gabriella deghi
Un'analisi esistenziale sul vero senso della vita, al di là delle maschere
di Gabriella Deghi
Mettere sulla carta bianca quello che si è immagazzinato nell’immenso cassettto del proprio essere è eccitante e frizzante! Un vulcano in eruzione deve far uscire la lava infuocata ed abbagliante che è al medesimo tempo misteriosamente affascinante.
Comunicare i propri pensieri e le proprie riflessioni è decisamente arduo perché c’è da fare una scelta in quel gran carosello che è la nostra mente.
Non è facile prendere la mira giusta e tirare uno dei mille fili della nostra mente, o cuore, al momento adatto e farlo scoccare.
Allora cosa faccio! ?...
Da dove comincio! ?...
Parlo del mio mal di schiena o del senso di nausea che mi attanaglia lo stomaco per l’emozione che incalza? No, direi proprio banale, eppure questo è il genere di comunicazione che scegliamo col vicino o con chi occasionalmente incontriamo, scambiandoci, come in un torneo, più lamentele possibili! Una gara di autocommiserazione che ci porta a nasconderci sempre più!
Che sia scontato, spero, che sto descrivendo un mio personale stato d’animo ed una visione che mi circonda vista dalla mia prospettiva.
Ad altri potrebbe apparire scontato e banale, ma per me è unico e questo è ciò che conta. L’unicità nell’uguaglianza.
Stiamo vivendo in un mondo che si fa sempre più assordante, muto, un vociare fatto di nulla per coprire ciò che l’altro ti dice e tu stesso ti ritrovi a blaterare senza un vero motivo e tutti si fa una grande attenzione a non scoprirci troppo, a non stringere troppo la comunicazione perché allora la crosta di perbenismo e di finta sicurezza potrebbe scostarsi e rivelare il vuoto, o forse peggio! I motivi sono, anzi, direi sembrano, essere infiniti, ma ho scoperto che si racchiudono in uno solo: paura!
Una paura dalle mille sfaccettature, di dare e di avere e di non essere all’altezza di quello strano modello che la Società e i Mass Media ti propone per essere “benevolmente" accettato!
Ma scusate, accettato da chi? Poniamoci questa domanda, banale ma essenziale!
È il gioco del potere che si compie su di noi.
Pedine che per paura ci facciamo muovere per un gioco che non è il nostro!
Quando parlo di potere non intendo precisamente quello economico, politico e sociale in particolare.
Perché anche quelli il più delle volte strumenti a loro volta utilizzati dal vero potere: l’egoismo, l’avidità, l’orgoglio, materialistico e consumistico fino alla nausea, primordiale, quello che spinse Caino ad uccidere Abele, un potere che è dentro di noi, dentro di me; un potere costruito sulla sabbia, sul nulla e te ne rendi conto solo al momento del dolore, nel momento che trovandoti solo con te stessso scopri la tua vera essenza.
Io, di paua, nella mia vita ne ho avuta tanta, di ogni tipo, ma poi, quando ti senti di aver toccato il fondo del baratro, ti rendi conto che non era un baratro ma una lunga caverna buia dove alla fine c’è la luce agognata da sempre.
Ti scopri ad alzare gli occhi ad un cielo infinito, un cielo che è fuori di te, un cielo che è dentro di te e la mano che ho sempre cercato è lì che mi aspetta, ha mille trasformazioni, diventa quella del Dio vero che cercavo, diventa la mia stessa mano e la mano di miliardi di persone che mi girano intorno e che non riuscivo a vedere nella cecità coperta dalle scaglie della materia, una maledetta malattia chiamata paura, paura d’amare.
Mercoledì 23 gennaio 2019