilacqua, sono un sociologo dell’arte, sociatra organalitico, politicamente indipendente: mi considero uno scienziato, e mi piace pensare cha la partita democratica debba essere giocata correttamente e per il vero bene dell’umanità. Sappiamo come la cultura sia, in Italia e non solo, un ambito dove la politica tuffa le mani, e come il dopoguerra sia stato dominato da manifestazioni culturali con una radice marxista e radicale, per la qualità delle proposte, ma anche a causa dell’avversione alle forme che potessero evocare i temi ideologici del perdente periodo fascista. Col risultato di fare avanzare poi un pensiero unico, a seconda dei luoghi espresso bene o meno bene (e questo fa la differenza), ma pur sempre quello.
E cosa dice in estrema sintesi questo pensiero unico?
La cultura è importante funzione civile (verissimo), meglio nutrire la gente con la cultura che con la non-cultura, ad esempio con il semplice intrattenimento: quest’ultimo, le persone sono bravissime a trovarselo da sole, e lo Stato può soltanto facilitarlo; invece la cultura va prodotta e proposta. Non importa quanto costa e nemmeno quanto successo ha, deve essere giusta: cioè, corrispondere a fattori ideologici e contenutistici definiti. Cioè, non va fatta per attrarre a scopo soprattutto economico… Però, poi, il peso dei conti si fa sentire e questo significa che si programma nella cultura in funzione delle semplici disponibilità finanziarie e non di un piano economico di prodotto-mercato, che resta sfocatamente sullo sfondo. Quale la differenza? Con il primo approccio la cultura si fa se si hanno risorse. Con l’altro le risorse si ipotizzano prima, attraverso valutazioni di attrattività specifica.
Ma... con il primo la cultura è circenses, con il secondo è panem. Due politiche molto diverse.
Il vecchio MART e il nuovo S-MART. Che tutti ormai, dagli smart-phone in qua, abbiamo capito che significa sveglio, reattivo, intelligente.
Su questo insiste Fugatti: sugli effetti economici di una nuova impostazione del MART come struttura fondamentale per l’attrattività del territorio, fattore cioè centrale di economia locale. Ha perfettamente ragione. Ed è chiaro che per essere davvero così deve liberarsi dall’essere strumento della politica, per essere panem non deve essere solo circenses, per essere bene nobilmente economico non deve essere servizio doverosamente gratuito per erudire il pupo (popolo) a modo di un partito, pensando poi soprattutto alla schedina nell’urna.
Ma chi attua questa strategia coraggiosa e condivisa da tutto il mondo, che solo in Italia mostra ritardi clamorosi dovuti all’ideologizzazione e all’asservimento alle logiche del consenso elettorale? Ecco la scelta di Vittorio Sgarbi: il meno cocente dei rischi possibili, in questa strategia. Cioè, vista l’assenza di programmazione economico-turistica (non di turismo, il turismo c’è, intendo proprio di visione del business turistico, imprenditorialità turistica) è chiaro che ci voleva qualcuno che quanto meno vedesse l’arte in modo organico e attuale. Vittorio è un uomo di grande memoria culturale e visione, decisamente il miglior polemista nel campo artistico che abbiamo in Italia, una grande attrazione tricolore. Suo, un concetto fortissimo, che già all’epoca della sua espressione è stato il segno di un grande cervello: la vera arte è tutta contemporanea. Un concetto che vale una vita, un principio strategico per la politica della cultura italiana di dirompente opportunità. Che sta all’estetica e al business culturale italiano del futuro come il teorema di Pitagora alla geometria.
Vogliono museificare l’Italia? Relegarla a rete di templi polverosi per vedere il passato? E noi giriamo la frittata, e la rendiamo occasione frizzante di partecipazione e piacere, usiamo il passato gloriosissimo non come in uno zoo, ma come in una performance con noi stessi qui e ora, alla scoperta della nostra identità attuale attraverso la bellezza di Botticelli, la purezza di Raffaello, i lati nascosti di Boldini, i chiaroscuri di Caravaggio… e le nostre sensibilità correnti, sostenute ovviamente non da umile umanità soltanto, ma dalla strada profonda di ciò che è arte oggi. Ecco le vertigini che producono le 2 mostre su Raffaello e Botticelli in corso, e quella purtroppo mezza abortita causa covid su Caravaggio, con accostamenti anche provocatori tra il grande passato rinascimentale e post-rinascimentale dell’Italia e la contemporaneità espressiva, che nasce nei grandi innovatori fin de siècle ed esplode nella “Contemporary”. Non voglio dire troppo, sarebbe banale. Tutti, miei lettori, andate a Rovereto e verificate: verificate se vi piace, se funziona… Se dentro la vostra testa nomi presenti come Raffaello, Botticelli non si ravvivano d’interesse e si riempiono di significato con le trovate di Vittorio Sgarbi e dei suoi curatori...
Questo il prodotto culturale S-MART, del MART di Vittorio Sgarbi. Un prodotto per la gente, per avvicinarla con perizia all’arte di ieri e di oggi, ma anche a quella di domani: perché più gente va a mostre costruite con magistralità, più arte avviene. Più arte, che produce più libertà, più fantasia, più innovazione, più benessere.
Ma non è Sgarbi da solo (perché è solo, e non proprio in un ambiente amichevole, a Rovereto…) a rinnovare l’Italia del Turismo intelligente: ci vogliono molte altre funzioni, tra cui spicca la integrazione della Cultura in pacchetti di esperienza coordinata. E qui si entra nel buio: dei Governi passati e, ancor’oggi, di questo... Spes ultima dea, e, questa volta, grazie ai rischi che si è assunto quel diavolaccio di Vittorio Sgarbi, un corpo provato al servizio di un ottimo cervello.
Due parole sulle 3 mostre vivissime di oggi.
Giovanni Boldini. Il piacere. Da un ferrarese (come Vittorio Sgarbi) per un ferrarese (come Giovanni Boldini) non ci si poteva aspettare poco. Ed è stato moltissimo. Tutto il Boldini che conosciamo, la sua stupenda, conosciuta bellezza, l’orgoglio di una pittura non solamente agiografica e ruffiana, mai, nemmeno nei ritratti delle nobildonne (ruffiane loro, col grande pittore di moda…), ma soprattutto le profondità di altre produzioni non conosciute che gettano una luce sulla profondità di Boldini: nature morte, disegni, altri soggetti, ispirazioni di declinazione della bellezza in filosofia ed estetica, anche dannunziane, con la copia autografa del romanzo celeberrimo del Vate. Last but not least, una colonna sonora geniale: Luca Giardini e Cesare Picco interpretano, ispirati, le sale della esposizione. Grazie S-MART, grazie Sgarbi da parte di Boldini, e dei visitatori.
Raffaello/Picasso, De Chirico, Dalì. Chiaro il concetto, ottima la realizzazione, infiniti gli orizzonti: quest’infinità ci sorprende ma apre enormi spazi di invasione ed evocazione. Colpisce un poco il pendant erotico con l’ultima gabbia (ottima scelta espositiva per la serie erotica dei disegni di Picasso ispirati dalle carnalità raffaelliane). Un’atomica sull’immaginario consunto, grandiose aperture alla contemporaneità della Gran Arte.
Botticelli, il suo tempo e il nostro tempo. Vittorio Sgarbi e Eike Schmidt degli Uffizi hanno avuta una ideona. Per due anime, una perplessa, il grande vecchio dell’arte classica, il fiorentino Alessandro Cecchi che celebra l’eternità del Botticelli considerando la sua assoluta sufficienza senza condimenti piccanti, e lo chef al peperoncino Denis Isaia, curatore interno di MART che interpreta Botticelli oggi, frustato (ma apprezzato per il lavoro fatto) da Vittorio Sgarbi per essere stato firmatario dell’esposto contro di lui. Isaia incassa, mantiene l’aplomb. Sa di essere della parte resistente allo tsunami sgarbiano, così come diverse forze dentro e fuori il MART. Risultato: ottima provocazione, aperture significative del senso, grande risultato potenziale di pubblico. Dubbio gusto… ma quella era la scommessa. E io dico: bene, al pubblico l’ardua sentenza.
E il pubblico, a sentire le maschere, è già in grande ebollizione: moltissime presenze, grande attrazione. Sembra un centro perfetto per l’arte come panem.
Si può già dire che il MART è davvero S-MART!
Mercoledì 26 maggio 2021