Bevilacqua e la questione delle «sociatria», la cura responsabile della società
Pandemia. È comprensibile che ci sia confusione, ansia e paura tra la gente. Sfortunatamente, questi fattori stanno anche alimentando la crescita di una confusione sociale
di Redazione online
Bevilacqua e la questione delle «sociatria», la cura responsabile della società.
Possiamo affermare di non essere d’accordo. Negare però può tradursi anche in un modo di celare l’evidenza delle cose.
Pandemia. È comprensibile che ci sia confusione, ansia e paura tra la gente. Sfortunatamente, questi fattori stanno anche alimentando la crescita di una confusione sociale. C’è chi afferma che quanto la politica, corroborata da campioni della virologia militante e sussidiata da immancabili interessi occulti, sta mettendo in atto sia a tratti illegittimo. Lo starnazzo mediatico assordante intanto confonde vieppiù le idee ad una cittadinanza già prima smarrita, meno attrezzata per un uso critico delle informazioni e della conoscenza. In antitesi ad una costante del nostro tempo, che è il «coro di bocche chiuse», forgia della distanza dall’impegno, è di pochi una visione risolutiva che passa attraverso un tema inedito per la nostra contemporaneità: interrogarsi su quale sia la cura più efficace per nostra società locale e globalizzata, che sulle questioni più importanti si mostra indifferente e, molto spesso, irresponsabile.
Con un background piuttosto variegato che forse lo ha reso resiliente al punto di essere stimolato da questi tempi foschi, consulente della pubblica amministrazione, ma anche impresario culturale e professore, fiero della sua passione per la lirica e la gastronomia, di cui la sua terra è culla, una vita talora scandita da scelte anticonformiste e originali, ad un passo dall’idealismo di romantica memoria, è quella di Sergio Bevilacqua.
E proprio in questa incertezza, il sociologo originario di Reggio Emilia, trova la verve intellettuale per superare un clima in cui non può prevalere l’indifferenza rispetto alle questioni più importanti che coinvolgono le nostre vite. Quindi, ipotizza scenari per le scelte pubbliche. Un processo che possa rappresentare la via per nuove forme di responsabilità e partecipazione al governo delle nostre vite, delle nostre società e del nostro destino.
Bevilacqua, da maestro della versatilità, fuori da un’area sociale conformista, ha saputo così cucire insieme un significativo spazio di espressione sulla sua pagina Facebook e tra l’altro sulla chat «Il Politico Conservatore», il think tank di cui è fondatore su Whatsapp, aperto a contributi qualificati sulle politiche sociali. Nelle intenzioni si tratterebbe di creare le condizioni per elevare noi tutti dalla posizione di spettatori a un cammino emancipativo, che è allo stesso tempo locale e planetario.
E si è rivelato il modo straordinariamente coerente, di chi ha patrimonializzato ogni sua esperienza, anche la più stravagante, in uno strumento chiave per accrescere la propria competenza, per identificare in questo momento di crisi l’opportunità di cambiare finalmente il paradigma economico, trasformando la società dei consumi in una società capace di rispondere ai bisogni reali delle persone.
La leadership che potrebbe essere definita come l’abilità di sfruttare una crisi per ottenere il più grande effetto possibile, e lo è stata se pensiamo a come fu affrontata la Grande Depressione negli anni Trenta con la creazione di efficaci modelli di welfare state, come si pone innanzi al dilemma dell’innovazione sociale? L’imponenza dei mezzi finanziari che, a livello europeo ma non solo, sono in corso di stanziamento fa sì che oggi si possano vedere attorno a noi i germogli di una discontinuità rispetto alle incongruenze dei tempi passati.
Il rischio non sarà di cozzare nei connotati di un'Arcadia ormai perduta e mitica, irriconoscibili in campo economico nella nostra era, in questo impero del digitale, dove ogni cosa è sempre più in funzione dell’immediato utilitarismo? Comunque, Bevilacqua si propone di offrirci la più dettagliata ed attenta diagnosi, attraverso uno studio molto scrupoloso della congiuntura. Esiste dunque un’opportunità in tal senso, senza che essa appaia la fisionomia di un'inguaribile utopia. Si pone tuttavia una questione di «sociatria», di cura responsabile della società. Infatti, solo la costruzione innovativa di un’impalcatura ortopedica, cioè di una ricngiunzione del legame fra cittadini e forme di governo democratico, può ricostituire la base di una prospettiva di qualità di vita e giustizia sociale. Un humus culturale da ricreare; quello che abbiamo non solo si mostra obsoleto, ma non è più adatto alla contingenza.
Obiettare è pur sempre un gesto compatibile con una nostra presenza attiva... a patto che non diventi modo di celare l’evidenza delle cose. Una negazione per svincolarci alle nostre responsabilità. Neghiamo per indifferenza, appunto.
Lunedì 8 giugno 2020