giancarlo matta

L'insostenibile debolezza dell'islamismo

Il fenomeno islamista, che non va confuso con l'Islam tout court, rigetta un'adeguata interpretazione del Corano

di Giancarlo Matta

Combattenti islamisti
Combattenti islamisti

Molti anni or sono, in un incontro con la Professoressa Ida Magli, ebbi modo tra l’altro di esporre come “gli elementi che rendono tanto spaventosa la prospettiva di una vittoria della barbarie islamista all’interno della Civiltà Occidentale sono quegli stessi elementi che la rendono possibile…”. Osservazione tendenzialmente pessimista alla quale l’eccellente studiosa replicò con ancor maggiore pessimismo. Oggi tuttavia vorrei esporre, oltre alla mia consueta e “perfida” attitudine a biasimare l’islamismo, -anche- una esortazione a non considerare inevitabile “il crollo dell’Occidente”. Così, con la mia solita prosopopea intendo aggiungere a ciò che dissi allora:

GLI ELEMENTI CHE COSTITUISCONO LA BASE (OVVERO LA MOTIVAZIONE) DEGLI SFORZI DEGLI ISLAMISTI ( = ISLAMO-NAZISTI: brillante definizione di Daniel Pipes ) TESI ALLA CONQUISTA DEL MONDO, SONO QUEGLI STESSI ELEMENTI CHE POSSONO VANIFICARNE IL RISULTATO E PORTARLI ALLA DEFINITIVA SCONFITTA, FACENDOLI SPROFONDARE PER SEMPRE NELLA DISCARICA DELLA STORIA.

Le note seguenti (in parte attinte anche da InterNet) sono per certi versi ovvie. Se i nazisti si fossero contentati di una serie di purghe domestiche e di un po^ di espansionismo territoriale, oggi, forse, starebbero ancora amministrando uno Stato, forse, in decadenza. Una diversa storia, riguardante gli anni scorsi, forse parlerebbe di proteste popolari contro la disastrosa economia del NazionalSocialismo. E fermi lì. Ma Adolf Hitler e i suoi complici (per nostra fortuna) mancavano di senso delle proporzioni. Quando essi si gettarono nell’invasione della Russia, in una guerra africana, e in una battaglia aerea contro l’Inghilterra, con una dichiarazione di guerra all’America … fu l’inizio della loro fine. E la loro ideologia morì con loro. Una ideologia che combatte una guerra simultanea praticamente in ogni continente suona come qualcosa di simile al Nazismo. La “crociata” islamista che ci affronta è anch’essa altrettanto arrogante e troppo estesa. Gli islamisti sono convinti che vinceranno ogni battaglia perché è loro destino vincere. E che i loro nemici sono dei vigliacchi già facilmente dominati (vedi l’ONU) e ingannabili. Ma nel mondo libero il terrorismo islamista sta trasformando l’immigrazione e la sharia in un argomento che riguarda la sicurezza nazionale, e l’arroganza della crociata islamista tesa a un nuovo califfato mondiale si sta creando velocemente molti nemici.

Essa conta sulla tacita complicità e il sonante danaro dell’Occidente. Ma questo è sostanzialmente un punto debole. Se gli islamisti si fossero concentrati su rivoluzioni nazionali, la maggior parte del rimanente mondo li avrebbe lasciati fare. I Capi dei Paesi occidentali hanno perso ogni entusiasmo per interventi armati decisivi pro o contro dei tiranni (Lo prova la lentezza delle campagne militari iniziate in Afghanistan, Iraq, Libia, Corno d’Africa, Siria). E se gli uomini d’affari Occidentali possono imparare a convivere con Dubai e l’Arabia Saudita, e con l’Iran, possono anche accettare trasformazioni degenerative simili in Egitto e in Siria. Dunque gli islamisti avrebbero potuto mettere insieme, dalle loro parti, un ampio califfato praticamente senza obiezioni del mondo restante. Un poco come l’iniziale insegnamento staliniano del “socialismo in un solo Paese”.

Ma al contrario essi hanno perso più tempo a concentrarsi sulla espansione di conquista esterna piuttosto che sulla rivoluzione interna. Come giocatori dilettanti, i capi delle organizzazioni islamiste si sono gonfiati di orgoglio ed hanno deciso che non possono perdere. Essi non si sono limitati dunque ad abbattere quel che ostacola i loro piani nei loro propri Paesi, al contrario hanno stabilito che avrebbero legato tutti i Paesi del mondo e li avrebbero tirati giù tutti insieme ai loro piedi. Un vero e proprio delirio di onnipotenza. Usando il terrorismo per intimidire e ricattare l’Occidente. E poi usando la ricchezza e l’immigrazione come leve principali per condizionarne le politiche. E la cosa sta funzionando abbastanza bene, fino ad ora. Ma bisogna ricordare che la maggior parte dei piani di battaglia funziona quando il nemico si difende poco. Gli islamisti stanno mettendo insieme molti, probabilmente troppi, nemici velocemente, senza considerare che cosa avverrebbe se questi nemici si unissero contro di loro. Hanno speso troppo tempo sogghignando della dipendenza Occidentale dal loro petrolio e dalla loro immigrazione per pensare a che cosa avverrebbe il giorno in cui il tubo dell’oleodotto e la via dell’immigrazione fossero chiusi. Come i nazisti, si stanno baloccando in sogni di gloria anziché prendere nota di tutti i posti in cui stanno avanzando, di tutte le guerre -palesi e occulte- che stanno combattendo, di tutte le moschee che stanno costruendo, e accorgersi di quanto tutto questo li renda vulnerabili.

La Fortuna molto spesso arride all’aggressore che prende l’iniziativa. Vero. Ma questo solo fino a quando non esagera. Perché allora è la controparte, che prende l’iniziativa. Adolf Hitler si reputava abbastanza forte per prendere la Renania, per inglobare l’Austria, per impossessarsi della Cecoslovacchia, e della Polonia, agendo nell’inerzia del mondo. Poi, con i bombardieri che volavano sopra Londra e i carri armati molto addentro al territorio russo, il Terzo Reich e i suoi alleati sembravano inarrestabili. Ma pochi mesi dopo le truppe nemiche stavano distruggendo Berlino. Ecco il problema, quando si pensa che si vincerà perché si è destinati a vincere. Quando finalmente ci si accorge in quale inestricabile guaio ci si è messi, è troppo tardi.

Alla fine del 1941, la Germania Nazista prendeva l’iniziativa anche contro quella America che avrebbe determinato -nuovamente- un’inversione inarrestabile della marea. È difficile trovare un caso più chiaro di oblio completo delle lezioni di una guerra. Ma i nazisti erano giunti al potere respingendo o sottovalutando le lezioni politiche, militari ed economiche della Prima Guerra Mondiale. L’asserzione che la Germania aveva perso perché era stata tradita la condannava a perdere una seconda volta. Gli islamisti soffrono dello stesso atteggiamento di distorta percezione della realtà. E la negazione della storia li condanna a riviverla. La loro asserzione che gli Stati islamici sono immuni dai problemi sociali ed economici tipici degli Stati secolari implica che le loro aspirazioni per un califfato crolleranno trasformandosi in guerre civili. E la loro credenza che i guerrieri islamici siano migliori di normali militari -magari anche meglio armati e convinti- si è già dimostrata falsa in tanti campi di battaglia.

Il mito del terrorista suicida è l’ultima disperata risorsa di un’ideologia illusoria che cerca di negare le proprie umane vulnerabilità coprendole con un torvo ma sfilacciato sudario metafisico. La purezza della dottrina razziale e religiosa non corrisponde all’onnipotenza. E l’espansionismo islamista ha il dovere di imparare di nuovo la stessa lezione che la Seconda Guerra Mondiale dispensò agli aggressori recidivi che la scatenarono. Il califfato e il Terzo Reich sono le visioni di maniaci e di demagoghi che cercano di rimettere indietro il calendario storico nell’illusione di tornare a un passato mitico. Costruiscono castelli di sabbia su una spiaggia insanguinata. Gli ossessivi e parossistici progetti di costruzioni coi petrodollari di Dubai hanno qualcosa che ricorda Albert Speer. Grandissime costruzioni per mostrare la grandezza di un regime, nel momento in cui ne rivelano la mancanza di senso, di creatività, di rispetto per l’ambiente. E la propria sottostante insicurezza. L’ossessione che già fu dei nazisti, dei comunisti ed ora è degli islamisti, per la costruzione di strutture gigantesche, rivela qualcosa dell’insicurezza che sta dietro la loro violenza. Le insicurezze interiori conducono alla grandiosità.

Le aggressive pretese che descrivevano “romanticamente” allora l’uomo ariano come sovra-umano, ovvero “religiosamente” oggi l’uomo islamico volontario suicida come il martire interprete dello Jihad trionfante, condividono un comune disprezzo per l’umanità. E dietro il disprezzo, la codarda paura di essere soltanto persone mediocri oltre alla consapevolezza di essere primitive e bigotte.

L’ambizione del califfato nasconde la propria stessa putrefazione sub-etica.

La pretesa grandiosità di uno Jihad in tutto il mondo non è l’opera di persone dal forte pensiero ideale, ma di persone deboli.

E qui di nuovo rifilo malignamente un assioma (che già potrebbe essere riferito alla Civiltà nostra ma mi affretto ad aggiungere che la Civiltà nostra non è mica basata solo sul danaro, per nostra buona sort...): le economie forti danno origine al pensiero debole, che è una delle principali cause della loro rovina. State a vedere che agli arabi l’ubriacatura petrolifera dei pochi decenni scorsi, inebriandoli di quattrini e di conseguente pulsione a dominare, li porterà al crollo.

Il Jihad della violenza non è messo in marcia perché è forte, ma perché i suoi promotori sono incapaci di offrire qualsivoglia soluzione reale ai problemi empirici interni della nazione musulmana, con o senza ingenti ricchezze. Tutto ciò che i capi islamisti offrono (a prescindere dalle fazioni nelle quali essi sono divisi e apparentemente contrapposti) sono servizi sovvenzionati e regalie in cambio del sostegno acritico e del sacrificio popolare. Come quelle nazista e comunista, anche l’utopia islamista è insostenibile. Il sogno di una banda di stolti incoraggiati da avidi ladri e difesi da crudeli assassini. E come quelle, aumenta la propria credibilità estendendo il conflitto. Ponendosi ipocritamente come la forza della luce che si oppone alle tenebre. E come quelle, l’Islamismo distrugge le società di cui si impossessa, per continuare una guerra che non ha scopo se non quello di nascondere la stupidità criminale e la arretratezza delle sue dottrine, e l’incompetenza miserabile dei suoi esegeti visionari.

La connaturata instabilità sociale dell’Islamismo rende necessario il suo espansionismo. Così come l’instabilità economica del NazionalSocialismo rese necessaria la Notte dei Cristalli e l’invasione della Polonia per l’élite nazista. O i fallimenti socio-economici del Comunismo Sovietico resero inevitabile il suo espansionismo in parte incoraggiato da una certa capacità di seduzione ideologico-religiosa (che si concluse in una implosione). La forte ideologia guerresca di una nazione non fallisce internamente finché non fallisce anche esternamente. Il Jihad islamista è un’instabilità sociale grave mascherata e truccata da espansionismo mediante l’inganno e la forza bruta. Debolezza che finge di essere forza. Gli avvenimenti in Iran e Siria hanno mostrato che i regimi islamici non sono più stabili di quelli secolari. Alla fine l’avidità dell’oligarchia che governa e il fanatismo dei suoi religiosi andranno a schiantarsi contro la barriera della frustrazione e della collera pubblica, anche alimentate dalla percezione del differente e invidiabile tenore di vita di Società libere e moderne. L’esportazione della stessa instabilità e della stessa violenza fanatica nelle nazioni Occidentali attraverso l’immigrazione può far barcollare il mondo libero. Ma molto più probabilmente porterà ad una reazione severa. Ed è esattamente ciò che sta iniziando ora. Della intima meschinità e malvagità di carattere degli islamisti in quanto tali, nonché dell’assoluta inconsistenza della loro pretesa metafisica, si sta rendendo sempre più consapevole il cittadino medio del mondo libero.

Sarà vero come le Società Occidentali hanno bisogno degli immigrati, ma entro un certo limite. A parte il fatto che tanti immigrati possono ben provenire da Paesi non islamici, questo limite sarà presto raggiunto quando si renderanno conto (specialmente le forze di sinistra) che l’immigrazione degli islamisti e la loro violenza rende vano il sogno di una nuova e migliore Europa e di un mondo regolato da leggi internazionali che difendono la Libertà. In ogni caso si è ben constatato come le utopie tipiche del pensiero della sinistra Occidentale hanno manifestato una efficacia e addirittura una vita limitata. Queste utopie man mano crollano malgrado abbiano ancora numerosi sostenitori, e non sono né saranno di grande utilità pro o contro gli immigrati islamisti né per la violenza che essi portano con sé.

L’Islamismo sta comunque spingendosi troppo oltre. I suoi successi geo-politici (derivati essenzialmente dalla iniziale debolezza degli interlocutori) hanno infiammato il suo senso del destino. Ma la geo-politica cambia col tempo. E diversamente da ciò che avviene in una multiforme società tecnologica evoluta dotata anche di un esercito competente e motivato, i vantaggi politici ed economici che vengono soltanto dal petrolio, ancorché grandi, sono insieme vulnerabili e soggetti a rapidi cambiamenti.

Basti pensare agli attuali diffusi sforzi scientifici e tecnici, e alle importanti prescrizioni Normative che nel Mondo Libero tendono a ridurre drasticamente la nostra dipendenza dal petrolio. L’immaginario giroscopio della storia sta girando il suo asse.

E mentre gli islamisti sono convinti che stia ruotando in direzione a loro propizia, farebbero bene a ricordarsi come i gloriosi -e relativamente brevi- tempi passati della dominazione che essi stanno tentando di riafferrare arrivarono alla loro fine per ottime, solide ragioni.

E che la Storia colpisce più duramente coloro che rifiutano di impararne le lezioni. E si renderebbero conto che essi sono divenuti attualmente i suoi peggiori alunni. Un antico aneddoto egiziano dice:

Il vecchio osò domandare al Faraone:

-come hai fatto a diventare così potente?

-NESSUNO HA TENTATO DI FERMARMI...

fu la risposta.”

Sappiamo come andò a finire. Oggi, molti hanno deciso di fermare gli islamisti.

Giovedì 5 settembre 2019