quale europa vogliamo?
Torniamo a parlare di Europa e proviamo ad analizzare il concetto di "europeista"
di Davide Gionco
Il termine “europeista” è ambiguo.
Il significato dipende fortemente dall’opinione di chi lo usa.
Che l’Italia sia in Europa non è una scelta politica, è un dato geografico, storico e culturale. Innegabile.
Il concetto poco evidente a molti, ma molto chiaro a noi, è che “Europa” non coincide con l’istituzione “Unione europea”.
Chi ha compreso, analizzando le politiche che la Ue impone all’Italia (in modo acritico e non condizionato da quanto ci raccontano in Tv e sui giornali), che la Ue è una istituzione che persegue interessi privati delle lobbies finanziarie, a danno di centinaia di milioni di cittadini europei, non ha dubbi sul fatto che l’Unione europea come è oggi configurata debba cessare di esistere.
Detto questo, se l’Italia si trova oggettivamente in Europa, è politicamente intelligente e saggio essere “europeisti”, intendendo per questo l’intenzione di sviluppare politiche di buon vicinato e, per quanto possibile, di collaborazione con gli altri popoli dell’Europa.
Per queste ragioni non ha alcun senso apprezzare o contestare chi si dichiara “europeista”, in quanto in un senso o nell’altro tutti siamo “europeisti”.
La questione fondamentale, invece, è capire che:
1) L’Unione europea non equivale all’Europa
2) L’Unione europea è una istituzione non democratica che sta distruggendo l’economia italiana per curare gli interessi di ristretti gruppi di potere economico internazionali.
Nello scorso mese di febbraio di Jean-Claude Junker dichiarava: “Dobbiamo prepararci per lo scenario peggiore e il peggior scenario potrebbe essere nessun governo operativo” e che “Potremmo avere una forte reazione dei mercati finanziari nella seconda metà di marzo. Stiamo preparando questo scenario”
La traduzione di queste parole è una evidente minaccia, simile a quelle recapitate all’Italia nel 2011, quando la “Troika” decise che l’Italia avrebbe dovuto inserire il pareggio di bilancio in Costituzione.
L’ex ministro Andrea Orlando ha dichiarato pubblicamente che la modifica dell’art. 81 della Costituzione, con l’inserimento del principio del pareggio di bilancio, fu realizzata sotto ricatto di esponenti delle istituzioni europee. Non si trattò quindi di una “libera scelta democratica” del nostro Parlamento.
Il senatore Massimo Garavaglia ha raccontato come nei primi mesi del 2011 degli esponenti delle istituzioni europee si presentarono alla Commissione finanze, di cui faceva parte, comunicando che era già stata decisa la caduta del governo Berlusconi e la successiva nomina a presidente del Consiglio di Mario Monti.
In entrambi i casi lo strumento di minaccia è stata la “reazione dei mercati” nel caso in cui quanto richiesto dall’Unione europea, alias Troika, non venga realizzato.
I “mercati” non sono un soggetto anonimo, hanno nome e cognome.
Ad esempio si chiamano Deutsch Bank
Ad esempio si chiamano Goldman Sachs
Ricordiamoci del “metodo” utilizzato da chi attualmente dirige la Commissione europea.
Prima provano a fare passare le decisioni in loro favore senza che l’opinione pubblica se ne accorga, come ad esempio è avvenuto quando l’Italia ha sottoscritto il Trattato di Maastricht, di Lisbona o l’adesione all’euro, senza spiegare agli italiani le conseguenze di quella scelta.
Se devono imporre “riforme” (altro termine ambiguo) che la politica non è disposta ad appoggiare, allora prendono l’iniziativa i “mercati”, iniziando a speculare sui nostri titoli di stato, naturalmente con tutto il necessario supporto mediatico che terrorizza la popolazione.
Questa forma di dittatura è molto più raffinata rispetto a quelle del passato, in quanto la popolazione che la subisce non riesce a capire chi sia il vero dittatore.
Se essere “europeista” significa essere in favore di quanto sopra descritto, di questa Unione europea che è uno strumento di potere in mano alle lobbies finanziarie, allora è evidente che nessuno di noi vuole essere europeista.
Se, invece, essere “europeista” significa pensare che i popoli europei debbano vivere con rapporti di buon vicinato, in pace fra loro e collaborando per quanto possibile, allora tutti siamo “europeisti”.
Se vogliamo essere “veri europeisti”, quindi, dobbiamo avere il coraggio di guardare in modo critico all’attuale istituzione “Unione europea”, nella quale il potere decisionale delle lobbies conta molto, ma molto di più del parere dei 500 milioni di cittadini europei.
E dobbiamo chiederci se la via più breve per una Europa democratica sia la “riforma dell’Unione europea” (concretamente, come?) o se sia invece porre fine a questo grave errore della storia, per ripartire dagli ideali del padri fondatori (De Gasperi, Adenauer, Schumann), i quali sognavano una Europa dei popoli in pacifica cooperazione fra loro e non una tecnocrazia continentale che esautora la Democrazia dei parlamenti nazionali per imporre gli interessi economici di pochi ai danni di molti.
Giovedì 27 dicembre 2018