Kenya, continuano le pressioni contro la Corte Penale Internazionale

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Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Gen 25

Kenya, continuano le pressioni contro la Corte Penale Internazionale

Il tentativo è quello di far cadere le assuse pendenti nei confronti del vice presidente William Ruto dopo la cancellazione del progetto al presidente Uhuru Kenyatta. Per raggiungere l'obiettivo c'è stata la mobilitazione non solo di stati amici, come ad esempio la Francia, ma anche dei servizi segreti kenioti, presunti complici in misteriosi attentati che si stanno succedendo nel paese

di Fulvio Beltrami

kenya

Era chiaro che la decisione presa dalla Corte Penale Internazionale di far cadere le accuse contro il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, non avrebbero accontentato il paese africano che fa parte del club delle potenze del Continente. Rimane il processo al vicepresidente William Ruto. Un processo che deve essere bloccato a tutti i costi, secondo l’ottica politica del governo keniota. Un’ottica che si basa sulla vitale necessità di salvaguardare l’alleanza etnica tra la tribù maggioritaria (i Kikuyu) rappresentata dal presidente con la tribù che mantiene il controllo delle forze armate (i Kalenjne). Questa tribù, appartenente al ceppo tutsi, è sempre stata l’asse portante della vita politica del Kenya. Pur non avendo partecipato in misura determinante alla lotta di liberazione contro il colonialismo inglese (portata avanti dal movimento Kikuyu denominato Mau Mau) i Kalenjne hanno assicurato la base dell’esercito indipendente divenendo i principali garanti della difesa e sicurezza nazionale.

Questo contributo ha loro assicurato il predominio politico rispetto alla seconda etnia del paese: i Luo. Il primo presidente: Jommo Kenyatta (padre dell’attuale Capo di Stato) era ben consapevole che l’alleanza con questa etnia tutsi era fondamentale per la sua sopravvivenza politica. Un'alleanza facilitata dall’odio atavico tra Kikuyu e Luo, questi ultimi accusati a torto di aver collaborato con il colonialismo inglese. Come logica conseguenza di una politica basata su equilibri tribali il secondo presidente: Arap Moi è stato assicurato dai Kalenjne che sono riusciti a mantenere il potere per quasi trent’anni. In questo lungo periodo hanno rafforzato la loro presenza nell’esercito, estesa alla polizia e ai servizi segreti. Hanno stretto alleanze indissolubili con la classe economica rappresentata dagli immigrati di terza generalizzazione provenienti dall’India e dalla diaspora somala, entrambi naturalizzati kenioti. Ed, infine, hanno rafforzato il loro supporto regionale grazie all’avvento al potere di Yoweri Museveni in Uganda e di Paul Kagame in Rwanda, entrambi rappresentanti di altre etnie tusti.

Alla fine del regime semi dittatoriale di Arap Moi, i Kalenjne hanno concordato il passaggio di potere con i loro alleati storici: i Kikuyu assicurandosi di mantenere il controllo delle forze armate ed evitando rappresaglie contro la loro etnia. Questa nuova alleanza è andata a scapito dei Luo che storicamente sono impediti di prendere le redini del potere in Kenya. I massacri post elettorali del dicembre 2007 gennaio 2008 (che hanno sfiorato il genocidio) e il conseguente governo di coalizione Kibaki (Kikuyu) e Odinga (Luo) hanno portato il paese alla paralisi totale e al fallimento economico. La coalizione al posto di risanare le ferite tribali rilanciando la democrazia e il progresso nazionale, ha aggravato lo scontro etnico tra le due principali etnie bantu. La vittoria elettorale di Uhuru Kenyatta si basa sulla terza alleanza con la potentissima tribù tutsi keniota con la conseguente spartizione del potere tramite l’assegnazione della Vice Presidenza a William Ruto.

Un’alleanza stretta in evidente chiave anti Luo. Queste dinamiche tribali, che condannano il paese ad un perenne rischio di guerra civile fin dall’indipendenza, sono più vive che mai nel Kenya dei nostri giorni. La classe politica e l'intellighenzia del paese ha storicamente fallito nell’obiettivo di superare questa fase arcaica di gestione del potere passando ad una politica nazionale multietnica. Da questa situazione storica deriva la determinazione del presidente Kenyatta di far assolvere il suo alleato William Ruto, infliggendo l’ultimo colpo mortale non solo alla credibilità della Corte Penale Internazionale ma al concetto di giustizia di cui i morti e gli sfollati delle pulizie etniche del 2007 sono le principali vittime. La coalizione al potere “Giubileo” ha deciso durante il meeting annuale svoltosi lo scorso venerdì, di aumentare le pressioni politiche e diplomatiche contro la Cpi al fine di ottenere la cancellazione del processo contro il vicepresidente accusato di crimini contro l’umanità.

Il primo atto politico è la proposta di allargare l’immunità presidenziale al vicepresidente. Proposta di legge avanzata dal parlamentare Mithika Linturi. La legge, se approvata, impedirebbe automaticamente alla Cpi di continuare il processo. Una seconda proposta di legge, presentata dal parlamentare Boniface Otsiul, prevede il ritiro del Kenya dallo Statuto di Roma. “Continueremo la campagna per liberare Ruto in quanto il suo processo presso la Cpi è strettamente politico e contro gli interessi della nazione”, dichiara ai media nazionali il Senatore Kiraitu Murungi. La campagna pro Ruto ha grosse possibilità di ottenere l’obiettivo prefissato in quanto il governo è deciso a mettere sul piatto della bilancia lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio recentemente scoperti e l’immunità di Ruto, leggi la salvaguardia della alleanza Kikuyu – Kalenjne e il mantenimento del potere su base etnica. Il baratto è potente, essendo stata la principale arma per convincere le potenze occidentali a far pressioni sulla Corte Penale Internazionale per cancellare il processo del presidente Kenyatta.

La stessa Francia, che gode di forti influenze presso la Cpi, si è attivamente adoperata per la cancellazione del processo nonostante che fosse cosciente dell'ingiustizia e di mettere in pericolo la credibilità del Tribunale dell’Aia, spesso utilizzato dal governo francese per risolvere i propri problemi in Africa: dalla Costa d’Avorio al Congo. La Total ha forti interessi nel paese. Questa campagna per salvare Ruto è rafforzata dal supporto che l’Uganda e il Rwanda continuano ad offrire all’attuale governo keniota e alla causa contro la Cpi. Museveni e Kagame considerano l’attuale alleanza etnica al governo la migliore garanzia di un Kenya alleato che rafforza il processo di trasformazione di Uganda e Rwanda in potenze economiche e militari a livello regionale. Un processo intrapreso vent'anni fa dai due paesi africani entrambi con passati di violenze etniche e perenni instabilità. Un passato interrotto dagli attuali regimi di Kampala e Kigali che hanno assicurato prosperità e pace ai loro rispettivi paesi a scapito delle popolazioni dei Grandi Laghi.

Sebbene sia ancora prematuro trarre pronostici sulla riuscita del progetto di immunità per Ruto, la campagna ha molte probabilità di riuscita. Nel caso che il processo venga annullato o che il vicepresidente venga assolto per “mancanza di prove” la Cpi subirà il colpo mortale che comprometterà definitivamente la sua credibilità nonostante la recente apertura di inchieste sui crimini di guerra commessi da Israele nella Palestina e territori occupati. Per facilitare un'assoluzione per “mancanze di prove” i servizi segreti kenioti stanno accelerando l’eliminazione fisica dei testimoni della accusa. Due misteriosi assassini sono avvenuti durante questo mese. Altri potrebbero essere in programmazione.

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