La decisione di un clan nel sud-est del paese di uccidere una giovane per l'onore
La giovane Hacer Gov, 19 anni e incinta di oltre otto mesi è stata strangolata e gettata in un burrone dai due fratelli. La famiglia aveva ritenuto che l’unico rimedio per non perdere l'onore a causa di una gravidanza indesiderata fosse solo la morte
di Antonella Di Maggio
Altro che Turchia “occidentale”. Il delitto d’onore per mano della famiglia è all’ordine del giorno. L’ultima vittima è Hacer Gov, una ragazza di 19 anni, quasi vicina al parto perché incinta da oltre otto mesi. La giovane è stata strangolata e gettata in un burrone.
Secondo le indagini della polizia, i principali indiziati sono i due fratelli, Hasan e Cuma, che sono stati fermato assieme ad altre quattro persone. All’ascolto dei sei indiziati, Hasan e Cuma hanno confessato subito, e svelato il delitto descritto in ogni particolare.
La giovane sorella aveva instaurato una relazione con un suo coetaneo nella località di Sanli Urfa, nel sud-est della Turchia, una città a maggioranza curda in cui i nuclei familiari sono organizzati in clan e le donne vengono tenute quasi fossero recluse. Quando la giovane si è accorta di essere incinta, il compagno era partito per il militare. Fino a che ha potuto ha tentato di tenere nascosta la gravidanza, sapendo che la scoperta da parte della famiglia avrebbe provocato reazioni negative e che sarebbe incappata in una punizione.
È per questo motivo che Hacer, al quarto mese di gravidanza, ha preferito scappare, chiedendo rifugio ad alcuni parenti a Diyarbakir, che come Sanli Urfa si trova nel sud-est del Paese. Tanto ha fatto che però non è riuscita a scampare alla furia omicida vendicativa della famiglia. Qualche giorno fa un messaggio l’avrebbe avvisata che, a poche settimane dal parto, i familiari avevano deciso di accoglierla nuovamente all’interno del nucleo familiare e che i suoi due fratelli l’avrebbero raggiunta per riportarla a casa.
Una trappola, evidentemente. I due giovani, infatti, si sono presentati a casa dello zio ma anziché condurla a casa, a Sanli Urfa, l’hanno portata nel luogo della sua morte, una zona deserta che si trova a circa due chilometri da Diyarbakir. È lì che l’hanno strangolata. Un’esecuzione fatta con del filo elettrico strettole attorno al collo. Il corpo è stato legato e successivamente buttato giù da un dirupo di 18 metri.
Secondo la stampa turca, i due assassini non hanno agito da soli. All’esecuzione avrebbero assistito anche altri familiari maschi. A quanto è dato sapere, la sorte della giovane 19enne è stata decisa con un consiglio a cui hanno partecipato tutti i membri del clan. A quanto pare, gli occhi degli assassini non hanno visto altro che far versare il suo sangue come unica soluzione. La madre di Hacer si è dimostrata contraria, ma del suo parere non si è tenuto in considerazione. Bisognerebbe poi capire fino a che punto la madre si sarebbe opposta, dal momento che il clan tribale è fatto di tradizioni, che secondo la loro mentalità dovrebbero essere onorate. La donna quindi non avrebbe fatto un grande sforzo per salvarla e opporsi al suo delitto.
In Turchia, le donne sono spesso vittime di violenza ed uccisioni. I dati del 2009 parlano di un migliaio di donne uccise per preservare l’onore della famiglia. Un dato impressionante. Ma cosa ben più grave è l’omertà, il silenzio che si crea attorno a fatti inquietanti come questo. Il delitto d’onore in Turchia è considerato una pratica diffusa e giustificabile. Così come le pene corporali. Gli sfregi e le mutilazioni vengono utilizzati in sostituzione della ben più grave uccisione. Pratica accettata dal 21% degli intervistati. Ma è il 37% il dato inquetante. Secondo un sondaggio del 2012 tenuto a Diyarbakir, una donna che commette adulterio dovrebbe essere uccisa. Diyarbakir, proprio dove la donna aveva cercato il suo rifugio.
Martedì 4 febbraio 2014