Milano - prima alla Scala
Preljocaj nella sua interpretazione attraverso il corpo e il movimento non ne ha voluto dare affatto una visione narrativa, approcciando all’opera di Schubert in senso globale, considerando il gruppo dei 24 lieder come fossero un’entità unica
di Francesca Camponero
Si è aperta con un minuto di silenzio la prima di Winterreise alla Scala in ricordo dell'etoile del passato e grande maestro, Roberto Fascilla, venuto a mancare improvvisamente il giorno prima (mercoledì 23 gennaio).
Lo spettacolo, in prima internazionale, presentava la coreografia ad opera di Angeli Preljocaj sulla più bella raccolta di lieder di Franz Schubert nonchè uno dei massimi esempi del romanticismo musicale tedesco. Raccolta contraddistinta da intensità e senso drammatico che supera di gran lunga altri lavori del musicista viennese in cui è presente una grande sensazione di angoscia, solitudine, disperazione che sfociano in un pessimismo cosmico che guida il protagonista dei testi di Muller alla morte.
Il famoso coreografo francese però nella sua interpretazione attraverso il corpo e il movimento non ne ha voluto dare affatto una visione narrativa, approcciando all’opera di Schubert in senso globale, considerando il gruppo dei 24 lieder come fossero un’entità unica.
Preljocaj si è avvalso della partitura musicale del pianoforte, affiancata da quella della voce, che come da lui affermato produce naturalmente degli spazi vuoti, dei silenzi, che per lui sono fondamentali e di cui ne sente la necessità. Sul palco 12 danzatori dell’organico scaligero scelti accuratamente per la loro precisione, energia e sensibilità. 12 danzatori dotati anche di corpi in grado di esprimersi secondo canoni di modernità, in termini di presenza scenica, di stile intepretativo più libero, senza stereotipi. 12 danzatori stupendi che hanno dato la giusta intepretazione al linguaggio di Preljocaj in questo caso più difficile che in altri, tanto da offrire un prodotto eccessivamente sofisticato solo per pochi eletti, proprio come lo è la musica da camera.
Scelta accurata anche per quanto riguarda le scenografie inclini ad impiegare toni bianchi e grigi per rievocare la neve ed il ghiaccio, dando una sensazione di astratto al tutto. Lo stesso vale per i costumi che portano anch'essi la firma di Preljocaj, che privilegiano le tonalità autunnali, il grigio fumo scuro ed il colore petrolio, come se i corpi dei danzatori ne risultassero cosparsi.
Sulla scena si assiste ad una progressione di colore che da quello più scuro dell’inizio porta a tinte più colorate, arancioni e rosa, che va intesa come un miraggio, paragonabile a quando in un deserto sembra di scorgere un’oasi, ma come in quel caso si tratta solo di una salvezza illusoria.
L'alfabeto gestuale di Preljocaj, sempre attento all’esigenza di una forma chiara e di una scrittura accurata in quest'ultima fatica sembra però stanco, e che si avvalga di canoni già troppo usati, poco innovativi e per questo ahimè talvolta un pò noiosi. Certo, anche in questa creazione, non mancano le migliori caratteristiche del suo modo di coreografare: tattilità, sensualità, contatto con la pelle sono sempre forti e presenti, ma questa volta sembra mancare il mordente, quella vitalità che spiccava nei suoi lavori migliori come Le Parc, Annonciation ed anche nella Stravaganza, la cui ultima messa in scena è stata proprio ad opera degli allievi dell’Accademia della Scala nell’aprile 2018.
Questo non vuol dire che la serata non sia stata un grande successo, anzi! Teatro pieno, grandi applausi alla fine, svariate le chiamate per la compagnia ed il coreografo da parte di una platea attenta e competente che vantava nomi come quelli di Carla Fracci, Luciana Savignano, e perfino Eleonora Abbagnato direttamente da Roma. Presente naturalmente il ghota dei critici di danza da Marinella Guatterini ad Elisa Guzzo Vaccarino, Sergio Trombetta, Alfio Agostini e Michele Olivieri.
Lo spettacolo sarà in scena fino al 9 marzo.
Sabato 26 gennaio 2019