La crisi dell'editoria è in chi pensa di saper tutto e non ha voglia di imparare
Migliaia di italiani vogliono acquisire il tanto ambìto "tesserino del pubblicista" per elevarsi ad uno status da intellettuale. Ma se gli chiedi di scrivere una notizia correttamente non sono capaci
di Manuel De Pascalis
Il mestiere del giornalista non è per tutti. Reteluna quest’anno festeggia 13 anni di attività. Siamo stati precursori nell’offerta di notizie online e questo portale è nato per iniziativa di un gruppo di imprenditori, giornalisti e commercialisti a seguito di un corso di formazione mirato a far comprendere le misure finanziarie del fare impresa. Dal 2005 ad oggi sono stati fatti molti passi in avanti. Reteluna può contare su migliaia di utenti e pagine visualizzate, dati documentati, che rendono questo marchio forte in Italia e all’estero nel segmento dell’informazione online. Ai nostri inserzionisti possiamo fornire i dati e gli screenshot degli utenti che ci hanno letto in tutti questi anni, a dimostrazione del fatto che l’utenza non viaggia solo sui social network americani, ma in parte continua a prediligere e a ricercare informazioni online su giornali accreditati. Su portali di informazione italiani. Purtroppo, però, a dati positivi dobbiamo affiancare report negativi. In questi anni di lavoro ci siamo anche resi conto che il web è pieno di disinformazione, e chi crede che cercare in rete equivalga ad ottenere la verità si sbaglia. Il web è ricco di notizie fake, false, di notizie edulcorate da malintenzionati in grado di modificare lo spirito critico dell’opinione pubblica con la divulgazione di informazioni architettate ad arte che mirano ad essere lette e assorbite da gente credulona o semplicemente non preparata a filtrare i contenuti di Internet. Un tempo si diceva: “Questa cosa è vera perché l’ho sentita in televisione”. Ma la televisione è foriera di falsità, e chi non è in grado di capire questo, di discernere il reale dall’irreale, rischia di finire ad uso e abuso di persone senza scrupoli che di questa ingenuità sanno come farne un business.
In tredici anni di attività di aneddoti da raccontare ne abbiamo eccome. Per esempio molti giornalisti laureati presso corsi universitari in Lettere, Giornalismo, Comunicazione non hanno la minima idea di come procurarsi una notizia. Vogliono fare esperienza, prendere il tesserino da pubblicista, ma se gli dici di seguire le regole non sono capaci. E messi alla prova hanno dimostrato scarsa esperienza, con la scrittura di articoli precari, con mezze informazioni, che non solo non appagano il navigante nella lettura di un’informazione completa, ma neppure lo gratificano sul piano del piacere nel leggere. Per non parlare, poi, di quella miriade di articolisti che si avvicinano col bisogno disperato di scrivere di “spettacolo” come se scrivere di “spettacolo” possa avere maggiore presa sul pubblico e maggiore audience. In Italia, quindi, dilagano gli articolisti specializzati in “spettacolo” e mancano quelli competenti in “cronaca”, “cronaca giudiziaria”, “politica”, “politica estera”, “economia”. Tutti matti per la “cultura e spettacoli”, ma ci teniamo a precisare che il giornalismo è ben altro. Gli italiani, diciamoci la verità, di lavorare hanno poca voglia, vogliono tutto facile, tutto bello e pronto senza possibilità di ragionamento, di lettura, di approfondimento, di discussione di temi reali, di vera passione per questo lavoro. Altro che retribuzione o mancanza di posti di lavoro. La crisi dell’editoria che tocca tutti dai più grandi fino ai piccoli editori è una crisi di valori, di competenze, di preparazione, di volontà nello svolgere mansioni complesse, ruoli difficili. Quindi fare il giornalista non è per tutti. Reteluna non ha bisogno di giornalisti timidi, che alla prima difficoltà gettano la spugna. Ha bisogno di giornalisti capaci di interfacciarsi con le forze dell’ordine, polizia, carabinieri, coi magistrati, con gli imprenditori, con i sindacati, coi politici nel riportare notizie complesse e originali, che non vadano a scopiazzare articoli presi di qua e di là sul web, ma che partendo da un fatto ricerchino la verità. Ma il difficile, si sa, non piace, non ha interesse, equivale a fatica intellettuale per chi scrive.
Bruno Vespa (a sinistra nella foto) ha intervistato Francesco Casile (a destra). L'imprenditore calabrese si dice "allibito", lamenta impreparazione e mancanza di puntualità nei candidati |
Il responsabile nazionale delle risorse umane di Piazza Italia, catena di negozi di abbigliamento con punti vendita in Italia e all’estero, ci ha raccontato di quanta gente oggi abbia poca voglia di lavorare, prediligendo al tempo indeterminato ben pagato il part-time. Siamo quindi un popolo alla disperata ricerca del tempo libero, anziché del lavoro vero. L’imprenditore calabrese Francesco Casile, che vive e lavora con la sua impresa a Milano, è intervenuto più volte in televisione e sui giornali, ad esempio sul Corriere della Sera con una lettera e a Porta a Porta (Rai 1) intervistato da Bruno Vespa denunciando pubblicamente l’incapacità dei giovani italiani ad intraprendere un lavoro da agente di commercio. Fra i candidati c’è chi è disponibile per un colloquio, ma se il datore di lavoro prova a fissargli un appuntamento la risposta è franca: “Possiamo fare alle 10? Alle 9 è troppo presto”. Mansione, tra l’altro, che da sempre ha dato da vivere a milioni di persone e che oggi non vuole più essere svolta da nessuno. È tutta colpa della crisi economica? Non crediamo. Forse, probabilmente, è frutto di modelli sbagliati inculcati dal web dopo, e prima dalla televisione, che ha educato (cioè male educato) milioni di italiani a ricercare il profitto facile: la Tv ha fatto credere che tutti possano diventare ricchi con poco, per esempio facendosi raccomandare, o avendo amici speciali con posizioni di rilievo politico e imprenditoriale presso aziende importanti. Per non parlare di quell’individualismo perenne che ci contraddistingue. Di quella mancanza di predisposizione a fare impresa unendo le forze. Ognuno per i fatti suoi, gli italiani preferiscono farsi la concorrenza fra poveri anziché mettersi insieme per competere contro aziende estere, loro sì esperti di soldi e in grado di trasformare un’idea in denaro contante. E poi qui, tutti contenti di comprare su Amazon. E allora, meglio consolarsi scrivendo di film e concerti, di musica e teatro, di mediocrità e per stereotipi. Ciò che preoccupa maggiormente è l’impreparazione grammaticale, gli strafalcioni ortografici, di chi si vanta di avere una laurea in Lettere, ma che poi nei fatti non sa come scrivere “tuttora” e “tutt’altro”. Quand’è che governi e parlamenti per scuole e università avvieranno quella necessaria riforma didattica dell’insegnamento?
Martedì 15 gennaio 2019