Burundi. Guerra economica contro il genocidio

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Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Nov 29

Burundi. Guerra economica contro il genocidio

Per far fronte ai rischi di genocidio in Burundi la Comunità internazionale sta attuando una guerra finanziaria non apertamente dichiarata ai media. Una guerra tesa a strangolare l’economia non del paese ma del regime illegalmente al potere costringendolo ad aprire un dialogo o ad abdicare

di Fulvio Beltrami

Pierre Nkurunziza

Dopo gli appelli genocidari lanciati agli inizi di novembre dal presidente del Senato, dall'ex presidente Pierre Nkurunziza e da altri quadri politici e militari del regime, appelli seguiti da un tentativo di iniziare il genocidio fallito causa il netto rifiuto delle masse contadine hutu delle campagne, la Comunità Internazionale ha accelerato gli sforzi per risolvere la crisi burundese ed evitare il secondo olocausto africano. Sotto pressione il regime illegittimo ha accettato ufficialmente di partecipare ai colloqui di pace che si terranno a Kampala (Uganda) sotto mediazione ugandese e alle negoziazioni sulle relazioni tra Burundi e Unione Europea che si terranno a Bruxelles sotto la presidenza della Olanda.

La posizione ufficiale della Comunità Internazionale è quella di obbligare le parti belligeranti al confronto e al dialogo per trovare una soluzione comune alla crisi in cui il paese africano è sprofondato da otto mesi. Un compito arduo viste le rispettive posizioni. Il regime razzial-nazista continua a perpetuare i massacri sulla popolazione con una forte componente etnica (la maggioranza delle vittime sono di origine tutsi). Netto il suo rifiuto a qualsiasi governo di unità nazionale. La pace secondo il regime potrà essere riportata nel paese attraverso il riconoscimento da parte dell'opposizione della legittimità degli attuali governo e presidente. L’opposizione pone come pre requisito agli accordi di pace le dimissioni del presidente e del governo considerati illegittimi e rei di crimini contro l’umanità. In queste ultime due settimane si è registrato un'escalation delle attività militari dell’opposizione contro le forze rimaste fedeli al regime, le milizie genocidarie Imbonerakure, i terroristi ruandesi Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda (FLDR) e vari mercenari africani assoldati dal regime.

Queste posizioni contrastanti stanno creando un'impasse sugli incontri che, al momento, non sono iniziati a Kampala rispetto alla data fissata: 25 novembre 2015. La posizione di Stati Uniti e Unione Europea potrebbe nascondere un'agenda più sottile, non evidenziata dalle dichiarazioni ufficiali della diplomazia. Quella di costringere il pastore Pierre Nkurunziza a abbandonare la carica di Capo di Stato illegalmente ottenuta contro la volontà popolare. Questa posizione, riportata da alcune fonti diplomatiche, riceverebbe il consenso di Cina e Russia, le due potenze emergenti che hanno la scorsa settimana preso le distanze dal governo burundese ritirando il loro supporto finanziario e militare, concretizzato nei precedenti mesi con la presenza di mercenari cinesi e russi in Burundi.

Qualunque sia la strategia adottata dalla Comunità Internazionale per stabilizzare il paese ed impedire il genocidio latente, chiaro risulta l’attacco finanziario sferrato contro il Burundi. Dal 8 novembre scorso (dopo le affermazioni genocidarie pronunciate dal regime) la moneta nazionale: il Franco Burundese ha subito un drammatico quanto artificiale processo di svalutazione rispetto al dollaro e al euro. Una svalutazione settimanale del 10%. La svalutazione si innesca in un lungo periodo di stagnazione economica causata dall'incapacità del governo di gestire la crescita economica e le risorse nazionali disponibili, sacrificate dalla corruzione e da interessi personali. Le ingenti spese affrontate per acquistate armi e pagare le migliaia di mercenari presenti nel paese hanno creato una situazione di bancarotta finanziaria. Presso la Banca Centrale non vi sono più riserve di valuta pregiata, saccheggiate anche dai vari ministri che hanno preferito fuggire all’estero tra ottobre e novembre 2015. La svalutazione imposta al Franco Burundese (unica moneta rimasta a disposizione del regime per onorare i suoi impegni) ha bloccato le importazioni comprese quelle di armi. Nessuno intende vendere prodotti al Burundi ricevendo in pagamento una moneta svalutata settimanalmente. La svalutazione reale è quantificata attorno al 25% come attestano i cambi effettuati dal mercato parallelo nel paese. Si prevede nelle prossime settimane una penuria di carburante in Burundi.

Alla svalutazione è accompagnata la sospensione degli aiuti finanziari internazionali che rappresentano tra il 60 e il 50% del PIL burundese. L’Unione Europea ha minacciato di interrompere gli aiuti causa il mancato rispetto di diritti umani previsti nell'articolo 96 degli accordi di Cotonou in caso che il governo rifiuti di negoziare con l’opposizione. In realtà l’accordo di Cotonou è stato già sospeso anche se non in forma ufficiale. Sospesi anche gli accordi bilaterali con Stati Uniti Germania, il Belgio, l’Olanda. La guerra finanziaria decisa dalla Comunità Europea è stata chiaramente esposta da un alto dirigente europeo intervistato da Radio France International. “Normalmente esitiamo di applicare la procedura dell'articolo 96 ma in Burundi la situazione lo impone. Pensiamo che la misura possa essere efficace visto che il paese dipende dagli aiuti internazionali” dichiara il dirigente europeo. L’obiettivo è semplice da comprendere. Aumentare la pressione finanziaria per indurre alla ragione il regime.

La risposta del governo risulta convulsa ed irrazionale. Rivoltosi agli alleati cinesi e russi si è visto rifiutare il loro sostegno alternativo. Un sostegno offerto a vari paesi africani sotto sanzioni occidentali quali Sudan e Zimbabwe. Le promesse di assicurare a Pechino e Mosca lucrosi diritti sui giacimenti di nichel non avrebbero funzionato nonostante che il Burundi detenga il 6% delle riserve mondiali del metallo. Le due potenze emergenti sembrano non essere disponibili ad aiutare un regime che ha espresso chiaramente i propositi genocidari per ovvie conseguenze e danno di reputazione internazionale. Preferibile per loro attendere gli sviluppi ed acquisire licenze di sfruttamento minerario nel paese in una situazione di pace negoziando con un governo più rappresentativo e non contestato a livello internazionale.

Con la Banca Centrale svuotata delle riserve di valuta pregiata e gli obblighi presi con i mercenari, ora le sole forze garanti della difesa del regime, Nkurunziza è stato costretto ad attuare misure contro producenti che aumentano la sua situazione di illegalità e la condanna internazionale. Undici associazioni e Ong burundesi sono state rese illegali per ordine del Procuratore generale della Repubblica conforme al decreto specifico firmato dal ministro degli Interni. I conti di queste associazioni sono stati congelati. La mossa è stata attuata per impedire a queste associazioni di esprimere legalmente il loro dissenso politico ma soprattutto per impossessarsi dei loro capitali finanziari derivanti dagli accordi di partenariato firmati con la cooperazione americana USAID e quella europea. La decisione, dettata dalla necessità di avere liquidità sufficiente per far fronte alle spese militari ha aumentato la diatriba tra il governo, gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Ha anche creato la frattura insanabile con la Chiesa cattolica in quanto il provvedimento ha colpito anche le associazioni guidate da Pierre Claver Mbonimpa e Marguerite Barankitse. Attivisti già fuggiti all’estero per evitare le esecuzioni extra giudiziarie e storicamente finanziati dal Vaticano, il prezioso alleato politico che ha permesso l'ascesa al potere di Pierre Nkurunziza nel 2006 e il suo mantenimento per dieci anni, nascondendo la natura razziale e genocidaria del presidente e del suo partito estremista: il CNDD-FDD. Anche i conti bancari privati e delle ditte sono ora a rischio così come la solvibilità dei vari istituti bancari operanti nel paese. Il governo sta cercando di ottenere contante in qualsiasi modo.

La guerra finanziaria attuata dalla Comunità Internazionale senza chiarirla apertamente ai media risulta la più efficace arma contro il regime razzial-nazista che sta progressivamente trovandosi a corto di quattrini per sostenere la repressione sulla popolazione e i piani genocidari.

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