ora sostengono di aver lavorato in nero per periodi sino ai tre anni
Di 160 dipendenti, 42 sonpo stati licenziati, con un indennizzo economico di 373 euro al mese in cambio della rinuncia a opporsi al licenziamento
di Silvia Tozzi
ROMA | Oggi è fissata la prima udienza sul licenziamento di 11 dipendenti di Rifondazione Comunista, in cassa integrazione dal 2009. Deciderà sul loro futuro lavorativo il Tribunale di Roma- sezione lavoro. La sconfitta elettorale - che risale al 2008 e da cui il partito non si è mai ripreso - ha come prima conseguenza la perdita del contributo pubblico. I dipendenti di Rc ai tempi erano 160, 42 sono stati licenziati, con un indennizzo economico di 373 euro al mese in cambio della rinuncia a opporsi al licenziamento.
LA CRISI ECONOMICA DEL PARTITO | L'accusa sostiene che il partito abbia «prima dichiarato lo stato di crisi e poi si è liberato degli esuberi». Ma per il tesoriere di Rifondazione, Marco Gelmini, aver garantito tre anni di ammortizzatori ai lavoratori è stato positivo. Lo stesso segretario Paolo Ferrero si è tagliato lo stipendio, passando da 7mila euro al mese a 1.700. «E vado a lavorare in Fiat perché il partito non può pagarmi».
COME GLI ALTRI | Ora però l'avvocato di 11 ex dipendenti, Luberto, dice che così facendo «si è messa a tacere una condizione pregressa e questa è una tecnica tipica delle società private che denunciano lo stato di crisi». Ovvero, i lavoratori avrebbero lavorato in nero anche per anni.
Giovedì 3 aprile 2014